Ciò che possiamo licenziare

lunedì 18 aprile 2016

Referendum Triv: vince l’astensionismo. La miseria della politica.

Che la politica non sia un pranzo di gala è assodato ma qualche regoletta morale ed etica pure c’è. Chi di astensionismo ferisce di astensionismo perisce. I boomerang ci mettono un po’ prima di tornare indietro. Con Ernesto Carbone la miseria della politica ha la sua transustanziazione.

In un Paese in cui l’astensione viaggia normalmente oltre il trenta per cento quando si tengono le elezioni politiche incitare all’astensionismo, foss’anche per la scelta dell’amministratore del condominio, è, al minimo, indecente. Se poi a giocare questa carta ci si mettono figure istituzionali come il presidente del consiglio o un ex presidente della Repubblica significa se non proprio essere alla frutta almeno starci molto vicino. Se poi si aggiunge che per aumentare la possibilità di incrementare l’astensionismo si decide di non accorpare il voto del referendum con un’altra occasione elettorale allora qualche dubbio sull’onestà intellettuale di chi ha preso la decisione senz’altro viene. E se come ciliegina sulla torta, in una situazione di deflazione e di evidente crisi, si decide di sacrificare trecento milioncini (ma Padoan non ha detto nulla su questo spreco?) allora si fa strike. Nel senso che si mostra, se non tutta che è quasi impossibile, una buonissima parte della miseria della politica. E come cartina di tornasole val bene la pena di riportare le dichiarazioni degli stessi protagonisti pro astensione su altre competizioni politiche.

In prima battuta conviene ricordare che lo stesso Renzi nel criticare l’uscita dall’aula del Senato delle opposizioni ha dichiarato che le battaglie si affrontano a viso aperto e che il non votare significa minare la democrazia. Affermazione sacrosanta. Che però se si guarda il quadro per intero si capisce che quando conviene l’opinione e il comportamento cambiano e si contraddicono con il cambiare della situazione. Come se la briscola non fosse scelta all’inizio della partita ma ad ogni giro dal giocatore più grosso e nerboruto in base alle carte che ha in mano. La politica, quella vera, anche se notoriamente non è un pranzo di gala, ha qualche sua regoletta etica e morale.
Per rimanere sullo stesso tasto si riporta la dichiarazione rilasciata da Debora Serracchiani, uno dei due vicesegretari del Pd renziano, al congresso del Psi: «Partecipare al referendum costituzionale significa assunzione di responsabilità politica» Che è come dire che se un elettore non si presenterà al referendum ottobrino non assumerà, cioè non avrà, responsabilità politica. Ovvero la posizione assunta dalla stessa Serracchiani per il prossimo futuro referendum costituzionale è esattamente il contrario di quella dalla stessa presa per il referendum testé effettuato. È questa onestà politica? Sul fatto che sia onestà intellettuale, è ovvio, non c’è storia.

Nella sua breve conferenza stampa post vittoria il Renzi ha addossato la responsabilità del costo di questo referendum a chi lo ha perso. Oltre che ingenerosa questa posizione è clamorosamente falsa. Non sono stati i promotori del referendum a scegliere il giorno ma il governo. Che, ovviamente , poteva scegliere ben altra data, ma il timore che affluenza facesse il paio con sconfitta ha fatto sì che la scelta cadesse sul 17 di aprile.
Infine il domandone a cui mai è stata data risposta: perché il governo ed il Pd e i suoi cespugliosi alleati non hanno fatto campagna per la loro posizione invitando gli elettori ad andare ai seggi e votare il logico no? Mai a questa domanda hanno voluto, o forse meglio dire, saputo rispondere i vari speaker governativi a partire dall’evoluzionista Andrea Romano. Che se non c’è riuscito lui figurarsi gli altri.

Uno tra i primi a commentare la vittoria dell’astensionismo è stato, manco a dirlo, Ernesto Carbone che con il suo solito stile,  ha creduto di ironizzare con un #ciaone. Dove la transustanziazione della miseria della politica ha la sua prova provata. Per qualche giorno i renziani brinderanno ignari  che i boomerang ci mettono un po’ prima di tornare indietro. Si potrebbe dire che chi di astensionismo colpisce di astensionismo perisce. Ma si tratterà di stare a vedere. Perché ancora una volta ha da passà a nuttata. Si spera solo sia breve.

Ps. dopo il disappunto sollevato dal suo twitter il Carbone Ernesto che è grande e grosso si è nascosto dietro sua figlia, piccolina. Non sapeva il Carbone il significato di #ciaone ma l'ha sentito utilizzare dalla piccola, gli è piaciuto e allora l'ha ripetuto. Come un pappagallo. Che affidamento si possa fare su un parlamentare che ripete senza sapere è tutto da stabilire.

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