La leggenda
vuole che i giornali siano il cane da guardia del potere. Ogni stampa nazionale
fa riferimento , metaforicamente parlando, ad un cane da guardia prediletto: in
Germania il classico pastore tedesco o il doberman, nel Rgno Unito il
bullmastiff o il collie. In Italia la
media della stampa ha scelto come emblema i chihuahua o quando vuol essere
particolarmente aggressiva i pechinesi. Il caso del neo giudice costituzionale
docet.
Il 28 di agosto, Fabio Cavalera ha deliziato i lettori del
Corriere della sera con un articoletto, tale solo per la sua brevità e non per
il suo peso, che è stato pubblicato a pagina quindici nella sezione esteri. Il
titolo già di suo la dice chiara: “la
battaglia del Guardian, ultima trincea”. In questo il Cavalera, con poche
migliaia di battute racconta ai suoi senz’altro estasiati lettori come si
comporta la stampa libera ed indipendente nei confronti del potere. E il Guardian, va detto per onore di cronaca,
ha subito intimidazioni d’ogni genere, anche da parte del governo
(conservatore) che ha mandato, scrive Cavalera
«gli 007 dal direttore a distruggere due hard disk». Cosa che non ha
intimidito il Guardian che nei tre
anni passati ha costretto Rupert Murdoch a chiudere il domenicale News of the World : troppe
intercettazioni illegali e complicità dei vertici di Scotland Yard e Downing
Street. Poi ha spezzato il segreto di stato americano con il caso Wikileaks-Assange-Manning
e per finire , ma non è detto che non vengano riservate altre sorprese, ha
sventolato in piazza i panni sporchi del «datagate» americano e britannico.
Questo, dice Cavalera, dovrebbe essere il
giornalismo «normale». Quello che, forse forse, adesso non piace a Gianpiero
Mughini, prima direttore responsabile di Lotta Continua e poi per una dozzina
d’anni star di Controcampo trasmissione sportiva di Italia1, perché «fa
tiro al bersaglio indecente ed ossessivo» ed «è un lavoro destinato alla
claque dei lettori». (1) Frasi queste riservate a Il fatto quotidiano per stigmatizzare che questo
giornale abbia ricordato a tutti come Giuliano Amato, novello giudice costituzionale
abbia in passato consigliato ad una testimone di tacere con i giudici.(2) La testimone era Anna Maria
Barsacchi, vedova del senatore socialista Paolo Barsacchi, e la questione, come ti sbagli, era una
tangente. Allora Giuliano Amato era il vicesegretario del Partito socialista.
Segretario era Craxi Benedetto in arte Bettino. I figli del quale, è di questi
giorni, hanno dichiarato che «se Craxi
era un ladrone Amato era il vice ladrone. » (3) Che certo non si può definire
un endorsement, come si usa dire adesso.
Chissà che ne avrebbe fatto il Guardian di questa registrazione. E chissà, se
come dice Mughini l’avrebbe trovata cristallina. Ma d’altra parte Giuliano
Amato è molto amato, da tutti. Da quelli della prima repubblica e da quelli
della seconda.
Essere stato per due volte, sempre con Craxi,
sottosegretario alla presidenza del consiglio e, anche se una volta sola,
ministro dell’Interno e poi pure presidente del consiglio, forse aiuta a
farsi voler bene. Da tanti se non da tutti. Gli vuol bene Mario Monti che lo ha
chiamato a «fornire al presidente del Consiglio - così la nota
ufficiale di Palazzo Chigi - analisi e orientamenti sulla disciplina dei
partiti per l’attuazione dei principi di cui all’articolo 49 della Costituzione
e sul loro finanziamento».(4) Proprio lui che grazie alla politica percepisce una pensione mensile
pari allo stipendio annuale di un impiegato. Gli
vuol bene chi lo mette a capo del Comitato dei Garanti per le celebrazioni del
150° della Repubblica. Chissà chi è. Gli vuol bene Napolitano che lo nomina
giudice costituzionale. Gli vuol bene pure Massimo D’Alema che nella sua
fondazione ItalianiEuropei gli chiede di essere presidente dell’advisory
board (che sarebbe come dire i probi viri ma magari in italiano suona male) e
poi lo difende dicendo che è un uomo di grande esperienza politica e giuridica
e «il resto non conta nulla». (5)
Chissà perché la grande
esperienza politica non è servita a Bettino Craxi e la grande esperienza
giuridica non è servita a Cesare Previti. Forse sono due condizioni necessarie
che per essere anche sufficienti richiedono di viaggiare in coppia. Dopo di
che, a scanso di equivoci, bene come sono finite entrambe quelle storie. E
comunque se lo dice D’Alema noto per non averne mai azzeccata una c’è da star
tranquilli.
Comunque a parte il Fatto quotidiano
nessuno ha trattato la questione con il dovuto peso. Neppure Libero, Neppure Il giornale, Neppure La padania Che a volte
quando non si parla di qualcuno vuol dire che gli si vuole proprio bene.
Viene però il sospetto che in Germania non
sarebbe andata così e quasi certamente anche nel Regno Unito la storia avrebbe
avuto altri riflessi. Magari anche solo per una questione di opportunità. Non
essendovi, magari, risvolti penali. Accade tuttavia, che talvolta la forma sia
pure sostanza. Ma solo al di là delle Alpi e oltre Manica che a stare al di qua
c’è d’avere un certo mal di testa. In quei paesi quando pensano ad un cane da
guardia pensano a pastori tedeschi o a doberman o a schnauzer o a collie
o a bullmastiff. Nel Belpaese invece quando si tratta il tema vengono in mente
i chihuahua o i pechinesi. Che non sono neanche autoctoni. Rifletta su questo
Fabio Cavalera la prossima volta che vuol scrivere di «giornalismo serio per
nulla esposto alle derive della spettacolarizzazione e della banalizzazione.»
Magari partendo dal suo, di giornale.
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(2) http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/09/19/mughini-telefonata-di-giuliano-amato-adamantina-fatto-indecente/245334/ Nella telefonata in questione,21
settembre 1990, si trovano frasi come: «Giuliano io chiedo soltanto che chi sa
la verità la dica» AnnaMaria Barsacchi «Eh
ma vattelo a pesca chi la sa e qual è [la verità] tu sei sicura di aver capito
chi ha fatto che cosa lì. » Giuliano Amato. «Io
penso che l’hai capito anche te.» dice
Anna Maria Barsacchi. «…. per qualcuno forse dei locali sì ... non t’andare a
preoccupare di stabilire chi c’entra e chi non c’entra» dice Giuliano
Amato
M5S alle prossime li annientiamo
RispondiEliminaaltro che leggenda e' vero
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