Ciò che possiamo licenziare

domenica 30 maggio 2010

Pierluigi Bersani e la semiotica.

Il termine semiotica deriva, neanche a dirlo dal greco: σημεῖον (si pronuncia semeion) che significa "segno" ed è la disciplina (scienza forse?) che i segni li studia.


Studiare i segni vuol dire in buona sostanza, scoprire e definire qual è il senso che ad essi è sotteso e quindi il loro significato.

Intorno al senso (significato) dei segni, siano essi tracciati (o in qualche modo scritti) o comportamentali o addirittura verbali (e in questi ultimi la santa chiesa cattolica apostolica romana è vera maestra) una grande quantità di filosofi ci ha perso (o quasi) la testa.

Naturalmente non poteva che essere di un santo la frase che più di tutte spiega il perché della ricerca del senso:“ Il segno è infatti una cosa che, oltre all'aspetto sensibile con cui si presenta, porta a pensare qualcosa di altro a partire da sé.” *
L’autore è, quasi per definizione, Agostino d’Ippona meglio noto ai più come Sant’Agostino. Per intenderci quello delle Confessioni.

Ora provate a pensare a qualcuno, come aiutino aggiungiamo che sia un politico e magari di sinistra, che porti a pensare qualcosa di altro a partire da sé.

Bravi.
Avete indovinato.
Avete pensato a Pierluigi Bersani.
Tutto in Bersani fa pensare a qualcosa d’altro.

A partire dai tratti del volto.
Avete mai fatto caso a quelle due pieghette che gli scendono perpendicolarmente dagli angoli della labbra fino a raggiungere il mento? E avete mai notato come questo sia squadrato, quasi tagliato con l’accetta? E che quando parla vada meccanicamente su e giù mentre la parte superiore della bocca rimane quasi immobile? Il fatto che poi sia calvo e con la sola corona di capelli sulla nuca non è che la ciliegina sulla torta. Non vi sembra infatti che assomigli incredibilmente a quei pupazzi che di solito i ventriloqui usano nei loro spettacoli?
Chissà chi sarà il suo ventriloquo.
E poi che dire del suo esordio come segretario? Subito una bella e sonante batosta che chiunque, viste le proporzioni, avrebbe immediatamente ammesso come tale. Lui invece no. In fondo è stato come un pareggio, ha detto. Una sconfitta per essere veramente tale per Bersani deve avere dimensioni più che catastrofiche: forse la perdita anche dell’Emilia-Romagna e della Toscana. O qualcosa di ancor più disastroso?
Altro segno: il linguaggio.
Forse ad imitazione del suo mentore D’Alema, anche il simpatico Pierluigi s’è cimentato nell’uso dell’eloquio da bar durante una relazione politica. E anche qui a ben vedere i segni sono importanti.
Mentre D’Alema, ricorderete, se n’era uscito con un arrogante “vada a farsi fot…” , che tutto lo descrive, doppiato poi da una serie di altre scempiaggini, il nostro per modestia si è limitato ad una sola allocuzione.
Forse perché viene dalla provincia e più specificatamente da un paese chiamato Bettola (cosa sono le coincidenze), s’è accontentato del più tradizionale “non rompa i cogl…”.

Riuscendo così con questo segno a far pensare a qualcosa d’altro:

• quanto un partito possa essere ridicolo e magari anche poco serio (con gente così non andremo da nessuna parte chiosò il Moretti anni e anni fa. E fino ad ora i fatti gli hanno, purtroppo, dato ragione)
• dare ulteriore valenza al “teorema D’Alema” **
• permettere al centrodestra di riprendere l’antico mantra dei trinaricciuti
• far provare simpatia per una ministra che nulla è e neppure simpatica.

Bersani dunque come paradigma del segno.

Ma attenzione: non è un segno del destino è solo un segno di D’Alema.

Ahinoi.

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* De doctrina christiana I.1.1 – Agostino D’Ippona
** Vedi “il teorema D’Alema” pubblicato sul il vicario imperiale il 15 Maggio 2010
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sabato 22 maggio 2010

Draquila.Recensione dadaista.Berlusconi è innocente..

Recensione dadaista.


Domenica 16 maggio 2010, il film Draquila è in programmazione già da qualche giorno.
Radio, televisione, stampa e qualcosina anche sulla rete (ma meno), tutti, ovunque ci sia uno spazio di approfondimento d’attualità o (simil)culturale, hanno parlato di questo film. Amici e nemici. Le polemiche sono divampate, di tutto s’è discusso: dei contenuti (anche se pochissimi hanno visto il film) e delle banalità (se il ministro sia stato o no invitato a Cannes).
Tra quelli che conosco, pure impegnati o semi-impegnati (qualcuno anche semi-occupato), pochi dimostrano una gran voglia di andarlo a vedere. Io invece sì.

