Ciò che possiamo licenziare

sabato 31 agosto 2019

Carlo Calenda: la mosca cocchiera.


Da Fedro a Gramsci ai giorni nostri  di mosche cocchiere la politica ha fatto il pieno. La teoria degli utili idioti ha delle falle: non sempre sono utili. Il miracolo del cortisone: nasce Siamo Europei. Ma non si dimette da europarlamentare. 

Carlo Calenda parlamentare europeo ex PD
 L’espressione “mosca cocchiera” è usata da Antonio Gramsci,  nei Quaderni dal Carcere, per indicare quei sedicenti politici che, pur contando nulla e quasi nessuno rappresentare, si permettono di discettare sul mondo e danno continue indicazioni di linea politica.

In verità l’espressione è di assai più antico conio e risale nientepopodimeno che a Fedro, scrisse una favola dal titolo La mosca e la mula,  così recita: "Una mosca si posò sul timone di un carro e rimproverando una mula
disse: "Quanto sei lenta! Non vuoi avanzare più velocemente? Sta attenta che io non ti punga il collo con il pungiglione".
Quella rispose: "Le tue parole mi sono indifferenti; al contrario temo costui che, sedendo sulla cassetta,
dirige la mia corsa con una frusta flessibile, e mi tiene ferma la bocca con un morso coperto di schiuma.
Per questo allontana la tua frivola insolenza; infatti so sia quando bisogna andare piano sia quando si deve correre".
In virtù di questa favola si può giustamente deridere chi, senza alcuna virtù, pronuncia vane minacce."

A rileggere queste righe non a pochi sarà venuto alla mente  il Calenda Carlo, negli ultimi mesi si è posto sua sponte e nostro obtorto collo quale l’ombelico dell’italica vita politica. Come se di ganassa nel panorama non ce ne fossero già abbastanza.  Ganassa, espressione milanese, sta ad indicare persona che vuol mettersi in mostra per far la parte del più bravo della classe, in altre parole uno spaccone. 

Il Calenda Carlo dopo qualche anno passato in varie aziende, di lui non si può dire "non ha lavorato", all’inizio della prima decade del nuovo secolo si incapriccia di politica. Bah! E così lo si trova  a fare il coordinatore di Italia Futura, il movimento politico di Luca Cordero di Montezzemolo, movimento  fallito ancor prima di nascere. Ma il nostro non demorde e si presenta alle elezioni del 2013 con Scelta Civica e viene trombato, non era sotto cortisone. Letta Enrico lo premia ed entra nel governo e di lì in avanti cambiano i governi, ma per lui un posticino lo si trova sempre.  A quel punto, 2018, quando il PD perde le elezioni gli parte l’embolo e si iscrive al partito con l’idea di guidarlo pur non essendone il segretario. Ma questo è un dettaglio. Inizia così l’era del cortisone e fonda Siamo Europei, un iscritto ad un partito che ne fonda un altro. Miracolo del cortisone. Twitta come un disperato tante volte al giorno che oramai se ne perde il conto. Dice e si contraddice. Minaccia e blandisce. Solo lui sa tutto. Una pizza. E siamo alle europee del 2019: minaccia di andare da solo, trema la segreteria del PD, poi qualcuno ricorda la teoria degli utili idioti e decidono di inglobare il suo logo in quello del partito. Comunque com’è come non è viene eletto. Con i voti del PD che lui, a parte il suo, ne mette insieme pochi. Nel frattempo non perde l’occasione di richiedere la liquidazione come ex ministro. Ma non gli tocca, non è un parlamentare. S’indigna. Evvabbé.

Twitta per far cadere il governo giallo-verde che alla fine cade. Ma lui non ne ha responsabilità. Gli piacerebbe.  Adesso il PD ha la possibilità di ribaltare la situazione e lui, il Calenda, che fa? Minaccia, se ci sarà l’accordo con il M5S, di far calare la famosa spada di Damocle: andarsene e fondare il suo partito. Alla segreteria PD tremano i polsi, poi finalmente qualcuno si rende conto e dice:  Calenda non è un utile idiota, non è utile. Se ne va sbattendo la porta, ma non lo segue nessuno. Neanche la Tinagli. Come ti sbagli. E neppure si dimette da europarlamentare. Tiene famiglia.

