Adesso i media si lanciano sulle candidature alla segreteria del PD. Bonaccini, intervistato dalla Gruber Lilli, racconta il vuoto. Nessuna idea sul nuovo posizionamento e sulla nuova identità del partito. Non un accenno ai temi sociali: precariato, lavoro, ecologia. Nessuna riflessione sulle motivazioni della sconfitta.
Superati gli ultimi sussulti dell’effetto flipper nella scelte degli eletti per Camera e Senato e in attesa dell’incarico alla Meloni Giorgia, con gli abituali cascami spartitori, l’occhio di bue dei media ha già individuato il nuovo tema di intrattenimento: la scelta del nuovo segretario del Pd. Si parte con con chi oramai da qualche anno viene visto come il segretario in pectore ed è ragionevole pensare seguiranno altri aspiranti di ogni ordine e grado. Dalla Gruber Lilli, giovedì 29 settembre, fa la sua comparsata Bonaccini Stefano. L’intenzione, abbastanza scoperta è di presentarsi come super partes: «mi presenterò se capirò di poter essere utile (lo disse anche Mario Monti) … sto ricevendo richieste da Bolzano a Palermo» e via dicendo. Musica vecchia, già suonata e già sentita. Dopo di ciò i successivi minuti per arrivare alla mezz’ora sono stati riempiti da trite banalità: «opposizione intelligente, dare una mano per il bene del Paese, essere intransigenti con chi vuole scassare e compromettere i diritti civili». E fin qui ci mancherebbe. Ha poco apprezzato le autocandidature «perché prima ci vuole il programma». Perbacco baccone, questa sì è una novità. Al dunque però di temi programmatici, ma soprattutto di posizionamento non parla assolutamente. Al massimo butta là con nonchalance «i drammi quotidiani… i costi energetici» e null’altro. Sulla questione “partito” arriva a dire, come massimo, della necessità del Pd di aprirsi, magari fare rientrare Renzi e, perché no? Calenda, di essere rifondato, quindi «prima dei cognomi sono necessari i programmi» e, tocco d’artista, l’aggiunta di avere alleanze larghe. E ci mancherebbe. Poi: il nulla. Il vuoto assoluto. In trenta minuti non un accenno alle motivazioni della sconfitta del PD, a quanto farebbe, nel caso in cui gli toccasse l’onere, a come si comporterebbe sulle questioni di carattere sociale a come gestire il precariato, alla differenza tra costo sociale e costo privato e poi che fare con le correnti e le quinte colonne renziane. Detto per inciso, alcuni, i due Andrea, il Marcucci e il Romano, renzianissimi doc, sono stati bocciati dall’elettorato in collegi tradizionalmente sicuri e di sinistra. E questo la dice lunga sulla attuale relazione tra il partito e la società. Comunque, se queste sono le premesse auguri Pd. Una sola domanda: la corona di fiori dove va mandata?
Buona settimana
e buona fortuna.