Ciò che possiamo licenziare

martedì 30 novembre 2010

Le confessioni di Sandro il samaritano: cosa ho imparato da Lui

“La prima volta che il Presidente Berlusconi mi vide mi disse (e non gli avevo neanche baciato l’anello) Bondi, si vede che lei è una brava persona cosa ci fa in mezzo ai comunisti?
Già, che ci facevo io in mezzo ai rozzi comunisti? Che pure mi prendevano in giro e, causa la mia fede cattolica, mi chiamavano il ravanello. No, non per la forma della testa che un tantino ci assomiglia ma perché, dicevano che ero rosso di fuori e bianco di dentro. Non mi capivano.
Ecco dopo quelle parole, semplici,chiare e precise, come solo Lui sa dirle, rimasi fulminato e lo sono tutt’ora. Tutti, infatti, me lo dicono spesso ancora oggi: Sandro come sei fulminato!
Eravamo sulla via di Arcore. E così raccolte le mie poche e povere cose più moglie e figlio, sì perché non tutti lo sanno ma io ho una moglie ufficiale e anche un figlio ufficiale che si chiama Bondi, proprio come me, mi sono trasferito ad Arcore.

Lì nella grande villa noi occupavamo un piccolo e modesto appartamentino che era anche appartato, vicino alle scuderie. Anche il mio ufficio era modesto e anche un po’ spoglio.
In questa mia celletta passavo oltre 16 ore al giorno disbrigando la corrispondenza personale di Lui che si accatastava sul fratino che utilizzavo come scrittoio. Stavo seduto su una sedia modello savonarola che era molto, molto, molto scomoda ma questa bassa pena era solo il piccolissimo tributo che pagavo per stare vicino a Lui. Peraltro, detto tra noi, Savonarola in persona e non solo le sue sedie, mi è sempre stato antipatico. Anzi ho scritto un libretto (che poi era la mia tesi di laurea) agiografico su un suo avversario: il predicatore agostiniano Leonardo Valazzana, ignoto ai più ma famosissimo a Fivizzano. Il libro è uscito con un titolo originale: “Frate Leonardo Valanzana da Fivizzano” (paese noto per avermi dato i natali e dove ho fatto anche il sindaco. Da comunista) edito da Pacini Fazzi (collana Museo della stampa di Fivizzano. Che coincidenza.) e può essere tuo – caro lettore - al modico prezzo di euro 13, 84 pagine, normalmente disponibile per la spedizione entro 10 giorni se lo ordini via ibis.it.
Scusate il piccolo spot pubblicitario ma anche questo l’ho imparato da Lui.
Poi sono diventato deputato, per ben tre volte ma, non mi sono montato la testa. Sempre modesto ho seguito le Sue orme. Passo dopo passo.

Lui è buono? E anch’io voglio essere buono. Anzi mi sforzo di esserlo anche di più. Impresa impossibile: Lui è imbattibile.
Lui vuole il partito dell’amore? E io subito mi innamoro di Manuela Repetti. Che è già sposata e con un figlio giovinotto. Ma pazienza. Si può essere cattolici anche così. Guarda Casini, il Pierferdinando.
Lui divorzia da Veronica e anch’io divorzio dalla mia prima moglie.
Lui ha un caso umano (Ruby per chi non avesse memoria) e io ne ho ben due.
E poiché io tempo da perdere ne ho pochissimo, tra muri che crollano, film bulgari da sovvenzionare e poi premiare* e battagliare con Tremonti che mi toglierebbe anche l’aria se potesse e musei e teatri da chiudere i casi umani me li sono scelti vicini, a portata di mano. Ma che dico? Praticamente in casa. E quindi come il buon samaritano ho deciso di occuparmi del figlio universitario (e un tantinello fuori corso, ma si sa come sono fatti i ragazzi) della mia fidanzata. E se in questo slancio d’amore per l’umano genere ci piazzo anche l’oramai ex marito della suddetta?

