Ciò che possiamo licenziare

giovedì 11 febbraio 2016

Per Renzi suffragatio non olet (sed pecunia?)

La traduzione recita: per Renzi i voti non hanno odore (come il denaro?) Qualche volta Renzi dice cose che uno scout non dovrebbe neanche pensare. Non è bello dare esempio di amoralità (o immoralità) ai giovani della scuola di partito. Fino a che punto è lecito non essere schifiltosi?

L’ipercinetico presidente del consiglio Matteo Renzi, quando devia dalle frasi e dai concetti che gli sono noti corre il rischio di dire delle scempiaggini. Sciascia, nel senso di Leonardo, avrebbe usato un verbo decisamente siciliano che qui ci sarebbe stato benissimo. Ma se non si è siciliani  autentici si corre il rischio di sbagliare intonazione e mimica il che rende meno genuino, e perciò stesso meno forte, l’apprezzamento. Dopo «gufi, rosiconi, ottantaeuro (scritto tutto attaccato), quarantunpercento (scritto tutto attaccato), ottimismo, l’Italia è un grande paese» che sono le parole d’ordine più gettonate, hanno fatto capolino di tanto in tanto anche concetti un po’ più complessi e per questo meno digeriti (e digeribili) del tipo «devo governare il Paese, devo cambiare l’Italia, (e in momenti di particolare trance agonistica) devo cambiare l’Europa» Di solito quando il giovane presidente si lancia in queste spericolate affermazioni un po’ si disunisce e allora gli scappano alcune, per l’appunto, scempiaggini. Che se rientrassero nelle categoria delle voci dal sen fuggite ci si potrebbe quasi passar sopra, ma il fatto è che si incastrano perfettamente nel sempre più debordante puzzle del renzipensiero al punto che alcuni dei suoi, magari di secondo girone ché ormai il giglio magico è completo, arrivano addirittura ad anticiparlo. 
Durante la sua visita alla scuola di partito il giovin presidente se ne è uscito con un’affermazione di soave leggerezza: «chi fa lo schifiltoso con i voti perde le elezioni.» Denota la frasetta una certa qual dose di cinismo, magari assai vicino all’idea di amoralità. Interpretazione che però cozza con il fatto che il presidente Renzi ha un passato da scout, organizzazione che nella moralità ha le sue ben solide fondamenta. Così almeno sosteneva il fondatore Robert Baden-Powel. E allora il cinismo amorale evolve in immoralità. E questo non è bello. Soprattutto quando si parla ai discepoli della scuola di partito. 
La frasetta infatti per le sue implicazioni e millanta adattamenti, più che in una scuola di partito per formare nuovi dirigenti della cosa pubblica ci si aspetterebbe di sentirla in qualche bassofondo dovve si formano nuovi delinquenti. Eh sì perché l'ingenuo presidente Renzi Matteo nel proferirla non ha tenuto conto che qualcuno potrebbe adattarla alla sua bisogna. Perché se non si specifica il livello di schifiltosità accettabile la strada si fa in discesa e cosparsa d'olio. Ad esempio: «chi fa lo schifiltoso con i voti dei mafiosi (tangentari, spacciatori, scafisti, corruttori, abitanti del mondo di mezzo, ecc.) non vince le elezioni » ma anche «chi fa lo schifiltoso con la chimica (doping magari?) non vince le gare» o anche «chi fa lo schifiltoso con le frequentazioni non fa carriera» o anche «chi fa lo schifiltoso con i copioni non fa film da tutto esaurito». E si potrebbe andare avanti, o meglio si potrebbe continuare a scendere sempre più in basso. 
Evidentemente il giovane presidente del consiglio  ricorda il detto «pecunia non olet» (il denaro non ha odore) che di solito viene ben citato nel mondo degli affari da chi sa, ed è ben consapevole, che il denaro che si sta maneggiando non è, per così dire, cristallino. E pecunia olet eccome se olet.  E dalle parti dello Ior il concetto doveva (e oggi?) essere ben chiaro, se papa Francesco è intervenuto per smentirlo. Ma questa è solo una digressione. Peraltro pertinente. 
Il concetto del non olet era già stato anticipato da Ernesto Carbone, membro della segreteria nazionale del Pd all’interno della quale ricopre il ruolo di responsabile pubblica amministrazione nonché Made in Italy.E infatti il Carbone durante una trasmissione radiofonica, a proposito delle statue incartonate, disse che lui per 20 miliardi avrebbe fatto ben altro. Che se poi l’ammontare degli investimenti persiani fosse stato superiore chissà cosa il Carbone sarebbe stato disposto a sacrificare (per non dire vendere) oltre  a estetica-cultura-storia. E si aggiunga pure dignità. Giusto per non perderne l’abitudine. Sarebbe proprio istruttivo se il Carbone lo raccontasse. 
Fra breve il non schifiltoso presidente del consiglio si troverà a dover decidere come gestire e portare a termine la questione dell’assassinio di Giulio Regeni, che guarda il caso fa pendant con un bel mucchietto di denari. Nell’affaire sono coinvolte anche una sessantina di azienda italiche il che tradotto significa fatturato-occupazione-pil. E non per ultimo voti. Per adesso il governo sta resistendo nel non prendere per buone le ridicole argomentazioni  che vegono dall’Egitto, ma per quanto ancora? Se gli egiziani coglieranno il senso insito in «chi fa lo schifiltoso coi voti non vince le elezioni» avranno in mano il jolly per uscire vincenti, cioè non colpevoli, da questa ignobile vicenda. E allora ci sarà qualcuno che dirà: pecunia (sed suffragatio) non olet.
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http://ilvicarioimperiale.blogspot.com/2016/02/la-dottrina-di-ernesto-carbone-vale.html

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