Il Renzi Matteo si allena a far quadrata la mascella |
Era da tanto
tempo che non si vedeva un bel repulisti nella politica italiana, anzi in
verità non lo si è mai visto. In nessun partito è mai successo che il
segretario si facesse i gruppi parlamentari a sua immagine e somiglianza. Neppure
ai tempi dello stalinista Togliatti, che faceva finta di essere un democratico,
neppure con Pietro Longo, sempre Pci, che di essere stalinista dentro non lo
mandava a dire. E non è nemmeno mai successo nella Democrazia Cristiana che
interclassista ed ecumenica com’era riusciva a tenere insieme il sociale (all’apparenza)
spinto ed il capitale più retrivo. Non vi era giunto neanche Bettino Craxi che
della democrazia aveva un concetto tutto suo. In compenso c’è riuscito il Renzi
Matteo, democristiano dichiarato, ma con atteggiamenti mussoliniani, sta
perfino tentando di far diventare quadrata la mascella. Giusto! Non ci riuscì neanche Mussolini che
fu costretto a convivere, che vuol dire contrattare, anche lui, con correnti e
spifferi di vario ordine e grado: da Farinacci a Federzoni, da Bottai a
Pavolini. All’epoca i capi corrente erano detti Ras. Reminiscenze della guerra
d’Etiopia. Oggi i Ras sono rassetti anzi ascari. E come gli ascari devono dimostrare la loro fedeltà con la
maggior ferocia: più sono feroci con gli avversari più (sperano) saranno
considerati fedeli dl capo.
C’è da dire
che lui, il Renzi Matteo, ha un grande vantaggio rispetto a tutti gli altri
segretari di tutti i partiti di tutti i tempi: una minoranza incapace e imbelle
oltre il giusto che ha nell’arretrare con pervicacia la sua abilità migliore. E
si sa che a forza di arretrare, dicendo alla Gotor «non è il momento»,
prima o poi ci si trova con davanti il mare o le montagne e alle spalle il
nemico. E quando per scappare non c’è più spazio dovrebbe venir fuori il
coraggio della disperazione e magari anche un pizzico di dignità. In entrambi i
casi: merce rara. Specialmente nel Pd di adesso. Al dunque come criticare il
segretario Renzi se decide di disfarsi di chi è addirittura incapace di fare
opposizione e di piccoli ex traditori di altri (presunti) leader? Renzi sa bene
che chi ha tradito una volta tradisce sempre. Lo racconta la storia. E quindi
poco alla volta si disfa dei più imbarazzanti tra gli ex dalemiani, lettiani,
bersaniani, veltroniani,prodiani e…(n)ani andando.
Al grido di «largo al
nuovo» l’aspirante mascelluto Renzi ha inserito in lista la cariatide
democristiana Pierferdinando Casini (solo nove legislature), ma d’altra parte
non riteneva la commissione banche necessaria e l’ex pioniere Piero Fassino
(solo cinque legislature). Fassino che è piemontese non correrà in Piemonte, «è
finito un ciclo» ha detto, ma in Emilia, dove «sarò più utile». Che ha dirla
tutta sarà l’Emilia e gli ex comunisti di quelle plaghe ad essere utili a lui.
Garantendogli la sesta legislatura. Chissà se ce l’avrebbe fatta a Torino. E
poi dentro anche Cesare Damiano, l’uomo dalle due pensioni: da deputato e da
metalmeccanico. Che per essere sicuri di raccattare qualche voto di nostalgia
per il sol dell’avvenire viene candidato a Terni: una volta tutta acciaio e
classe operaia. Una spruzzatina di simil sinistra non va male. E nel nuovo
anche Valeria Fedeli che di nuovo, dopo decenni nel sindacato, ha solo la tinta
dei capelli. Nella passata competizione si presentò nel collegio che era stato in
prcedenza del marito adesso è in lizza a Pisa ma anche a Pavia-Cremona-Mantova
e, già che c’è, pure a Caserta-Benevento-Avellino. Chissà che ne sa di quei
territori. Niente-niente è una bella forma di desistenza? In compenso Ernesto
Carboni, che si definisce superdemocristiano, pur essendo calabrese se
ne sta ben lontano, e corre (si fa per dire) guarda caso in Emilia. Al suo
posto in Calabria un tal Giacomo Mancini definito forzista-meloniano in lista
per il Pd. By the way nipote del
vecchio Giacomo Mancini ex segretario Psi e tante altre cose ancora. D’altra
parte neanche Minniti Marco, calabrese, si presenta nella terra natia, più
comodo stare nelle Marche, sarà un paracadute? E in Campania in compagnia del
figlio di De Luca e di Franco Alfieri, quello delle fritture di pesce. Nel
collegio di Minniti c’è pure Battipaglia dove nel 1969 si sparò sui braccianti
agricoli. Sarà mica nemesi storica?
Degli
altri meglio non dire. Anche commentare il nulla politico ha un limite e non superarlo
è un bel merito.
Con
l’onestà intellettuale che ha sempre contraddistinto i padroni delle ferriere il
Renzi Matteo continua a dire di lealtà e non di fedeltà, che nella sua testa
sono sinonimi: «dimmi pure di no ma poi vota quel che chiedo di votare.» Una
volta si chiamava centralismo democratico, ma i tempi sono cambiati e anche gli
obiettivi e i personaggi(etti). Ora si tratterà di vedere quando piacerà ai nipoti dei fondatori delle case del popolo
e delle cooperative questa bella pulizia del Pd. Si transeat gloria mundi.
Gustoso ed amaro
RispondiEliminaPer una volta posso dire una cosa di cui sono grato a Renzi? Ha lasciato a casa Pietro Ichino! Per tutto il resto c’e Mastercard
RispondiElimina"Ripulisce"? E allora vedete che ho ragione quando dico che il berluschino Renzi non è poi tanto diverso da Casaleggio & Salvini & Meloni.
RispondiEliminaUscirà una cialtronata perché non va a favore della gente!
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