Insomma solo uno votato al sacrificio come me avrebbe potuto farsi carico di tanta pena. Proprio come Lui che tutte le sere consola frotte di giovani fanciulle. Dicono, io non so. Non c'ero e se c'ero dormivo. Mica tutti possono come Lui.
Si, qualcuno ironizza che la mia storia sembra presa dal film di Monicelli “Amici miei” quando Gastone Moschin (architetto, guarda il caso) innamorato di una donna sposata è costretto dal marito a prendersi, come gadget aggiuntivi alla moglie, anche le tre figlie, la governante tedesca e il cane san bernardo. Bhé qui il cane non c’è! Almeno credo. E, dai, non guardatemi con quella faccia.”
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* Larvato riferimento al film premiato a Venezia senza neppure essere presentato: “Goodby mama” di Dragomira Michelle Bonev, si dice cara amica di Lui e di altri. Ma sono malignità.

domenica 28 novembre 2010

Caro D'Alema sarebbe un grave errore non capire che …



Con domenica 14 novembre il palmares dell'on.Massimo D'Alema,si è arricchito di un'altra sconfitta. La sua storia ne è costellata ma la sua ambizione è senza freni, sta lottando con le unghie e con i denti per togliere a Fausto Bertinotti, altro campione del genere, il titolo di politico più sconfitto d'Italia.
Del Piero supera Boniperti come numero di reti e D'Alema supera Bertinotti come numero di sconfitte politiche. A ognuno le sue perle.
Ogni volta che ci prova, e ahi noi ci prova sempre più spesso, ottiene il risultato: non ne azzecca una. E in più è anche antipatico. 

Passi che vada a Ballarò ad insultare giornalisti (son cose che non si debbono fare anche se il giornalista è Nosferatu-Sallusti, che d'altra parte, qualche ragione l'aveva), passi che con battuta di dubbio gusto definisca Brunetta "energumeno tascabile" (non capendo - ma è una sua costante - che la colpa di Brunetta non è di essere tascabile ma di essere ministro), passi che consideri Fini ed il suo movimento alternativo alla destra  (tutti, da Ronchi in avanti, hanno risposto che chi vagheggia un FLI lontano dalla destra o è un provocatore o è un cretino. A scelta. Libera.).
Tutto sommato si stava cimentando, per la gran parte, con cose che non conosce o con cui ha scarsa dimestichezza: tipo il bon ton, la sagace ironia e la lungimiranza politica.
Ma in casa sua, perbacco! Almeno lì qualche vaga idea, anche solo per sbaglio, dovrebbe albergare nello spazio sottostante la massa dei capelli.

In fondo a 6 anni "si interessava di tutto quanto sapesse di politica" (1),  a 9 era tra i "pionieri" (2) a 14 è entranto nella FGCI (che non è la Federazione Gioco Calcio Italiana, anche se deve averla scambiata per quella) e da allora, disastro dopo disastro, è sempre stato nel partito. Insomma di apprendistato ne ha fatto parecchio e con grande pertinacia continua a perdere. Non a caso ha chiamato la sua barca Ikarus, il più sprovveduto e un pò gonzo, tra i personaggi dei miti greci e come Ikarus continua a non capire dove si trova e con chi ha a che fare.

Da pochi giorni ha perso anche le primarie di Milano.
Non è nuovo a questo tipo di esperienza che sta allegramente reiterando da almeno un quinquennio: nel 2005 in Puglia si è opposto a Vendola e Nichi ha vinto, nel 2009 cambia campo di gioco e fa la sua partita a Firenze, contro Renzi. Matteo vince, Due su due sono un bel risultato. Ma Massimo può fare di più e quindi  nel 2010 riprova ancora contro Vendola e riperde.
Milano può essere un'altra partita, questa volta gioca in casa, nel regno dei miglioristi, è ben spalleggiato da Filippo Penati che ha appena perso la gara per la provincia e che subito è stato promosso a capo della segreteria di Bersani. E quindi Massimo&company chi ti vanno pescare per opporsi alla cara Letizia? Niente popò di meno che l'architetto Boeri, per intenderci quello della Maddalena, l'avvenieristico progetto impostato per il G8 che, a pochi mesi dalla costruzione, e dopo i tanti ritardi e i tantissimi extra budget già oggi sta andando alla malora. E dunque, stesso scenario, stessi personaggi, stesso risultato: D'Alema Massimo ko. Vince l'avvocato Pisapia, che non ha alcun apparato alle spalle ed è sostenuto, guarda caso, da Vendola e da tanti del PD. Come dire che i militanti non la pensano come il presidente. Non è un caso e neppure la prima volta. 
Quattro su quattro.

