Ciò che possiamo licenziare

martedì 29 giugno 2010

Che tristezza vedere l’elefantino ballare nel circo. Dedicato a Giuliano Ferrara.

Anni fa andai al circo con mia figlia e un gruppetto di compagne e compagni di classe. E sull’uso del termine compagna/o all’epoca dei fatti non si aprì nessun dibattito.
I bambini erano entusiasti del circo: divertiti dai clown, affascinati dai prestigiatori, esaltati dagli acrobati. Nell’intervallo tra il primo ed il secondo tempo fummo invitati a vedere gli animali feroci. Come dire di no? Versato l’obbligato obolo ci incamminammo dietro un uomo che indossava il costume da domatore. Vedemmo dromedari e orsi e leoni e tigri, con ruggiti di pragmatica. I bambini erano felici.
Andò tutto bene fino a quando girammo un angolo e allora apparvero i maestosi elefanti. Erano sei adulti ed un cucciolo.
La gioia dei bambini, dopo una prima occhiata, svanì di colpo. I giganti con le grandi orecchie erano incatenati gli uni agli altri per le zampe e dondolavano ora a destra e ora a sinistra con ritmo e tristezza. Che pena. I bimbi ne furono così colpiti che vollero tornare ai loro posti e lì aspettare l’inizio della seconda parte dello spettacolo. Questa non fu apprezzata come la prima. Anzi quando gli elefanti entrarono in pista e sotto lo schiocchiare della frusta si misero a fare i soliti esercizi i bimbi si incupirono di più. In quegli enormi animali oramai non c’era più nulla che ricordasse lo splendore e la dignità di un tempo.

Leggere su “il foglio” gli articoli dell’elefantino,procura lo stesso effetto di profonda tristezza. Della voglia di cambiamento, di innovazione e di libertà che un tempo animava il giovane elefantino che correva disordinatamente per Villa Giulia non v’è più memoria. Sì che la memoria è una se non addirittura la tipica caratteristica dell’elefante ma nel caso in questione ogni traccia è andata persa.

E, per la comodità dei quattro appassionati che ci seguono giusto qualche esempio di cosa dice e come pensa l’elefantino:

1. “lettore gonzo” è chi chiede libertà d’informazione (la legge antibavaglio è solo fuffa per lettori gonzi, 14 giugno 2010)

2. “resa senza condizione alla ossessiva campagna secolarista sulla pedofilia del clero” è la trasparenza nei fatti di pedofilia che coinvolgono ecclesiastici (Chiesa sventramenti in corso, 27 giugno 2010).

3. “non sapremmo niente di San Francesco se la chiesa fosse povera in canna” che è un modo indiretto e anche un po’ tortuoso da un lato di contraddire gli insegnamenti del vangelo (gli uccelli non seminano e non accumulano e Salomone mai ebbe vestito più bello di quello dei gigli di campo) e dall’altro di dare una mano e giustificare chi con i quattrini, destinati appunto a san Francesco, ha finanziato altre ambrosiane imprese e non solo (Per una chiesa ricca, 24 giugno 2010)

4. “chi alza la posta deve procurarsi i soldi per stare al tavolo da gioco” per dire che, in fondo i soldi servono e tra averli e non averli è meglio averli. Stupenda banalità, di per sé innocua se non si tien conto nè il da dove vengono e neppure il dove vanno (Craxi e i quattrini, 19 gennaio 2010)

5. “basta con sputtanopoli” la solita zuppa anti stampa che ci aiuta a pensare cosa può fare un elefantino in una cristalleria (Basta con puttanopoli …, 24 maggio 2010)

6. “pedofilo senza violenza” è la definizione di padre Murphy che semplicemente esercitando una coazione legata all’autorevolezza del suo ruolo …. e via giustificando fino all’irreale notte dell’Innominato (*) (La carne e padre Murphy, 26 marzo 2010)

E si potrebbe andare avanti. Purtroppo

Il fatto è che se l’elefantino fosse sempre stato così ce ne rammaricheremmo ma nulla più.
Invece il nostro all’età di soli 21 anni o giù di lì, non si sa per quali nascosti meriti personali, fu il responsabile fabbriche del PCI a Torino. Ovvero il responsabile delle sezioni del partito all’interno delle fabbriche della città del gianduia e dintorni. Fabbriche tipo FIAT, per intenderci.
Anno 1973, tempi duri e gente dura. Mica bruscoli.
E’ vero che a quell’incarico fu “mandato” da Roma, o caso, e non eletto o nominato dai locali. Ma tant’è. Un qualche santo da qualche parte doveva avercelo pure lui.
Poi nel 1983 con la scusa di un concerto non fatto, forse pensava non avrebbe trovato posto in tribuna, diventò socialista, impero Craxi. Anche qui fu diverse volte “mandato”. E dalla CIA (così dice lui) anche voluto, ricercato e (sempre dice lui) ben pagato.
Certo quello era il partito, come lo definì Rino Formica, di nani e ballerine, (ironiche anticipazioni della storia) e poco aveva a che vedere con quello uscito dalla resistenza di Nenni o Pertini, Lellio Basso o Lombardi o Brodolini, estensore dello statuto dei lavoratori.
E certo a questi sentirsi etichettare come conservatori o atei/laici devoti o agenti della CIA o sostenitori del centro destra certo non sarebbe piaciuto. Anzi, quando se ne fece una prova nel 1960, Genova tutta si sollevò. E non solo.
Il nostro elefantino invece se ne fa vanto.

Certo che due abiure di cotal fatta son tante anche se si porta il nome dell'imperatore detto l'apostata

Che tristezza elfantino, ballare così, da neofiti, senza più memoria
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(*) L’elefantino e la donna nuda con le mani in tasca - Il vicario imperiale 5 aprile 2010

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