Ciò che possiamo licenziare

domenica 4 dicembre 2016

Referendum: domenica 4 dicembre ancora poche ore di silenzio.

Dopo duecentoquaranta giorni fa bene alla salute non sentire parlare i politici. Ci si dovrà sorbire le solite processioni dei votanti eccellenti, sempre sorridenti, mentre fanno cadere la scheda nell’urna. Ma saperli tacenti, anche per poche ore, sarà un sollievo. L’unico rammarico è che tanta grazia caschi in una giornata uggiosa. D’Alema fa sapere che la Madonna voterà NO.

Dopo otto mesi di sfiancante e noiosa campagna referendaria finalmente un week-end tranquillo il giusto. Sabato è ormai passato e il silenzio di quelli del palazzo è stato assai apprezzato quasi come una elargizione clientelare. Ancora poche ore di quasi pace: i telegiornali si concentreranno su episodi di cronaca nazionale e un occhio in più ai fatti internazionali. Avremo ancora l’Annunziata, con i suoi congiuntivi claudicanti si sperava di scamparla, ma d’altra parte non si può avere tutto. In compenso saremo  puntualmente informati, sebbene con alcune ore di ritardo,  sull’afflusso dei votanti. E ci verranno mostrati politici sorridenti  mentre infilano la scheda nell’urna. Che c’avranno poi da ridere non si sa né mai lo si saprà lo si può solo immaginare. Però il loro silenzio sarà accolto con gratitudine. Quasi infinita.

Gli uffici comunicazione e i consiglieri dei vari big avranno passato le ultime ore ad almanaccare se sia più conveniente recarsi al seggio di prima mattina, o a mezzogiorno. Andarci nel pomeriggio non fa audience come sa bene Sergio Mattarella che per il referendum sulle trivelle (quello per il quale il governo invitava democraticamente a non votare) s’è recato al seggio quasi quando stava per chiudere. Il comportamento presidenziale era barcamenante e fece passare l’anodina comunicazione che non mancava  al dovere di ogni cittadino epperò neppure dava l’esempio. Che se questo arriva a tempo scaduto non fa testo.  Al confronto i più navigati esperti di cerchiobottismo risultavano incalliti  decisionisti. Senz’altro quelli che volevano far fallire il referendum avranno apprezzato.

E dunque, cosa fa migliore impressione sull’elettorato? Conviene andarci di prima mattina per dimostrare che alzarsi presto dà la cifra del senso civico e di amore di patria? O andarci in tarda mattinata e puntare sulla nazionale pigrizia che porta gli italici  a votare nel pomeriggio e  quindi fruire dei telegiornali delle tredici? Dilemmi shakespeariani con non incrineranno i comuni  ritrovati piaceri della domenica.

Senz’altro per queste poche ore si scavalleranno le banalità che hanno ammorbato gli ultimi duecentoquaranta giorni. Quindi non si vedrà la solita prezzemolosa faccia del presidente del consiglio imperversare ovunque e pure ci sarà risparmiato che lui, beato, non è come gli altri anche se ha tra gli amici li stessi di sempre. Non si sentirà parlare di futuro e passato e neanche di progresso e conservazione concetti dai confini oramai sempre più labili, Non si dovranno neppure sorbire le tavanate galattiche di quelli che pur avendo in schifo la riforma la voteranno. Tutti saranno felici di essere graziati dalle solite scemenze su killer e scrofe. E anche quelle sulle accozzaglie avendo dimenticato che l’accozzaglia madre di tutte le accozzaglie si chiamava CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) e fece la sua bella parte per togliere l’italietta cialtrona dai guai. Molto apprezzato il fatto che, per una volta, non si sia levato il grido: dio lo vuole. Anche se D’Alema ha raccontato che la Madonna è per il no. E c’è da credergli viste le sue innumerevoli apparizioni alla povera donna.

Restano solo due rincrescimenti: il primo è che tanta grazia cada in una uggiosa giornata d’autunno. Sarebbe stato bello non sentire le solite bischerate facendosi baciare dal sole. Il secondo: che come tutte le felicità anche questa è a termine: alla chiusura dei seggi tutto ricomincerà come prima. Però quarantotto ore di pace sono state impagabili.

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