Adesso sta lanciando la santa alleanza con Casini e Fini: un ex comunista con un ex democristiano e un ex fascita. Tombola.
Una bella riedizione della giunta Milazzo (4), che peraltro non ebbe molto fortuna.
Ma a lui, D'Alema Massimo, la storia non ha mai avuto il tempo di insegnare gran che. Troppo impegnato a trescare (ricordate il patto della crostata? E la prima e la seconda caduta del governo Prodi?) e a perdere ogni opportunità per capire. E se si occupasse solo della sua fondazione? Almeno lì i danni sarebbero (si spera) limitati.
A questo punto, chiosando una delle sue frasi da maestrino con la penna rossa-e-blu,  vale la pena di dire: caro D'Alema Massimo sarebbe un grave errore non capire che la base del centro-sinistra deve essere il tuo interlocutore primario. E quindi quello che l'elettorato, iscritti al partito e simpatizzanti, sta dicendo da tempo e a chiarissime lettere: il punto non è cacciare Berlusconi ma cambiare un sistema politico-sociale di cui il nanetto è solo il pupo. La politica non la fanno gli uomini ma i blocchi sociali (o le classi come si diceva una volta) ricordi? Mai letto niente del genere? Così difficile da capire? E ricordati che quelli che adesso stai corteggiando sono gli stessi che negli ultimi 15 anni hanno attivamente sostenuto il Cav. Se ora cambiano idea un motivo ce lo avranno e certo non sono dei samaritani (che anche sul primo qualche dubbio c'é - 3). Non credere di strumentalizzarli. Sarà più facile siano loro a strumentalizzare te. 

Ma d'altra parte l'eterno sconfitto vive di luoghi comuni (5): ha i baffi, ha la barca e poi è intelligente, il più intelligente di tutti. Così intelligente che ha scoperto l'esistenza del cervelletto solo quando, in un ristorante, l'ha visto servire al suo vicino di tavola.



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(1) Giovanni Fasanella. D'Alema. Milano, Baldini & Castoldi, 1999
(2) I pionieri, associazione di emanazione comunista cui si iscrivevano i ragazzi e le ragazze fino a 16 anni) 
(3) Nati per crededere - Girotto Vallortigara - i riferimenti tra i libri consigliati. 
(4) Nell'ottobre del 1958 si formò in Sicilia la giunta capeggiata da Silvio Milazzo (eletto presidente della Regione Sicilia) in funzione anti dc. La giunta venne eletta con i voti di comunisti, socialisti, missini e monarchici e democristiani dissidenti. L'esperimento non fece tmolta strada, troppo eterogenei gli alleati, poco (troppo poco) chiari gli obiettivi, al di là della semplice messa in minoranza della dc. Quasi come adesso anche se qualche solone si alzerà a dire che non è la stessa cosa. 
(5) Roberto Benigni 8 dicembre 2007 – vedi filmato su youtube digitando "D'Alema Benigni"


sabato 13 novembre 2010

ESCLUSIVO. Intervista a Sergio Marchionne




“Pronto, buon giorno, qui è la segreteria del dottor Sergio Marchionne. Il dottore accetta l’intervista. L’appuntamento è ai cancelli di Mirafiori per le 6,00, ovviamente del mattino, di martedì 33 ottobre. Sia puntuale!”
Si avete letto bene, la segretaria ha detto chiaramente 33 di ottobre, perché il dottor Marchionne, è riuscito ad allungare la durata dei mesi. E ora sta lavorando per portare le ore del giorno a 26 e il numero dei mesi a 15. Febbraio che da sempre soffre di un complesso di inferiorità ora è tutto ringalluzzito perché di giorni ne può vantare ben 31. E questo tutti gli anni. Mica uno sì e quattro no. Ha anche rilasciato alla CNN dichiarazioni di profonda gratitudine per il suo liberatore.