Quindi esco per tempo, non voglio dover fare una lunga coda al botteghino e neppure correre il rischio di finire in terza fila con il collo torto all’indietro e gli occhi che lacrimano.
Arrivo davanti al cinema e non c’è nessuno. A parte una quarantina tra genitori e bambini che sono lì per assistere alla proiezione di Robin Hood. Che in fondo, mutatis mutandi, è la stessa cosa. Però lì ci sono le frecce e i cavalli e i cattivi alla fine perdono.

Ho il biglietto in mano ma sono troppo in anticipo. Ne approfitto per farmi scaldare dal sole stando sul marciapiede.
I minuti evaporano in questa finalmente calda domenica. Nel generale quasi silenzio di tanto in tanto passa un’auto clacsonando e inalberando bandiere nero-azzurre.. Chissà perché quelli dell’Atalanta vengono a Milano a fare casino.
Finalmente scocca l’ora e si può entrare. Mi hanno assegnato un bel posto proprio nel mezzo della fila e a metà della sala. Fantastico.
Mi guardo intorno e penso che siamo un po’ pochini. Vabbè. Poi la gente comincia ad entrare alla alla spicciolata e i posti vengono occupati per un terzo. Bhè meglio che niente.

Inizia la proiezione.
Sullo schermo immagini drammatiche ma, in fondo sono le solite che già ho visto nei telegiornali e ad Annovero, la tecnica è quella di Micheal Moore. Tutto sommato niente di nuovo e di non già visto.
Quello che è duro, ancor più duro sono le parole che i vari intervistati pronunciano ed i concetti che a queste sono sottesi. Al confronto quei massi accatastati che prima erano la cattedrale o il centro storico sono banali, quasi un nulla.
Ascoltando queste frasi, si capisce cosa vuol dire che “una parola pesa più di un sasso” e guardando quelle espressioni spontaneamente dipinte su quei volti la disperazione prende allo stomaco.
I racconti degli aquilani, sia quelli pro sia quelli contro, chissà poi quale sia il pro e quale sia il contro in un contesto in cui questi paiono concetti superati nella loro banalità, trasmettono tutti la stessa sensazione di raccapriccio.
Si stenta a credere a quelle parole che là hanno un peso ed un senso e sentite e viste qua, a centinaia di kilometri di distanza, ne assumono decisamente un altro. Sono incredibili.

C’è la signora che lo vorrebbe abbracciare “a Silvio, anche se sono vecchia” (e, a occhio, ne ha la stessa età), e c’è quello che racconta di quanto sia dura fare politica lì, a L’Aquila, c’è quello entusiasta che racconta del nuovo appartamento (che è temporaneo, ma non si sa quanto sarà lunga questa temporaneità) e mostra il secchiello porta ghiaccio per lo spumante (Silvio ha promesso e ha mantenuto) e quella che s’è commossa quando ha visto lo scopino del bagno, e c’è anche quella che mostra lo scolapasta in plastica e dice che le hanno detto che non potrà appendere neanche un quadro e quell’altra che racconta che quando se ne andranno dovranno restituire tutto quello che hanno trovato, comprese le lenzuola usate, e infine quella che in questa bella casa nuova si sente un po’ in gabbia.
E poi c'è il più saggio di tutti, quello che dice "l'errore è stato pensare: dura due anni poi sparisce."
Dimenticavo: c’è anche la tenda del PD. Perennemente vuota.

E l’angoscia è tutta concentrata in queste poche frasi.

E Berlusconi in tutto questo? Per processo metonimico diventa per tutti, amici e nemici, l’astrazione di sé stesso: Angelo o Diavolo. E quindi, quasi per definizione, innocente per tutto e su tutto.
Perchè nessuna delle due astrazioni, Angelo o Diavolo, è meritevole o colpevole : ognuna svolge con diligenza il suo lavoro. E lui, Berlusconi, fa il suo.
La colpa semmai è di altri: di quello che si trasforma da giusto in peccatore.

