E così il 28 di luglio c’è stata un’altra puntata
del caso Regeni. Non sarà l’ultima, ma questa è stata particolarmente
istruttiva, a voler leggere e neanche in modo tanto sofisticato, le parole del
ministro della difesa Lorenzo Guerini. Lorenzo Guerini, ex democristiano, ex
Margherta ex renziano doc, con Luca Lotti fondatore della corrente Base
Riormista zeppa di ex (si fa per dire) renziani, nella sua qualità di Ministro
della Difesa è stato audito dalla
Commissione Parlamentare di Inchiesta sulla Morte di Giulio Regeni.
L’audizione è durata quarantacinque minuti e
cinquantaquattro secondi di cui gli ultimi dieci minuti in seduta segreta. Nei trentacinque
minuti palesi quindici sono stati occupati dalla relazione del Guerini che ha
letto a pappagallo i fogli che un qualche solerte funzionario del ministero ha steso con puntigliosa pignoleria. A dar retta al linguaggio del
corpo il Guerini pareva addirittura annoiato, non guardava l’uditorio, si
dondolava sulla sedia, giochicchiava con le mani e sbirciava il grosso orologio
che porta al polso destro. E’ parso anzi che il Guerini vedesse per la prima
volta quell’elaborato. Ma, Gasparri insegna, è normale che il politico di turno
reciti cose di cui poco sa e ancor meno capisce. In ogni caso questa relazione
si divide nella sostanza in tre parti: il cappello, ipocrita il giusto,
dedicato all’impegno del Governo a «far luce (fiat lux) sulla scomparsa e
sulla barbara uccisione di Giulio Regeni». A occhio e croce 15 secondi. La parte
centrale dedicata alla vendita di due fregate alla Marina Militare egiziana
sottolineando che l’Egitto è «un attore regionale imprescindibile. Il ruolo
del Cairo infatti è determinante per gli equilibri regionali dell’area
mediterranea e che quella egiziana è tra gli strumenti militari più sviluppati
nella regione». Tradotto: se le navi non gliele diamo noi gliele dà qualcun
altro. E poi che i nostri incontri con i militari egiziani sono passati da
trentacinque all’anno a dieci. Ma che dobbiamo comunque essere presenti
nell’area per difendere «i noti interessi energetici e commerciali» , l’Egitto
controlla il canale di Suez, bella scoperta e in ogni caso l’operazione di
vendita e di sostituzione delle due fregate sarà a saldo zero. Che volere di
più dalla vita. In altre parole: va bene
tutto, ma la vita continua e gli interessi sono interessi. Regola aurea mai
messa in dubbio da chi fa affari. E infine, visto che la commissione è nata per
indagare sulla morte di Giulio Regeni, il finale torna strappalacrime: «La scomparsa di Giulio Regeni
rappresenta una ferita che non potrà mai rimarginarsi, il cui dolore potrà
soltanto essere alleviato dalla ricostruzione, paziente e meticolosa, di una
verità, che il governo rimane determinato a ricercare con assoluta
determinazione». A parte la ripetizione determinato/determinazione non c’è
nulla di nuovo. Anche considerando una precedente affermazione del ministro: «Non
credo che lo sviluppo di relazioni con Egitto sia un freno alla ricerca della
verità sulla morte di Giulio Regeni». Che è una palese dicotomia. Ma questo il
ministro non lo sa.
Al dunque, mettiamoci il cuore in pace: la verità, che tutti
conosciamo, ma non ne abbiamo le prove, è che i servizi egiziani abbiano ucciso
Giulio e che Abdel Fattah al Sisi, per motivi di potere, non può scaricare i
responsabili del massacro. Tutto qui. Ve lo immaginate cosa avrebbero fatto
israeliani, americani, francesi, inglesi se fossero stati al posto nostro? Ecco.
Beh, noi no.
Buona settimana e buona fortuna.