Era
l’11 novenbre 2013 quando Francesco disse che la Chiesa non vuole il sostegno
di chi non paga le tasse. Monsignor Galantino e gli altri della Cei non erano
presenti all’omelia. Viene il sospetto che Francesco e Galantino stiano giocando
a il poliziotto buono e quello cattivo. L’unico dubbio è capire chi sia l’uno e
chi l’altro.
Chissà che si stanno dicendo. |
Era l’11 novembre 2013,
quando Francesco durante una, a suo modo, veemente omelia mattutina alla Domus
Santa Marta ebbe a dire che:«la Chiesa non vuole il sostegno di chi non paga le
tasse e i dipendenti.» Parole sante, due volte sante: una volta perché
veritiere e una seconda perché pronunciate da chi viene considerato padre
santo. Magari, ma non si vuole dar troppo spazio alla malizia, Francesco stava
facendo riferimento ad alcune istituzioni, potrebbero essere anche scuole, che
hanno qualche difficoltà con i salari degli operatori e che svicolando tra le
pieghe interpretative della italica legge si sentono esenti dal pagamento delle
tasse. Quella dell’Ici.tanto per dirne una.
Quel che è certo è che
a quella predica non hanno assistito né monsignor Galantino, segretario generale della
Cei, né alcuno dei tanti vescovi che di quella Conferenza fanno parte. Peccato,
si sono persi una bella lezione ed una chiara e piana spiegazione di un
intrigante passo del Vangelo, che da quelle parti dovrebbe essere un
bestseller. Però, come si sa, un conto è comprarli, i libri, ed altro leggerli,
quanto a capirli è tutto un altro film.. A metterli in pratica poi ci vuol dell’eroismo
che notoriamente è moneta di scarso corso in questo mondo.
Certo è che monsignor
Galantino fa tenerezza anche ai più feroci anticlericali: sempre ad affannarsi
com’è a rimediare in chiave conservatrice, se non reazionaria, a quel che dice
il Papa. Se Francesco apre ai gay Galantino subito corre a chiudere la porta, se
invece dice che le tasse van pagate eccolo affannarsi a ribattere, da sofista, che
sì è giusto pagar le tasse ma che quelle sulle scuole dei preti sono ingiuste e
come tali sono da scavallare. Gli argomenti non mancano mai anche quando i
fatti o le leggi oltre che palesi son
cristalline. Recita l’articolo 33 della Costituzione italiana: «la repubblica
detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti
gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istitutivi
educazione senza oneri per lo Stato.» È semplice, non è da legulei, si potrebbe
quasi dire che è un testo a prova di prelato.
Quel che è certo è che
ora, dopo tanto predicar rivoluzionario, papa Francesco ha la concreta
possibilità di trasformare le parole in fatti e con la stessa innocenza candida
– a volerla considerare tale – con cui si rivolge ai disperati del mondo
affermare che sì, la Corte di Cassazione ha emesso una sentenza e che questa va
rispettata. Volesse poi aggiungere che ha anche qualche ragione sarebbe razionale
ancor prima che meritorio. Lo farà?
Il dubbio che si stia
assistendo alla solita rappresentazione, vecchiotta e un po’ scontata, del
poliziotto buono e di quello cattivo, soprattutto a sentir parare Galantino,
viene spesso. Che se così fosse sarebbe ben triste vedere che certi vezzi
italici sono stati esportati fin nel sud del mondo e che un Papa che viene da
quelle parti ce li abbia riportati indietro, come se quelli che si hanno qui
non siano più che sufficienti.