Ciò che possiamo licenziare

domenica 4 febbraio 2018

Renzi ripulisce il Pd.

A liste finalmente decise e depositate si può far qualche considerazione. Quasi nessuno dei candidati Pd è dove dovrebbe essere. La questione dei territori è per i più una fola, ma questo lo si sapeva già. Stare in due o tre collegi, di cui non si sa nulla, è quasi la norma. E così Il Renzi Matteo si fa i gruppi parlamentari come gli piacciono.

Il Renzi Matteo si allena a far quadrata la mascella
  Era da tanto tempo che non si vedeva un bel repulisti nella politica italiana, anzi in verità non lo si è mai visto. In nessun partito è mai successo che il segretario si facesse i gruppi parlamentari a sua immagine e somiglianza. Neppure ai tempi dello stalinista Togliatti, che faceva finta di essere un democratico, neppure con Pietro Longo, sempre Pci, che di essere stalinista dentro non lo mandava a dire. E non è nemmeno mai successo nella Democrazia Cristiana che interclassista ed ecumenica com’era riusciva a tenere insieme il sociale (all’apparenza) spinto ed il capitale più retrivo. Non vi era giunto neanche Bettino Craxi che della democrazia aveva un concetto tutto suo. In compenso c’è riuscito il Renzi Matteo, democristiano dichiarato, ma con atteggiamenti mussoliniani, sta perfino tentando di far diventare quadrata la mascella.  Giusto! Non ci riuscì neanche Mussolini che fu costretto a convivere, che vuol dire contrattare, anche lui, con correnti e spifferi di vario ordine e grado: da Farinacci a Federzoni, da Bottai a Pavolini. All’epoca i capi corrente erano detti Ras. Reminiscenze della guerra d’Etiopia. Oggi i Ras sono rassetti anzi ascari. E come gli ascari devono dimostrare la loro fedeltà con la maggior ferocia: più sono feroci con gli avversari più (sperano) saranno considerati fedeli dl capo.
C’è da dire che lui, il Renzi Matteo, ha un grande vantaggio rispetto a tutti gli altri segretari di tutti i partiti di tutti i tempi: una minoranza incapace e imbelle oltre il giusto che ha nell’arretrare con pervicacia la sua abilità migliore. E si sa che a forza di arretrare, dicendo alla Gotor «non è il momento», prima o poi ci si trova con davanti il mare o le montagne e alle spalle il nemico. E quando per scappare non c’è più spazio dovrebbe venir fuori il coraggio della disperazione e magari anche un pizzico di dignità. In entrambi i casi: merce rara. Specialmente nel Pd di adesso. Al dunque come criticare il segretario Renzi se decide di disfarsi di chi è addirittura incapace di fare opposizione e di piccoli ex traditori di altri (presunti) leader? Renzi sa bene che chi ha tradito una volta tradisce sempre. Lo racconta la storia. E quindi poco alla volta si disfa dei più imbarazzanti tra gli ex dalemiani, lettiani, bersaniani, veltroniani,prodiani e…(n)ani andando.
Al grido di «largo al nuovo» l’aspirante mascelluto Renzi ha inserito in lista la cariatide democristiana Pierferdinando Casini (solo nove legislature), ma d’altra parte non riteneva la commissione banche necessaria e l’ex pioniere Piero Fassino (solo cinque legislature). Fassino che è piemontese non correrà in Piemonte, «è finito un ciclo» ha detto, ma in Emilia, dove «sarò più utile». Che ha dirla tutta sarà l’Emilia e gli ex comunisti di quelle plaghe ad essere utili a lui. Garantendogli la sesta legislatura. Chissà se ce l’avrebbe fatta a Torino. E poi dentro anche Cesare Damiano, l’uomo dalle due pensioni: da deputato e da metalmeccanico. Che per essere sicuri di raccattare qualche voto di nostalgia per il sol dell’avvenire viene candidato a Terni: una volta tutta acciaio e classe operaia. Una spruzzatina di simil sinistra non va male. E nel nuovo anche Valeria Fedeli che di nuovo, dopo decenni nel sindacato, ha solo la tinta dei capelli. Nella passata competizione si presentò nel collegio che era stato in prcedenza del marito adesso è in lizza a Pisa ma anche a Pavia-Cremona-Mantova e, già che c’è, pure a Caserta-Benevento-Avellino. Chissà che ne sa di quei territori. Niente-niente è una bella forma di desistenza? In compenso Ernesto Carboni, che si definisce  superdemocristiano, pur essendo calabrese se ne sta ben lontano, e corre (si fa per dire) guarda caso in Emilia. Al suo posto in Calabria un tal Giacomo Mancini definito forzista-meloniano in lista per il Pd. By the way nipote del vecchio Giacomo Mancini ex segretario Psi e tante altre cose ancora. D’altra parte neanche Minniti Marco, calabrese, si presenta nella terra natia, più comodo stare nelle Marche, sarà un paracadute? E in Campania in compagnia del figlio di De Luca e di Franco Alfieri, quello delle fritture di pesce. Nel collegio di Minniti c’è pure Battipaglia dove nel 1969 si sparò sui braccianti agricoli.  Sarà mica nemesi storica?
Degli altri meglio non dire. Anche commentare il nulla politico ha un limite e non superarlo è un bel merito.
Con l’onestà intellettuale che ha sempre contraddistinto i padroni delle ferriere il Renzi Matteo continua a dire di lealtà e non di fedeltà, che nella sua testa sono sinonimi: «dimmi pure di no ma poi vota quel che chiedo di votare.» Una volta si chiamava centralismo democratico, ma i tempi sono cambiati e anche gli obiettivi e i personaggi(etti). Ora si tratterà di vedere quando piacerà  ai nipoti dei fondatori delle case del popolo e delle cooperative questa bella pulizia del Pd. Si transeat gloria mundi.

4 commenti:

  1. Gustoso ed amaro

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  2. Marco Fernando Capodaglio6 febbraio 2018 alle ore 22:29

    Per una volta posso dire una cosa di cui sono grato a Renzi? Ha lasciato a casa Pietro Ichino! Per tutto il resto c’e Mastercard

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  3. "Ripulisce"? E allora vedete che ho ragione quando dico che il berluschino Renzi non è poi tanto diverso da Casaleggio & Salvini & Meloni.

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  4. Uscirà una cialtronata perché non va a favore della gente!

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