Calma piatta sul
fronte della politica. Per parlare di cose vagamente serie tocca tornare all’ultima
direzione del Pd. Renzi ha lanciato tre sfide alla minoranza: cambiare il
segretario, cambiare lo statuto e cambiare l’organizzazione. Da queste si dovrà
partire alla ripresa di settembre. Che Bersani e gli altri abbiano le capacità
di rispondere è pari a quella di Berlusconi di tenersi il Milan.
Bersani e Renzi riflettono sul nulla |
In questa estate un po’ schizofrenica che alterna
giornate torride a quasi uragani la politica sonnecchia. E non c’è quasi nulla
di originale di cui dire. Il Corrierone simula prove d’attacco alla giunta
Raggi talmente ingenue e naif da muovere a tenerezza, la Serracchiani
assomiglia sempre più al megafono del capo mentre Guerini lo è sempre stato, Berlusconi
nomina l’ennesimo delfino e Di Maio rispolvera la frase che fu già del predetto
Berlusconi e di D’Alema , non proprio due fulgidi esempi, e dichiara:
«lasciateci lavorare.» Il che detto a ridosso del ferragosto suona ridicolo. Ma
chi gliela cura la comunicazione a questi?
Così per trovare qualcosa di vagamente politico di cui
parlare tocca riandare indietro nel tempo e rifarsi all’ultima direzione del Pd,
3 luglio, e specificatamente all’intervento di Renzi che degli altri meglio
tacere. Tra le varie paccottiglie condite a base di «è finito il tempo» e
«l’orgoglio di essere del Pd» sono spiccate tre perla di rara saggezza
politica. In verità condensate in poche righe e ancor meno secondi. Però come
ha dimostrato Einstein non è vero che a una domanda complessa si debba dare una
risposta complessa. Le grandi risposte ai grandi temi in genere sono semplici.
Il segretario-premier rivolto alla minoranza del partito
che tenta goffamente di esprimere una qualche opposizione ha detto in primis
che: « Se volete che io lasci, chiedete il congresso e vincetelo: in bocca al
lupo.» Il che tradotto per i più sprovveduti significa: se avete una linea
politica alternativa alla mia fatevi sotto. E qui il difficile è doppio. Primo
perché non si è ancora capito quale sia la linea politica di Renzi per cui
essere l’alternativa al nulla talvolta viene difficile. Non ci sono i termini
di paragone. Secondo perché la sedicente opposizione interna del Pd una
proposta politica proprio non ce l’ha. E sentendo parlare Bersani di mucche in
corridoio e di tacchini sul tetto o Cuperlo che della fumosità ha fatto
un’ideologia vien la certezza che questi una alternativa politica al segretario
attuale non sappiano come costruirla. E non l’avevano neanche prima se è vero
che, giusto per fare un esempio, i bersaniani (ex) che stanno con Renzi sono di
più di quelli che girano attorno a Bersani. L’impressione, suffragata da
Fabrizio Barca, è che tutti siano alla ricerca di un posto, poltrona o
strapuntino che sia. E dato che i posti alla fine sono pochi ci si accapiglia:
in sostanza guerra per bande. Tristezza.
Non contento di questa prima, che per la sua concretezza
e serietà gli deve essere sfuggita, il Renzi ha calato la sua seconda ragione:
« Se volete una modifica statutaria per separare il ruolo di segretario e
premier, fatela approvare» Poi quasi a sfregio ha aggiunto: «E io sosterrò
sempre chi vince: in una comunità si sta anche quando si perde.» Bravo lì.
L’idea del segretario-premier era stata di Bersani che infatti da segretario è arrivato
primo alle elezioni ma non le ha vinte e da aspirante premier è stato
sbeffeggiato dalla cinque stelle Lombardi. Comunque il punto resta lo stesso:
se non c’è un progetto politico viene difficile aggregare maggioranze per
cambiare anche l’elenco del citofono.
Terza e ultima inopinata ragione: «Se volete un cambio
organizzativo fate proposte» Il che in quel consesso dev’essere stato come
lanciare una castagnola dentro una scuderia o forse meglio come sparare sulla
Croce Rossa. È certo che i crocerossini Cuperlo, Speranza, Bersani, D’Alema, e
senza dubbio alcuno Gotor, una proposta non ce l’hanno affatto. Anzi non sanno
neppure come si scriva il lemma proposta. Poi, detto tra pochi intimi, per fare
una proposta organizzativa ci vuole prima l’elaborazione di una proposta politica.
E qui si è di nuovo a capo. Scuotere la testa come Ridolini o fare battute
talvolta dai pretesi toni sarcastici e talaltra dagli incomprensibili toni
agresti non aiuta.
Poi ci si domanda come abbia fatto il Renzi Matteo, che
era partito con meno del 30%, ad avere la maggioranza assoluta del partito, dei
deputati e dei senatori. Se dall’altra
parte si ha il nulla basta qualche chicco di grano per far sembrare la stia un eldorado
e i polli corrono a frotte.
Il fatto poi che la succitata minoranza minacci di votare
“NO” al referendum, la cui data slitta di giorno in giorno, è assolutamente
irrilevante. Tutti insieme hanno la capacità di spostare voti pari a quella di
Berlusconi di tenersi il Milan.
Avremo un PD in mano ad un Cinese? Potrei pensare di votarlo forse.
RispondiEliminamah... i misteri sono sempre più fitti. Difficile districarsi fra pazzi e incompetenti.
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