Continuerà a twittare, ma poco alla volta non se lo filerà più nessuno e farà la fine di Di Pietro a meno che l’altro ganassa, Matteo Renzi, non decida di fondare il suo partitino di centrodestra e allora forse le due mosche cocchiere si rincontreranno e parleranno dei bei tempi andati. Alleluja.

mercoledì 21 agosto 2019

Crisi di governo: si scopron le tombe risorgono i morti.


La politica non è l’arte del possibile ma quella dell’eterno ritorno,  Nietzsche a riveder la sua filosofia ridotta a questo ne impazzirebbe. Eppure stanno tornando tutti quelli che si sperava di aver persi e sepolti, politicamente parlando.



Non c’è niente di meglio di una bella crisi di governo per veder rispuntare i cari vecchi amici, ormai dati per morti, politicamente s’intende, che non si vedevano da parecchio tempo. Non che se ne sentisse la mancanza, ma, si sa, fa sempre piacere rivederli, specialmente quando si tratta di fini umoristi che dirli politici farebbe arrossire e non solo Aristotele.
Ed ecco allora rispuntare dal nulla, come un fungo in autunno, il caro vecchio“mortadella” in arte Romano Prodi che, come di suo solito, butta là una proposta rivoluzionaria: il governo Ursula. Gli anziani avranno pensato alla coeva Ursula Andersen, piccolina, ma stupenda in Agente 007 – licenza di uccidere. Mentre i più giovani a Úrsula Corberó. Entrambe sexy, ma la suggestione è di breve durata e subito abbandonata pensando che la proposta viene da Prodi, baciapile il giusto. E infatti il riferimento è a Ursula von der Leyen nuova commissaria europea. Proposta non originale dal momento che assomiglia all’ammucchiata dell’Ulivo, che ti puoi aspettare di meglio? Mentre quello che si aspetta il redivivo Romano, che ha passato gli ultimi anni in una tenda fuori dal campeggio del Pd è la candidatura e successiva elezione a Presidente della Repubblica che sarebbe bello avere al Quirinale il consulente della Repubblica Popolare Cinese. Il Romano è sempre stato uno spiritoso.
Come spiritoso è sempre stato anche il Pierferdinando Casini di cui, nonostante la pluridecennale presenza in parlamento, si erano perse le tracce. Lui è un dispensatore di perle di saggezza: “la soluzione poi arriva da sola”. Fine politico dalle ampie vedute e repentini spostamenti.
Naturalmente non poteva mancare l’immarcescibile D’Alema. Anche Er Massimo sentenzia: “un governo con il M5s si può fare”. Se lo dice lui come nn crederci. Dopo la trombata dell’ultima tornata elettorale sta sgomitando in ogni dove pur di farsi ricordare nonostante i più facciano di tutto per dimenticarlo.
E poi che dire del mitico Renzi Matteo che, avendo finito i popcorn, ha lanciato per primo l’ipotesi del governo tra Pd e pentastellati a causa dei quali si è ingozzato di mais scoppiettante. Naturalmente con il supporto dell’odiata Leu. La verità è che teme come il fuoco le elezioni: primo perché Zingaretti sforbicerà alla grande il pattuglione renziano che siede in parlamento e secondo, di conseguenza, tornerebbe a contare nel partito come il due di picche e allora la scelta della nuova formazioncina politica sarebbe quasi inevitabile. Come il suo fiasco.
È ritornato sulla scena anche Scilipoti, il Belpaese nn si fa mancare nulla. Poi ci sono gli assenti. Temporanei, ça va sans dire. Per il momento non hanno parlato Tonino Di Pietro, Antonio Razzi, Ciriaco De Mita, il suo ex sottopanza Clemente Mastella e neppure Piero Franco Rodolfo Fassino che timoroso di essere bastonato a Torino è andato a farsi eleggere in Emilia Romagna, dove il Pd ha preso una bella scoppola.
Ops, ci si dimenticava di Enrico Letta che al meeting di Comunione e Liberazione, mancando Formigoni, ha ottenuto una standing ovation e ha tracciato la road map per l’Europa e spergiura che non vuole ruoli. Excusatio non petita … con quel che segue.
E gli italici? A mangiare il popcorn davanti alla TV guardando i film di Rai3

venerdì 26 luglio 2019

Ode per Roberto Formigoni


Un'ode non si nega a nessuno. Figurarsi a uno che si faceva chiamare "il Celeste"


