Si narra che “nel mondo che c’è” si trovi un antico regno, oramai ridotto a poca cosa come estensione territoriale ma ancora assai potente ed influente.
E’ un regno molto antico la cui nascita risale a migliaia e migliaia di anni fa. Pochi all’epoca della sua fondazione avrebbero scommesso sulla durata di Isache, questo è il nome del regno, che si presentò sul proscenio della storia con scarsissime ambizioni materiali e di fortissime nell’ambito dello spirito. Il regno si fondava su poche regole e tutte di grandissima nobiltà, una per tutte: “avete sentito che è stato detto di amare il tuo prossimo e odiare il tuo nemico. Ma io dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano.” Come scrive Temato (5:44), uno dei quattro estensori dei libri sacri su cui si fonda il regno di Isache.
Era quella, come tutte le altre che ne formavano il corpus ideologico, una regola assolutamente innovativa, anzi rivoluzionaria, per il tempo in cui veniva dichiarata. Così rivoluzionaria che il regno cominciò, quasi senza parere, ad attrarre genti da ogni dove e ad ingrandirsi fino ad annettere , ancora una volta senza parere, territori sempre più vasti senza dover condurre guerra alcuna. Ma con l’allargarsi della popolazione e della sfera di influenza i reggitori del regno, che erano eletti in modo democratico, ancorché da pochi, anche questa cosa assolutamente nuova per i canoni dell’epoca, cominciarono a coltivare l’idea che fosse necessaria una gerarchia e poi qualche ritocco nell’applicazione delle regole e poi un esercito e poi che le conquiste fino a quel momento fatte solo con le armi della critica dovessero finalmente fondarsi sulla critica delle armi.
Così il regno di Isache divenne uguale in tutto e per tutto agli altri regni suoi confinanti.
Anzi si applicò così tanto e così bene all’obiettivo di diventare un regno normale che mosse guerre sanguinose, saccheggiò, bruciò, torturò, deportò, confinò. Arrivò addirittura a negare le leggi più evidenti della pariteticità dell’uomo: se non si aderiva formalmente (che oramai di sostanza ne era rimasta assai poca) all’ideologia professata da Isache si era considerati esseri di livello inferiore. Quasi un gradino sotto l’uomo. Chi si rifaceva ai principi originari fu guardato con sospetto e combattuto con asprezza, anche fino alla morte.
Si diede spazio ed incoraggiamento alla costituzione di veri e propri corpi speciali come i “cani del signore” per combattere ogni forma di non conformismo. Furono negate le leggi delle scienze: le scoperte in ambito astrofisica anziché essere vanto di progresso divennero pericoloso esercizio.
Il regno di Isache fece lega con i più retrivi, cui forniva costantemente l’alibi dell’ideologia.. Arrivò a negare l’evidenza ed usò le segrete come strumento di cultura. E chi bruno scrisse de la causa fu torturato e poi bruciato come chi tentò di suonare la piccola campana della città del sole dopo immonde pressioni dovette fingersi pazzo per avere salvala vita.
Intere biblioteche vennero bruciate e saccheggiate ed anche i gatti, quelli neri, per un certo periodo passarono non pochi guai.
Fino a ieri il regno di Isache era retto da Gipi II che lo ha governato per molti decenni con decisione e mano ferma.
L’epoca di Gipi II finita pochi anni or sono, si può dividere in tre fasi. E qui si è quasi nella cronaca.
La prima fase, quando Gipi II era ancora giovane e pieno d’energia, è stata caratterizzata dal suo correre in lungo ed in largo per i territori in cui un tempo i suoi predecessori erano padroni assoluti. Il suo atteggiamento era duro, richiamava costantemente all’ordine e avva l’ambizione di presentarsi come il padre giusto ma severo. Più severo che giusto.
Determinato nell’indicare la strada, disposto a sorreggere i sudditi che voleva fedeli ed ubbidienti ma al tempo stesso pronto a punirli con veemenza.
La seconda fase, assai più breve della prima, sembrava essere di segno assai diverso. Forse sentendo prossima la fine il vecchio Gipi II cominciò a riconsiderare, con ambizione, tutta la storia del regno e con grande stupore dei più iniziò un altro giro per i territori non più per ammonire ma per chiedere perdono.
Chiese perdono a tutti coloro che il regno nelle sue diverse epoche aveva offeso e trattato con disprezzo, chiese perdono a chi a chi era stato segregato nei ghetti, chiese perdono a chi era stato condannato per aver pensato in modo, anche di poco, diverso.
Chiese perdono a chi fu rubata la terra, la tradizione, la cultura, la dignità.
Chiese perdono a tutti financo a chi aveva osato giocare con l’astrofisica anche se oramai era assolutamente assodato che avesse ragione.
Ma fece anche di più: decise di porsi sullo stesso livello di tutti gli altri e di non vantare primati. E si disse disponibile a discutere con tutti su tutto. Sembrava quasi un ritorno alle origini. Un lento ritorno chè i millenni non si cancellano a clpi di desideri e di pie intenzioni.
Poi la terza fase, questa non più fatta solo in prima persona ma anche di sponda, facendo muovere le truppe scelte, quei “cani del signore”, che tanto latrarono e azzannarono. Ed ecco che nel giro di poche settimane accadde ciò che poco prima sembrava impensabile.. E cadde la maschera.
In prima battuta fu nobilitato un suo predecessore tale Opi IX che si era caratterizzato per le sue posizioni retrive, la capacità di dividere e l’arroganza e la cattiveria con cui aveva trattato gli abitanti del ghetto. Poi uno tra i più prestigiosi fra i suoi “cani del signore” ribadì il principio che il regno di Isache era il perfetto, il solo, l’unico. E che fuori di quello non c’è altro se non il vuoto. Infine consentì che un altro dei suoi “cani del signore” ribadisse con protervia il concetto portandolo dalla teoria alla pratica: l’ospitalità deve essere concessa solo a coloro che dichiaratamente dicono di appartenere al regno. La diversità è negata. Gli altri, ancora una volta sono ad un gradino inferiore. Forse neppure uomini. Come peraltro era accaduto quando i “cani del signore” avevano accompagnato i conquistatori nelle nuove terre e quando avevano penosamente taciuto sulla barbarie che distribuiva stelle di vario colore e poi trasformava l’uomo in fumo.
E così il regno di Isache è tornato a mostrare il suo vero volto quello che per millenni ha mostrato. Arroganza, prevaricazione, protervia, intolleranza, violenza.
Forse questa volta i gatti, quelli neri, si salveranno. Ma non è detto.
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