Accusare Berlusconi è come dare la colpa ai piccioni di avere cagato sul sagrato del Duomo.
Il piccione, anche lui (angelo o diavolo), svolge diligentemente il suo lavoro: svolazza qua e là (e per qualcuno è bellissima la foto ricordo con il piccione in testa), staziona dove trova cibo a basso sforzo, ovvero dove gli danno da mangiare, quando vuole stare tranquillo si piazza sui fili della luce o tra i rami di un albero o sui poggioli. E nel dimezzo del far tutto questo caga.

Non è colpa sua se passeggi sotto le sue traiettorie o se ti fermi a sfogliare il giornale sotto un davanzale o se parcheggi l’auto sotto i frondosi alberi.
I piccioni mollano le loro simpatiche bombette bianche e gialle dove capita, è chi sta sotto che deve prestare attenzione altrimenti è colpevole quanto meno di distrazione.
Attenzione quindi a non voler sostituire un uomo della provvidenza con un altro, sostituire un piccione con una colomba non è una grande idea.
Entrambi volando cagano.

E alla fine del film scatta spontaneo un applauso. Forse è liberatorio. Chissà da che.
Già, stanno applaudendo lo schermo. E poi?
Fuori fa meno caldo e quelli dell’Atalanta sono diventati un po’ più rumorosi.
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sabato 15 maggio 2010

Il "Teorema-D'Alema"

Terremoto nella politica italiana.
Il rapporto tra centrodestra e centrosinistra sta cambiando, ne sono testimonianza alcune dichiarazioni dei leader del governo e del partito di maggioranza:

         - Berlusconi: finalmente l’opposizione sta diventando responsabile
        - Gasparri: era ora che il centrosinistra venisse sulle nostre posizioni
        - Cicchitto: questo cambio di linea mi preoccupa. Spero sia sincero.

Cosa è successo?

Massimo D’Alema dopo anni di studio e di applicazione forsennata ha finalmente esposto il suo teorema. Fino ad ora se ne sospettava l’esistenza da qualche giorno a questa parte è diventata una certezza.

E’ un momento epocale.
D’altra parte, data l’autorevolezza del personaggio, la notizia non poteva non fare scalpore.

Come noto Massimo D’Alema è considerato, non si sa con quanta sincerità, da molti suoi colleghi e da taluni giornalisti come il più intelligente politico nell’odierno panorama italico.
Anche il Presidente Emerito Francesco Cossiga, famoso per aver fatto dell’ironia una delle punte del suo piccone, ha spesso detto che “Massimo è il più intelligente”.
Unica ombra, ma questo lo dice Castruccio, il nome che il nostro ha assegnato alla sua barca, Ma tant’è.
A parte questo dettaglio, peraltro significativo, il nostro rimane un punto di riferimento.

Certo la fortuna non gli è sempre stata amica: non quando è stato presidente della bicamerale, non quando dopo la caduta (chissà da chi organizzata) del primo governo Prodi si è cimentato come capo del gabinetto (peraltro durato poco), non quando gli hanno soffiato da sotto il naso l’incarico di ministro degli esteri della UE. Comunque rimane un punto di riferimento.

Ha firmato 11* volumi, alcuni in compartecipazione e con ciò si può affermare che senz’altro ha scritto più di Socrate.
Alcuni di questi sono stati stampati per i tipi di Mondatori. L’intelligenza non deve necessariamente andare a braccetto con lo stile (questione di opportunità). E uno.
Ha un sito internet in cui si racconta e di sé dice che lui gli incarichi li assume. L’intelligenza non deve necessariamente andare a braccetto con lo stile (questione di relazione). E due.
Ciò che colpisce in questo sito è l’immagine di testata, sotto la scritta Massimo D’Alema che campeggia sulla sinistra tutta a caratteri maiuscoli, compaiono nell’ordine (di lettura):
       - un naso con punta cadente,
       - una piccola ciste stampata alla base della narice destra,
       - un paio di baffi, senz’altro di qualche anno addietro,
       - la bocca aperta, atteggiata a sorriso. Che se questi sono i sorrisi non c'è da stare tranquilli
       - tre incisivi, un canino e un premolare: i denti..
Si avete letto bene, i denti al centro della mirabile composizione. Denti piccoli e regolari, inquietanti e all’apparenza pericolosi..
Non si vedono gli occhi. E se gli occhi sono lo specchio dell’anima, qui mancano entrambi. L’intelligenza non deve necessariamente andare a braccetto con lo stile (questione di comunicazione). E tre
Ma non bastano tre postulati per fare un teorema. Ci vuole un solido impianto.

