Ciò che possiamo licenziare

venerdì 5 luglio 2013

Si scrive Partito democratico e si legge Dynasty.

Più che le tappe di un dibattito politico quello che le varie componenti del Pd stanno mettendo in scena sembrano le puntate di una soap opera. La trama e fatta di intrighi, amori, gelosie, alleanze e tradimenti . I colpi di scena si susseguono ma sono sempre uguali. Non resta che sperare nella nemesi storica.

A guardare quel che è successo all'interno del Pd negli ultimi anni sembra di assistere più alla proiezione delle puntate di una soap opera, con venature talvolta comiche e talaltra ridicole.
 D'altra parte si sa che in tutti i grandi drammi, anche quelli storici per intenderci, c'è sempre qualcosa di umoristico e il Pd non sfugge alla regola. I colpi di scena si susseguono ma sono sempre uguali.
Nelle ultime vicende del partito ci sono tutti gli ingredienti del genere: intrighi di corte, omicidi shock,(metaforicamente parlando) relazioni proibite e poi, ovviamente, amori, gelosie e gli immancabili tradimenti. Sembra di rivedere le vecchie puntate di Dynasty. Per rimanere nel filone nazional-popolare che è quello che meglio si attaglia a quella variopinta congrega di politici.

 La trama di Dynasty, si ricorderà, raccontava dei componenti della famiglia Carrington in perenne lotta tra di loro. Peraltro non si è mai capito quale fosse il punto del contendere ma la cosa non sembra abbia mai interessato nessuno.Come accade nel Pd. L'importante era litigare e tramare cosa che tutti i protagonisti con grande dedizione si sono impegnati a fare fin dal primo episodio dove si sono trovati ad agire il patriarca, la prima e la seconda moglie, i figli di primo letto dalla condotta turbolenta di cui uno dalle dubbie tendendenze sessuali (si era nel 1981) e un altro che ricompare dopo essere stato rapito dalla culla. E quindi ex amanti che si ripresentano con nuove mogli dall'equilibrio instabile e poi nipoti volubilissime e politici (anche in Dynasty già c'erano i rappresentanti della casta ante litteram) disposti a tutto dietro compenso in denaro. E naturalmente non possono mancare i rappresentanti dei lavoratori, pure se domestici, come il cameriere e lo chauffeur i quali, oltre a far parte dell'arredo della casa, sono anche parlanti e a loro modo hanno un ruolo nella vicenda.

Con qualche piccolo ritocco, ma poi neanche tanti, si vede in trasparenza la storia del Pd. E anche la riunione organizzata dai bersaniani per lanciare la candidatura alla segreteria del partito di Stefano Fassina che si trasforma in corso d'opera in una riunione quasi di direzione o di vecchio comitato centrale, non sfugge alla regola. Pare oltre agli invitati ci fosse anche un certo numero di imbucati che nessuno ha avuto il cuore di allontanare e allora gli organizzatori se la sono presa con i renziani rei di non aver partecipato. Come se alle riunioni di corrente fosse normale vedere quelli della componente avversa. Mistero gaudioso del Pd, uno dei tanti che rispondono al canovaccio tratteggiato.
Pure i personaggi sono sovrapponibili e facilmente abbinabili. Come non bastasse, per soprammercato, si intravvedono pure vaghe, vaghissime, rassomiglianze.
Pierluigi Bersani calza senz'altro nella parte di Blake Carrington e non si fa fatica a vedere in Massimo D'Alema l'imprinting di Alexis, la perfida Alexis come la definirono subito i media dell'epoca. Sullo schermo era l'indimenticabile Joan Collins. Non che nel Pd manchino i perfidi ma come D'Alema proprio non ce n'è. Dario Franceschini sta benissimo nei panni della seconda moglie Linda Evans, una patatona bionda, apparentemente buona come il pane ma perennemente in ambasce e sul punto di scoppiare a piangere. Per il discolo Matteo Renzi la parte ideale è quella del figlio primogenito Steven Carrington: idealista e bisessuale. Esce dalla famiglia ma poi torna, ha feeling con la matrigna ma, ovviamente, non sa resistere alle richieste di Alexis la vera madre, sempre più perfida. si sposa con donne, ben due volte, un po' per amore e un po' per non dispiacere al padre ma ha pure un amante. Anche lui alla perenne ricerca delle regole. Che per il vecchio Blake sono più che chiare. E via identificando.

Si potrebbe pure perdonare questo incredibile e non sempre decoroso spettacolo al più numeroso, che sull'importanza c'è più di un dubbio, partito del centrosinistra se dietro tutto questo scannamento si intravvedesse una trama politica, vien da dire, di qualsiasi tipo. Ma nel Pd come nella famiglia Carrington oramai si è persa la cognizione e il senso del perché si stanno azzannando. Che sarebbe pure divertente se non fosse che si sta parlando delle sorti del Paese e che, al solito, ci andranno di mezzo i poveracci. Che poi sono quelli di cui il Pd dovrebbe difendere gli interessi. Il mondo è proprio strano.

Non resta che sperare nella nemesi storica. Dynasty finì con quello che gli americani ricordano tuttora come il Moldavian massacre: tutti i Carrington riuniti in un castello, in Moldavia per l'appunto, a celebrare il matrimonio della sorella di Alexis sono attaccati e uccisi da un gruppo di terroristi. Un simil finale, ovviamente metaforico, non spiacerebbe a molti. D'altra parte il Pd presto, si spera, celebrerà analogo evento che però passa sotto il nome di “congresso” e lì ci saranno tutti i simil Carrington in sedicesimo tirati a lustro. Sarebbe carino se sulla scena irrompesse un gruppo di militanti sconosciuti ma di buon senso, quelli di occupy Pd per esempio, che si liberasse di questo gruppo dirigente inetto e pasticcione e rifondasse il Pd. Poiché la realtà spesso supera la fantasia qualche speranza ancora resta.

2 commenti:

  1. Speriamo sia vero: la realtà superi la fantasia per il bene dell'Italia anzi dei "poveracci" italiani!!!

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  2. ci vuole una palingenesi, e, naturalmente con l'assenza successiva di tutti, io compreso naturalmente.

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