Più
che una sentenza quella di Firenze è il punto su cui si è sollevato il mondo. Fatto
increscioso scrivono i magistrati. E se fosse toccato alla figlia, sorella,
nipote di uno dei giudici sarebbe stato detto increscioso? Definire che i sei sono uomini
vien difficile. Cosa insegneranno ai loro figli?
Il sillogismo del titolo può
apparire paradossale ma non lo è. Anzi è certificato con tanto di bolli dalla
Corte d’Appello di Firenze. A pagina 21
del Corriere della Sera, sabato 18 luglio, dopo quattro paginate dedicate agli
scontri tra polizia, fascisti e popolazzo becero per via dei migranti che
nessuno vuole, tre alla questione della Grecia, due all’intercettazione
fantasma di Rosario Crocetta, quattro pagine di pubblicità ed altre sei
dedicate a frattaglie varie come governo, fisco ed esteri e sotto un pezzo su
come i Comuni assegnino appalti senza gara in un trafiletto di 15 righe e tre
parole si racconta dell’assoluzione in appello di sei accusati di stupro di
gruppo.
A prima vista si prova un po’ di fastidio per lo (apparente) scarso peso dato alla sentenza della Corte d’Appello di Firenze. Poi ci si pensa un pochetto e si arriva a convenire che le proporzioni ci stanno tutte. Le motivazioni (riportate dalla stampa) della assoluzione sono il punto, la leva su cui sollevare il mondo. Grande Archimede, che leggendo avrebbe pure aggiunto «Eureka!» nel senso di tutto chiaro. Se si assolvono sei che hanno abusato di una ragazza ubriaca come ci si può stupire di tutto il resto. Si tratta solo di logica conseguenza.
A prima vista si prova un po’ di fastidio per lo (apparente) scarso peso dato alla sentenza della Corte d’Appello di Firenze. Poi ci si pensa un pochetto e si arriva a convenire che le proporzioni ci stanno tutte. Le motivazioni (riportate dalla stampa) della assoluzione sono il punto, la leva su cui sollevare il mondo. Grande Archimede, che leggendo avrebbe pure aggiunto «Eureka!» nel senso di tutto chiaro. Se si assolvono sei che hanno abusato di una ragazza ubriaca come ci si può stupire di tutto il resto. Si tratta solo di logica conseguenza.
Per chi se lo fosse
perso il fatto in estrema sintesi: nel 2008, in quel di Firenze, Fortezza da
Basso dopo una festa una ragazza ubriaca finisce dentro un’auto dove, a turno, sei
(definirli uomini vien difficile) tra i 20 e i 25 anni ci si accoppiano. Per la
ragazza che all’epoca dei fatti aveva 23 anni è violenza di gruppo più crudamente
detto stupro. Scatta la denuncia e in
primo grado i sei vengono condannati a quattro anni e sei mesi. Come si
conviene si va in appello ed ecco il miracolo del sillogismo.
Nelle motivazioni della
sentenza, quattro paginette scarne, i giudici della Corte d’Appello di Firenze
scrivono che la vicenda è «incresciosa». E ci mancherebbe altro vien da dire
pure se l’aggettivo usato è magari un tantinello troppo timido, gentile ed educato.
Vien da chiedersi se sarebbe stato ugualmente usato se la vittima fosse stata figlia, sorella o nipote di uno dei giudicanti. Dunque fatto «increscioso, ma non
penalmente perseguibile» Che per farlo diventare tale, cioè penalmente
perseguibile, chissà che doveva succedere. Magari che anziché sei fossero
dodici o che l’auto fosse una spider, meno comoda, ci si immagina, per gli
accoppiamenti o che la ragazza fosse addormentata, legata o addirittura non ci fosse.
Il perché non penalmente
perseguibile discende dal fatto che la giovane donna «anche se non sobria era
presente a sé stessa.» Un po’ come quelli che son zoppi ma correnti, ciechi ma
guidanti, candidabili e votabili ma non eleggibili. Che ci vuole? Che ci sia
contraddizione in termini parrebbe evidente anche ad un bimbo delle elementari, non ancora guastato
dall’università: se non si è sobri non si può essere in sé e se non si è in sé soggettivamente
si casca in situazione di inferiorità oltre che fisica anche psicologica e
quindi già basterebbe questo per definire l’abusante colpevole. Tuttavia l’interpretazione
del diritto talvolta batte strade che sono eteree, fatte di sillogismi
metafisici. Come quando si libera un famoso perché il carcere lo deprime. Le
carceri sono piene di poveracci depressi che se li scarcerassero tutti a girare
per i corridoi di Rebibbia, San Vittore o dell’Ucciardone ci starebbero solo
gli agenti di polizia penitenziaria.
Se un Paese può
consentire e digerire simili sentenze come si può pensare che sappia poi
mettere ratio e magari organizzazione
e magari burocrazia intelligente e magari anche non corruzione nelle attività
di tutti i giorni. Che spiegheranno quei sei (che a definirli uomini vien sempre
più difficile) ai loro figli sui rapporti con le donne? Magari si porranno come
esempio e lo potranno fare con legittimità avendo ben stampato in fronte il
bollo della giustizia.
È oggettivamente disgustoso ma, perfettamente in linea con una giustizia che tollera che migliaia di individui subiscano la carcerazione preventiva - di per sé inconciliabile con la civiltà - in attesa che altri individui con orario 8 - 14 decidano del loro destino. Un certo Marco Pannella denunciava queste cose trent'anni fa.
RispondiEliminaMi veniva in mente leggendo qualche commento : sicuramente ci sono state critiche a questa sentenza,(per lo più intelligenti e puntuali come quelle di Castruccio) ma dire che vi siano stati clamori sarebbe esagerato. Mi chiedo "e se invece di assolvere 6 pisani per l'identica fattispecie fossero stati assolti 6 marocchini, a cosa avremmo assistito ? "
RispondiEliminaHo letto il tuo centrato intervento che condivido. La Giustizia langue, insieme alla politica del Parlamento. Questo costringe i cittadini di farsi giustizia da soli. Un amico, una amica, un padre una madre, un fratello, una sorella, uno zio chissà un nonno, se decidessero di farli fuori tutti e sei delinquenti prima violentando per poi appenderli agli alberi quale giustizia sommaria come un film di orror, l’ opinione pubblica che cosa direbbe? Chi ha armato le menti di questa strage? La Giustizia o la Politica?. Cioè, chi è stato il mandante della violenza su una donna di 23 anni?????
RispondiElimina