Se i teoremi si costruiscono nel tempo e con fatica, di solito si finalizzano con intuizioni fulminanti. E questa intuizione è sgorgata, anzi è esplosa a Ballarò** dove un giornalista, che aveva evidenti intenti provocatori (e anche una qualche ragione), lo incalzava su passati affitti particolarmente vantaggiosi.
Ebbene, lì, davanti a tutti più che enunciare il teorema D’Alema l’ha dimostrato in diretta (telvisiva, questo significa non farsi mancre nulla). Fatto unico: neppure Pitagora, neppure Archimede sono arrivati a tanto.

Come l’ha fatto? Con poche e sintetiche frasi*** ha definito il perimetro del teorema:
                                     1) vada a farsi fottere
                                     2) lei è un cialtrone.
                                     3) le impedirò di parlare

L’altro lo guardava beato. Non capita tutti i giorni di essere la levatrice di un teorema atteso da anni.

Agli esegeti il compito della verbalizzazione del pensiero dalemiano. Non difficile
Il teorema alla fine suona così: “Il centro destra non ha il monopolio delle cazzate qualcuna la diciamo pure noi”
Ultimamente anche troppo spesso aggiunge Castruccio.

Voci di dissenso si sono levate dalla parte estrema del centrosinistra:
- Vendola: non dobbiamo affannarci ad arredare con gli stessi argomenti delle destre lo spazio mentale che  finora ci ha consentito di sognare. Manteniamo la nostra specificità
- Travaglio: ero lì lì per enunciarlo io questo teorema.
________________________________________
* www.massimodalema.it
** puntata 4 maggio 2010
*** vedi su Youtube filmato Ballarò Lite D’Alema vs. Sallusti
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mercoledì 5 maggio 2010

A Vittorio Feltri la massima solidarietà (e magari anche qualcosina di più) da parte di Castruccio Castracani degli Antelminelli. A Maurizio Belpietro un pochino meno.

Caro Vittorio,
tu sai bene che di battaglie ne ho fatte tante e contro i più potenti della terra, e di crani ne ho spezzati più d’uno con la forza del mio braccio. Il nome che porto, ancorchè datomi da mio padre, me lo sono guadagnato sul campo.

Tuttavia sono sempre stato di animo dolce e gentile. Come te del resto.
Mai parola uscì dalla mia bocca o colpo fu inferto dal mio braccio con la vera volontà di offendere o di essere essere violento. Come te del resto.
Ogni mio gesto fu dettato dalle circostanze. Come i tuoi del resto.
Per questo non sento colpa alcuna. Come te del resto.
Anche se una piccola differenza in verità c’è. Ma poi ne parlerò.
Come faccio a dire che sei buono? Ma perché ti conosco.
Conosco il tuo lato migliore, quello che, per pudore e modestia, tieni nascosto: ami i cavalli.
Chi ama i cavalli non può essere cattivo, non può essere volgare, non può essere stupidamente ed ottusamente violento, non può essere sempre aggressivo, non può essere sempre maleducato, non può essere sempre irrispettoso. In sostanza non può essere sempre una carogna.
Tu sei un gentleman driver del trotto.
Per dirlo ai profani e ai barbari (e anche ai padani, amici del trota) che non conoscono questa nobile branca dell’ippica, sei quel signore che sta seduto sul sulky (il carrettino che sta dietro il cavallo. Sempre per quelli di sopra), con le gambe dritte e la frusta in mano e fa correre il cavallo al trotto, con progressione di velocità, senza farlo cadere al galoppo.


Tu hai le mani delicate, leggere, carezzevoli, tenere, morbide, gradevoli. Perché questo richiede il trotto che è delicatezza, eleganza, signorilità. Che spettacolo quando il cavallo, sotto le tue mani sapienti, sembra danzare sulla pista, con le gambe (come tu le chiami, non zampe) che si tendono e si raccolgono e si tendono di nuovo e di nuovo si raccolgono, come quelle di una ballerina.
I titoli dei tuoi editoriali parlano di avvoltoi (1) , di pirla (2), e di accontentarsi di non essere morti (3), e di schiene orizzontali (4) e di famiglie che assomigliano alle patate perché hanno la parte migliore sotto terra (questa in verità è di Montanelli, che così omaggiava i Savoia. E tu talvolta la usi e la presenti come tua. Birba!). Lo so, sono violenze che prima di tutto fai a te stesso.
Per questo approvi il tuo adorato Silvietto quando dice che in Italia “c’è troppa libertà di stampa” e tu di tuo aggiungi che sì “la libertà di stampa in effetti abbonda.” (5)


Tu vorresti che i giornali uscissero una volta ogni tre giorni e mai nelle feste comandate e nei feriali precedenti i festivi.
So perché lo vorresti.
No, non perché tu sia un liberticida (la tua vena anarchica e di bastian contrario è più che nota) e neppure perché sia un giornalista masochista. Anche se a bazzicare con quelli del partito dell’ammmore qualche tentazione potrebbe venire.
Quelli che ti attaccano per queste tue esternazioni dimostrano di non averti capito. Per nulla.


