Nello
stesso giorno il Capo dello Stato italiano si stupisce dei mali del Paese mentre
il Papa dà nome e cognome alle malattie che affliggono la Chiesa. Tutta roba
vecchia già detta e ridetta. Magari qualche proclama di meno e qualche azione
di più.
Con l’avvicinarsi del
25 dicembre si tende ad essere tutti buoni e magari, a quelli che sono più
anziani punge il desiderio di essere maggiormente saggi e offrire importanti
consigli di vita. Lo fanno i nonni, le zie zitelle e anche qualche capoufficio
paternalista. Quindi è normale che l’abbiano fatto anche papa Francesco e il
Presidente Giorno Napolitano. A scelta la categoria nella quale infilarli. Soprattutto
se per quest’ultimo le possibilità di continuare a dispensare moniti si stanno
restringendo con il veloce scorrere dei giorni, viste le dimissioni già
annunciate. Ma non ancora rese operative.
In entrambi i casi,
comunque, si è trattato di incontri per lo scambio degli auguri natalizi e del
nuovo anno. Il Capo dello Stato si è rivolto all’assemblea plenaria del Csm
mentre il capo della Chiesa si è rivolto a cardinali e vescovi. Magari non sono
proprio la stessa cosa e non hanno la stessa funzione ma nelle singole
specifiche son due consessi di un qualche peso. Sono stati auguri agri ancorché
vivi e vibranti. Per la soddisfazione, che di solito si accompagna ai due
aggettivi, c’è stato poco spazio, ma questo è fatto più che vecchio.
Addirittura antico.
Il Presidente Napolitano
si è detto «colpito dal dilagare della corruzione e della criminalità.» E ci si
immagina il vibrante stato d’animo che senz’altro assomiglierà a quello del
disoccupato che ha appena appreso dalla moglie che anche per questa volta sarà
dura arrivare alla fine del mese. Chi poteva mai prevederlo? Nel Paese che ha
avuto due volte a capo del governo uno con sulle spalle un discreto numero di processi, molti dei quali scavallati per
prescrizione e altri per leggi confezionate su misura e che ha portato in
parlamento un bel tot di avvocati e pure qualche miss, perché anche l’occhio
vuole la sua parte, e che alla fine è stato condannato per truffa ai danni
dello Stato, beh, il dilagare della corruzione se proprio non ci sta ci va
vicino. Senza contare che è anche il Paese dove le spese pubbliche costano, al
minimo, il triplo che nel resto d’Europa e dove i parlamentari da sempre si aumentano lo
stipendio a piacimento e a ripetizione (qualche volta su quei banchi ad
approvare quella spesa c’era pure l'attuale Presidente, anche allora vibrante
di soddisfazione) e dove la questione tangentopoli scoperchiata oltre vent’anni
fa non è ancora arrivata a buon fine. Sic stantibus rebus non c’è da rimaner
colpiti. Sempre che non si siano trascorsi gli ultimi cinquant’anni della
propria esistenza a confezionare collanine in Paupasia. Che può anche essere.
Almeno con la mente.
Papa Francesco, che
viene dalla fine del mondo (parole sue) anche se non si tratta della Paupasia, ha
pensato bene di fare un piccolo bilancio. Ne è scaturito un bel elenco di quindici
malattie della Chiesa. Si va dall’eccessiva operosità all’alzheimer spirituale, dalla vanità alla schizofrenia
esistenziale. A occhio e croce le ha
individuate tutte, o quasi, con tanto di nome e cognome. Non deve essere stato un grande
sforzo. Sono le solite da quasi duemila anni a questa parte. E le ricadute, nel
grande e nel piccolo, sono pressoché quotidiane. E comunque già altri, tra cui
anche Francesco d’Assisi. magari con meno scienza medica, già le avevano
individuate e denunciate. Ma poi non è successo nulla. E anche adesso quanto a
parole non si è lesinato, anzi. Ma sono i fatti, fino ad ora, ad essere stati
lesinati.
A fare i protagonisti
delle chiacchiere, in entrambi i casi, è un attimo. Magari ci fosse un po’ meno
retorica, meno roboanti proclami e qualche fatterello in più, anche a far da
esempio: l’intero Paese lo apprezzerebbe. Anche il disoccupato di cui sopra.
Una bella accoppiata. Due gran ricconi, certo il Papa lo è di più, e poi, governa finché crepa
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