Se hai aderito a Comunione e Liberazione  quando portavi i calzoncini corti
Se hai fatto carriera con genuflessioni continue
Se hai baciato, e non solo, mani inanellate
Se ha sproloquiato di fede ad ogni piè sospinto
Se hai calpestato la fede che dicevi di professare
Se hai mentito al tuo confessore
Se hai inghiottito il corpo del tuo Dio senza strozzarti
Se hai fatto voto di castità, ma hai copulato come tutti
Se hai fatto voto di povertà, ma ti hanno sequestrato milioni
Se hai indossato giacche dal taglio mediocre e dai colori improbabili
Se hai dimenticato dove hai passato le vacanze
Se hai perso l’agenda dove era scritto dove hai passato le vacanze
Se hai mentito ai tuoi amici
Se hai accettato di farti corrompere
Se hai minacciato di licenziamento la tua pr
Se hai minacciato di querela e non solo ogni giornalista che raccontava la tua storia
Se hai posto le basi per la distruzione della sanità pubblica lombarda
Se hai mentito ai giudici
Se hai avuto una condanna in via definitiva a cinque anni e dieci mesi per corruzione
Se hai ignorato il pentimento
Se hai avuto quello che un povero balordo del Gallaratese o del Grattosoglio neanche si sogna
Se hai ottenuto di avere una cella singola, tutta per te, nel carcere di Bollate
Se hai scontato (si fa per dire) solo cinque mesi di carcere (si fa per dire)
Se hai ottenuto gli arresti domiciliari non nella tua casa ufficiale, un bugigattolo, ma in quella di un amico medico, guarda il caso
Se hai avuto il permesso di uscire dalla casa del tuo amico
Se hai bestemmiato dicendo di aver superato il dolore del carcere con la fede.
Se hai già rilasciato interviste sprofondando nel ridicolo
Se hai la possibilità di ricontattare i tuoi vecchi amici
Se hai avuto la possibilità (certezza?) di sfangarla
Se hai avuto come soprannome “il Celeste”
Se hai avuto come altro soprannome “il Formiga”
Allora figlio mio purtroppo sei Roberto Formigoni. Purtroppo per te.

martedì 11 giugno 2019

Le detrazioni del caro estinto.


In tempi di denuncia dei redditi ci si deve districare tra le tante possibili detrazioni che uno Stato falsamente generoso mette a disposizione dei contribuenti.  Il duo  Stato e l’Agenzia delle Entrate, suo truce suo braccio armato, assomiglia incredibilmente a quello meglio famoso del Gatto&laVolpe.  Anche quello prodigo di promesse che alla fine si rivelavano essere, il nulla. E i contribuenti a far la parte del Pinocchio un po’ ingenuo e un po’ fesso. 

 
I bonzi della commissione ue hanno ben poco capito di questo meccanismo, si può dire paratruffaldino?, messo in piedi con l’abilità che Totò venditore della fontana di Trevi neanche si immaginava, e dunque con la solita aria truce ne chiedono la riforma. Che se fosse una riforma di chiarezza sarebbe la ben venuta, ma se riforma sarà, sarà impapocchiata, confusa, velleitaria e, nella migliore delle ipotesi, ininfluente se non dannosa. Nel gioco del metti-e-togli nessuno è più abile dei peracottari nostrani.
Tra le tante detrazioni ne spicca una particolarmente toccante: quella delle spese funerarie. Non parrà vero eppure è così: il caro estinto può dare una mano ad alleviare il dolore anche stando nell’aldilà. Ma c’è un ma. Come ti sbagli. Alla voce detrazioni per spese funerarie rie sono attaccati, al solito, dei codicilli che hanno la simpatica caratteristica di ingrossare il fegato e bile del contribuente. Non per le restrizioni che pongono, ma per il metodo, contorto e levantino, di complicare una questione assolutamente semplice. E l’idea di essere presi in giro monta con il progredire del ragionamento.
Ammesso e non concesso che una simile spesa debba essere messa in detrazione è ovvio che un tetto vada posto,  è semplice buon senso altrimenti, ad esempio i Casamonica con quel popò di creatività che mettono nei funerali, tra bande, petali di rosa, elicotteri e limousine, sarebbero costantemente in credito d’imposta. E questo, oggettivamente, non sarebbe bello.
Al dunque: alle spese funerarie c’è un tetto che ammonta a 1.550,00€. Piccolo dettaglio non esiste la possibilità, neppure nei discount del funerale, abbiamo pure i disocunt del funerale pare incredibile , ma così è,  di avere un funerale che abbia un costo simile o inferiore. Come minimo, con ben specifiche limitazioni, si parla di qualche centinaio di euro oltre la soglia. Evvabbé.  Alla Agenzia delle Entrate mica si può chiedere di essere aggiornati su tutto che è come chiedergli di essere efficiente nella caccia agli evasori. Quelli grandi ché i poveracci li stritola in un fiat.
Il contribuente allora si appresta a scrivere nella apposita casellina l’importo di cui sopra.  Eh no, troppo semplice. Quel tetto, 1550,00€ non è il detraibile ma solo la misura sulla quale va calcolata la percentuale da detrarre che, al solito, è del 19%. Quindi per arrivare alla vera detrazione va seguito il metodo:  1550,00€ per 19 diviso 100.  Il risultato è di: 294,50€, il vero importo da mettere in detrazione.
E qui la bile scoppia, non per l’importo, ma per il metodo. Sarebbe semplice, ma l’Agenzia delle Entrate non ci può arrivare neanche con l’insegnante di sostegno e i corsi di recupero, scrivere semplicemente che per ogni funerale, a presentazione della fattura, si possono mettere in detrazione 294,500€. Sic et simpliciter. Sempre ammesso e non concesso che questa spesa debba essere posta in detrazione.  Purtroppo la sindrome del Gatto&laVolpe è dura da estirpare da chi governa questo povero ed infelice Paese. Ad maiora. 