No, tu vorresti questa minor libertà per non dover più pensare, che è parola grossa, agli editoriali che sei obbligato a scrivere. Così le tue quotidiane sofferenze scemerebbero e potresti dedicarti con la signorilità che ti è propria alla strigliatura dei cavalli e al rigoverno dei box e magari alla concimazione delle gardenie, avendo materia prima a iosa e mani adatte. Ecco lì ti vedo meglio. Oppure alla preparazione di origami e magari al rito della preparazione del thè. Ma forse queste sono attività un po’ snob per te.
E invece no, negriero di te stesso eccoti chino sulla testiera a spremerti le meningi per trovare ogni giorno quei termini e quei toni di voce che ti sono così distanti e contro natura. Mi rendo conto quanto ci si debba sentire frustrati,ma d’altra parte tieni famiglia e il pane talvolta sa di sale


Dicevo della differenza che c’è tra noi: è che io lavoravo sostanzialmente in proprio e tu, ahinoi, conto terzi.
Ma tant’è.


Tuo Castruccio

PS.
E a Belpietro? Bhe a lui qualche cosina di meno. Non sono sicuro che gli piacciano i cavalli.

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________________
(1) Il Giornale, 6 Aprile 2010
(2) Il Giornale, 13 Aprile 2010
(3) Il Giornale 14 Marzo 2010
(4) Il Giornale 30 Aprile 2010
(5) Il Giornale 6 Aprile 2010

sabato 1 maggio 2010

Scajola Bersani, Berlusconi, D'Alema: 1° maggio su coraggio

Eh sì, di coraggio ce ne vuole parecchio. Eppure c’è chi ne ha in abbondanza: per sé, per noi, per voi, per tutti gli altri e anche per coloro. Questi ultimi, i coloro, sono quelli che ne hanno più bisogno e allora per non lasciarli soli e sostenerli moralmente abbiamo scomodato quattro personaggi di grosso calibro.

E quindi:


- sentiti ringraziamenti al ministro Claudio Scajola da Imperia.


Perchè con eccezionale tempismo aveva deciso di dimettersi (27 aprile u.s.) dando così una mano al rafforzamento dell’immagine del governo, dimostrando ancora una volta che il vero e unico cattivo del centrodestra è Gianfranco Fini. Poi ci ha ripensato (29 aprile) non volendo apparire come uno con un “sorcio in bocca”. E qui più di noi lo ringrazia il sorcio.

Quindi ci ha fatto sapere (anche se con qualche anno di ritardo, ma sapete com’è la modestia …) quanto si sia adoperato per sgonfiare la bolla speculativa che volteggiava sul mercato immobiliare.
Infatti con supremo sprezzo del pericolo è riuscito ad acquistare un appartamento di 200 metri quadrati composto da salone triplo, tripli servizi, 4 camere, una cameretta, una cucina, con vista Colosseo sborsando solo 6!0.000€. Invece di 3-4 milioni di euro (15-20.000€ per mq)*. Per l’acquisto ha versato di tasca propria 200.000€, e per la restante parte ha richiesto un mutuo, non perché non li avesse (ci mancherebbe!) ma solo per non venir meno alla proverbiale parsimonia ligure, Questo si chiama attaccamento al territorio. E infatti in Liguria la Lega non ha vinto. Da notare che il mutuo l’ha chiesto al Banco di Napoli e non alla Carige (Cassa di Risparmio di Genova e Imperia). Probabilmente è una fine mossa politica.

In effetti un prezzo così conveniente ci può stare, pare infatti, che nella transazione non fosse compresa la cantina né un più modesto solaio e neppure un posto auto scoperto. Addendi la cui mancanza svaluta enormemente ogni immobile che si rispetti. Inoltre era sgarrupato e al piano ammezzato, praticamente sopra la metropolitana, anzi quasi dentro: “quando passa trema tutto”. Hanno fatto sapere quelli dello suo staff. Accidenti, ma allora ha preso una fregatura. A lui la nostra solidarietà!

