Ciò che possiamo licenziare

sabato 9 gennaio 2021

Zingaretti, i romanzi di Camilleri e la poesia di Trilussa

 Se Zingaretti avesse letto i romanzi di Camilleri avrebbe capito molto sulla figura del ricattatore. Se avesse letto le poesie di Trilussa avrebbe capito che al macello gli amici non ci vanno soli.

Al vecchio Giorgio Amendola piacevano i gialli e sapeva chi è “un lince”. Scherzando, ma non troppo, pare dicesse che da quei libri traeva utili lezioni di vita, buone anche per la politica. Lo Zinaretti Nicola invece non legge i polizieschi e nemmeno ne guarda le serie in tv. E questo nonostante possa vantare, tramite il fratello, relazioni di simil parentela con il commissario Montalbano Salvo. Se infatti talvolta avesse dato una scorsa a qualche romanzo del Camilleri Andrea avrebbe scoperto, ben dettagliata, la figura del ricattatore e il suo modus operandi. Che è sempre uguale. Il ricattatore è come un etilista: trincato un bicchierino ne chiede  subito un altro, non si ferma mai. Alza la posta ad ogni cedevolezza del ricattato. L’unico modo per bloccarlo è portarlo allo scoperto e fargli mettere le carte sul tavolo. Però, dice il Camilleri Andrea,, ci vogliono, metaforicamente parlando, i cabasisi o più prosaicamente il coraggio. Ma né cabasisi né coraggio sembrano albergare nelle corde del segretario del PD, il quale più che parente del commissario Montalbano sembra discendente diretto dal cialtronesco motto “né aderire né sabotare” che è una bella dichiarazione di inanità, come ampiamente dimostrato. E ha avuto conseguenze nefaste per la nazione. A quanto si scopre, giorno dopo giorno, lo Zingaretti Nicola si dimostra uno strenuo epigone del “si, ma anche” tanto caro a quel Veltroni Walter che aveva promesso di andarsene in Africa mentre è ancora qui con le sue interviste piagnone, i suoi articoli melensi e i suoi documentari tristi come la fame. Per fare il segretario politico ci vuole tanta visione e un po’ di capacità di mediazione. Ben sapendo che mediazione non è sinonimo di calabraghismo. E lo Zingaretti, che già pare si fosse messo d’accordo con Salvini per far cadere il Conte 1, non avendo visione alcuna pensa che calabraghismo sia sinonimo di salvezza. Ma così non è, Trilussa docet:

Una mattina, un povero Somaro,

                                                      ner vede un Porc amico annà ar macello, 

                                                    sbottò in un pianto e disse: - Addio fratello:

-         non se vedremo più, nun c’è riparo! 

Bisogna esse filosofo, bisogna:

-         je disse er Porco – via, nun fa’ lo scemo,

Ché forse un giorno ce ritroveremo

                                                in qualche mortadella de Bologna                                          

D’altra parte di strada se ne fa poca se si ha come vice un Orlando Andrea che assomiglia in nulla all’antico paladin furioso, ma molto a un ben di più scialbo vetero democristiano.

1 commento:

  1. "Bisogna esse filosofo, bisogna: je disse er Porco – via, nun fa’ lo scemo,ché forse un giorno ce ritroveremo in qualche mortadella de Bologna". Più che "filosofia" sembra "cronaca politica" Molti degli ultimi governi di questo Paese sono proprio mortadelle de Bologna, il cui impasto e rimpasto conteiene veramente di tutto. E di troppo.

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