martedì 28 maggio 2019

Elezioni europee vince la Lega, Dio l'ha voluto..



Matteo Salvini ha chiuso la campagna elettorale dicendo all’incirca: «chiedo l’aiuto della Madonna. Non per me. Non per la Lega, ma per l’Italia e l’Europa» E contemporaneamente brandendo un bianco rosario. 




A poche ore dalla chiusura dei seggi ha commentato i risultati chiosando: «Ringrazio il Cielo per questo risultato». Le parole, magari, non sono proprio precise ma il senso senz’altro sì. Beh, non c’è che dire l’Italia ha una bella fortuna: finalmente un politico che ha un filo diretto con l’aldilà. Anche Berlusconi aveva millantato qualche grado di parentela con il Cielo, ma pochi l’avevano bevuta. Per fare l’unto del Signore ci vuole almeno un certo fisique du rôle  e, nel caso, proprio non ci siamo. Certo la vittoria non è stata totale ma d’altra parte per essere la prima volta non è proprio andata male. Ma il fatto certo è che a domanda c’è stata risposta. Immediata. E non è poco. Ad essere nei panni dei commissari europei non c’è da dormir tranquilli. Meglio non mettersi in (troppo) urto con l’irsuto capo della Lega. Chissà che può chiedere Salvini se lo fanno innervosire. Magari anche una semplice infezione all’apparato digerente. Che non è granché, lui è un buono, ma è fastidiosa. E se non si è allenati alla corsa possono essere dei guai.
Ora non resta da fare che un piccolo ritocco grafico al logo della Lega: aggiungere a Salvini Presidente  anche il semplice “Dio lo vuole”. D’altra parte c’è una certa continuità tra Pietro d’Amiens, meglio noto come Pietro l’Eremita, che con quel grido infiammò i crociati. Entrambi sono di origine gallo-celta, entrambi hanno barba e baffi, entrambi non vogliono nulla per se medesimi ma solo il bene supremo. Poche le differenze: l’Eremita brandiva il crocifisso mentre il nostro il rosario. L’evolversi dei tempi. Il femminismo ha fatto passi da gigante anche lassù. Poi i piaceri della carne: con quel che mangia Salvini in una sera il frate ci campava per un paio di settimane. E infine “Venere”. Insomma cose di poco conto su cui si può passare sopra. In fondo avere un rapporto privilegiato consente qualche privilegio.
Eventualmente, giusto per amor di precisione, la scritta potrebbe essere quella originale che, essendo classica, va su tutto, fa chic e non impegna: “Deus lo volt”. Che magari in quel di Pontida e zone limitrofe lo capiscono pure.
Se vincere le elezioni è stata una bagatella che potrà mai essere sistemare le accise, l’aumento dell’IVA, la prossima legge di bilancio altre sciocchezze similare. Un nulla. Con in più il vantaggio di non avere tra i piedi Claudio Borghi e i suoi pipponi sull’euro.