Comunque alla fine il ministro Scajola ha vendicato i poveri e fatto soffrire i ricchi: gli altri inquilini del palazzo, personaggi famosi, stanno rosicando. Loro, per la stessa metratura, hanno speso di più. Molto di più.


- grazie al megafono di D’Alema, a tempo perso, segretario dei DS, Pierluigi Bersani da Bettola.


Per conquistare il centro ha deciso di imitare Berlusconi e quindi dice:”basta picconatori nel partito. Mi sono scocciato … io non accetto balletti di questo genere nemmeno dal lato nostro: quello lì che si alza la mattina e dice il partito, il partitino, l’inciucio, quelle cose lì**”. Immagino che, anche se un po’ confuso, almeno voi abbiate capito.

D’altra parte mettevi nei suoi panni: dev’essere dura essere stato allevato nel centralismo democratico sapere cos’è, averlo patito e non poterlo usare. Neppure toccare di striscio. E non può neanche cercare di attuarlo nella versione ludico-ricreativa berlusconiana: gli mancano i soldi per comprare i suv (i mitici Sboron Utility Vehicle).
Nessuno più si accontenta di trenta denari.


- estrema gratitudine al presidente dei presidenti, al leader dei leader, al Cavaliere, al Cav (questa l’ha inventata Ferrara ma da un po’ di tempo la scimmiotta anche Belpietro) , a Silvio (ma questa famigliarità è consentita solo a Feltri) in sintesi a Silvio Berlusconi da Milano.


Il primo e più grande (gli piacciono le formule adulatorie, soprattutto quelle che ingrandiscono e fanno pensare a dimensioni enormi) liberal-stalinist-miracolis-tricologico presidente del consiglio di tutti i tempi ha promesso che nei prossimi tre anni farà tutto quello che non è riuscito a fare nei precedenti 4 governi e nei primi due anni di questo, che è il quinto. In totale ha governato il paese per otto anni. E si vede. La sua filosofia del fare contro quella della politica politicante darà i suoi frutti: pere, mele nel nord-est, pesche, broccoli e puntarelle al centro, pomodori, olive e lampascioni al sud, arance e carciofi nelle isole.

Se neanche questo dovesse accadere, ma è molto difficile perché la Natura tutto sommato ha ancora la sua forza, farà un gesto unico nel suo genere: si metterà le mani tra i capelli.
Così darà un forte segno di incoraggiamento a tutti i calvi. Bersani incluso.

- eterna riconoscenza allo stratega dell’insuccesso nonché idolatra di Ikarus ( il trota della Magna Grecia) Massimo D’Alema da Roma


Una vita dedicata all’insuccesso. Ha iniziato da piccolo con la segreteria della FGCI e di lì in avanti, fino ai giorni nostri, fiasco dopo fiasco si è costruita e rafforzata l’immagine del politico più intelligente della sinistra. Ogni volta che ha messo mano ad un progetto politico è riuscito a vederlo fallire, talvolta ancor prima che prendesse forma. L’ultimo “il laboratorio pugliese: l’alleanza con Casini”. Possiede un fiuto per il fallimento e una capacità di non comprensione della realtà che non ha pari. Neppure il Cappellaio Matto riuscirebbe ha riprodurre i suoi non-sense. Eppure è ancora lì.

L’esperienza con lui non può nulla e nulla può anche la più ruvida delle franchezze.

Andrea Ronchi dice***: “chi pensa che il dibattito all’interno del PdL e il progetto politico di Fini siano fatti per indebolire il centro destra o ha un quoziente intellettivo basso o è un provocatore”
Gianfaranco Fini dice: “sono e rimango un uomo di destra ****” e poi aggiunge che “la sinistra deve proprio essere disperata”
E D’Alema-Ikarus, tra una mossetta e l’altra del capo, riprende la sua nenia: “sarebbe un grave errore non capire che Fini è un interlocutore”.
Frase icarica (da trota, per far capire anche i padani), in politica è ovvio che gli avversari sono interlocutori così come in guerra è ovvio che la pace la si fa con i nemici. Ma da qui a pensare ad alleanze o patti (repubblicani, ché sarebbe bella vederli monarchici) ce ne passa.
Comunque rimane il ronchiano dubbio: è quoziente intellettivo basso o provocazione?.

Quindi: primo maggio, su coraggio…

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* Corsera 1 maggio 2010 pg.6
** Corsera 1 maggio 2010 pg. 19
*** Corsera 25 aprile 2010-05-02
**** In ½ ora – 25 Aprile 2010
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