La traduzione recita: per Renzi i voti non hanno odore (come
il denaro?) Qualche volta Renzi dice cose che uno scout non dovrebbe neanche
pensare. Non è bello dare esempio di amoralità (o immoralità) ai giovani della
scuola di partito. Fino a che punto è lecito non essere schifiltosi?
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Durante la sua visita alla
scuola di partito il giovin presidente se ne è uscito con un’affermazione di
soave leggerezza: «chi fa lo schifiltoso con i voti perde le elezioni.» Denota
la frasetta una certa qual dose di cinismo, magari assai vicino all’idea di amoralità.
Interpretazione che però cozza con il fatto che il presidente Renzi ha un
passato da scout, organizzazione che nella moralità ha le sue ben solide fondamenta.
Così almeno sosteneva il fondatore Robert Baden-Powel. E allora il cinismo
amorale evolve in immoralità. E questo non è bello. Soprattutto quando si parla
ai discepoli della scuola di partito.
La frasetta infatti per le sue
implicazioni e millanta adattamenti, più che in una scuola di partito per formare nuovi dirigenti della cosa pubblica ci si
aspetterebbe di sentirla in qualche bassofondo dovve si formano nuovi delinquenti. Eh
sì perché l'ingenuo presidente Renzi Matteo nel proferirla non ha tenuto conto che
qualcuno potrebbe adattarla alla sua bisogna. Perché se non si specifica il livello di schifiltosità accettabile la strada si fa in discesa e cosparsa d'olio. Ad esempio: «chi fa lo schifiltoso con i
voti dei mafiosi (tangentari, spacciatori, scafisti, corruttori, abitanti del mondo di mezzo, ecc.) non vince
le elezioni » ma anche «chi fa lo schifiltoso con la chimica (doping magari?)
non vince le gare» o anche «chi fa lo schifiltoso con le frequentazioni non fa
carriera» o anche «chi fa lo schifiltoso con i copioni non fa film da tutto
esaurito». E si potrebbe andare avanti, o meglio si potrebbe continuare a
scendere sempre più in basso.
Evidentemente il giovane presidente del consiglio ricorda il detto «pecunia non olet»
(il denaro non ha odore) che di solito viene ben citato nel mondo degli affari da
chi sa, ed è ben consapevole, che il
denaro che si sta maneggiando non è, per così dire, cristallino. E pecunia olet eccome se olet. E dalle parti dello Ior il concetto doveva (e
oggi?) essere ben chiaro, se papa Francesco è intervenuto per smentirlo. Ma
questa è solo una digressione. Peraltro pertinente.
Il concetto del non olet era già stato anticipato da
Ernesto Carbone, membro della segreteria nazionale del Pd all’interno della
quale ricopre il ruolo di responsabile pubblica amministrazione nonché Made in
Italy.E infatti il Carbone durante una trasmissione radiofonica, a proposito
delle statue incartonate, disse che lui per 20 miliardi avrebbe fatto ben
altro. Che se poi l’ammontare degli investimenti persiani fosse stato superiore chissà
cosa il Carbone sarebbe stato disposto a sacrificare (per non dire vendere)
oltre a estetica-cultura-storia. E si aggiunga
pure dignità. Giusto per non perderne l’abitudine. Sarebbe proprio istruttivo
se il Carbone lo raccontasse.
Fra breve il non schifiltoso presidente del consiglio
si troverà a dover decidere come gestire e portare a termine la questione dell’assassinio
di Giulio Regeni, che guarda il caso fa pendant
con un bel mucchietto di denari. Nell’affaire
sono coinvolte anche una sessantina di azienda italiche il che tradotto significa
fatturato-occupazione-pil. E non per ultimo voti. Per adesso il governo sta
resistendo nel non prendere per buone le ridicole argomentazioni che vegono dall’Egitto, ma per quanto ancora?
Se gli egiziani coglieranno il senso insito in «chi fa lo schifiltoso coi voti
non vince le elezioni» avranno in mano il jolly
per uscire vincenti, cioè non colpevoli, da questa ignobile vicenda. E allora
ci sarà qualcuno che dirà: pecunia (sed
suffragatio) non olet.
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http://ilvicarioimperiale.blogspot.com/2016/02/la-dottrina-di-ernesto-carbone-vale.html
Non fa una piega.
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