Con qualche sforzo sono riuscito ad individuare il 33 di ottobre e per non correre rischi mi sono presentato all’appuntamento alle 5,30. Mezz'ora d’anticipo. Non si sa mai.
La nebbia avvolgeva Mirafiori. Marchionne era già lì. Il suo maglioncino era completamente imperlato da grosse gocce d’umidità che la fitta nebbia posava delicatamente su ogni dove. Anche sui suoi capelli, che sembravano più splendenti del solito. Ombre di operai silenziosi e imbacuccati per brevi attimi tagliavano, come fantasmi evocati dal Moloc, quella magica, impalpabile gelatinosa garza bianca.

Marchionne mi riconosce e mi viene incontro.
“Castruccio Castracani, I supose” dice e mi tende la mano.
Poi si guarda intorno e inspira con voluttà i mille odori che solo la nebbia è capace di produrre.
“Non sente il sapore della produttività? Qui tutto si produce di più, anche la nebbia, anche l’umidità. Guardi come sono grosse queste gocce.”
“Già, - ribatto – ma dottore neanche un impermeabilino?”
“Ma che impermeabilino d’Egitto. Qui non esistono i diminutivi. Solo superlativi, se vogliamo stare sul mercato della globalizzazione.. E poi io sono un metalmeccanico. Noi siamo gente dura”
“ Sì, ma quelli che ho visto passare…”
“ Quelli sono operai, mica metalmeccanici.” mi interrompe “ In Italia di veri metalmeccanici ce ne sono pochini: io, John, Lapo, che ha fatto sei mesi alla Piaggio, qualche Agnelli, mica tanti, la Emma, Guidalberto a Bologna, a Brescia i Montini, quelli del Papa e a Milano gli Albertini, ma non tutti. Ah, dimenticavo, c’è anche quel Landini. Tipo tosto, duro. Vero metalmeccanico, E anche gran spaccamaroni.”
“ Però il sindacato…”
“Ma che sindacato. Qui bisogna produrre, perdiamo troppo tempo.”
Arriviamo alla portineria Marchionne mi fa dare un pass e poi, quasi di corsa verso i tornelli. Marchionne estrae il suo tesserino lo infila nella fessura. Clack. E siamo dall’altra parte.

Nebbia e buio. Il cupo rimbombo della produttività sembra il respiro pesante di un gigante. Mi pare addirittura che, ad ogni respiro, tutti i capannoni si muovano con moto sussultorio. Immaginazione. “Stavo pensando – riattacca Marchionne - di riprendere l’idea di Carcarlo Pravettoni: due bombole sulla schiene di ogni operaio, da una esce una cannuccia che, a intervalli regolari, gli spara in bocca un complesso vitaminico, così risparmiamo il tempo della mensa e lui, a poco costo, fa una dieta salutistica.”
“Ma la pipì?” chiedo
“E bravo – fa lui – a cosa crede che serva la seconda bombola? Un bel cateterino (gli è scappato un diminutivo) e il gioco è fatto. Risparmiamo anche i minuti della pausa. Carcarlo Pravettoni è il mio mito. Un genio. Ho la collezione completa dei suoi interventi televisivi e tutte le sere, prima di coricarmi, ne guardo qualcuno per prendere ispirazione, per fare innovazione anche nelle relazioni sindacali. Mi capisce?”
“Beh, ci provo. Ma non le sembra esagerato.”
“No. Io sono un metalmeccanico!”
La nebbia sta lentamente diradandosi. Mi invita a salire su una Panda di servizio, è senza i finestrini e i sedili sono duri.
“Bisogna essere spartani. Come i metalmeccanici. Mi spiego?”
Eccome no, penso, mentre parte a razzo. Raggiungiamo la fonderia. Caldo tremendo. Il puloverino prima bagnato dall’umidità della nebbia ora si intride di sudore. Anche per lui la vita è dura.
“Cos’è per lei il liberismo” chiedo
“ Il liberismo? Ah già. Il liberismo … il liberismo … ah sì, il liberismo (o liberalismo economico) è una teoria economica, filosofica e politica che prevede la libera iniziativa e il libero commercio (abolizione dei dazi) mentre l'intervento dello Stato nell’economia si limita al massimo alla costruzione di adeguate infrastrutture (strade, ferrovie ecc.) che possano favorire il commercio.”
“Ma dottore questa è la definizione di wikipedia!”
“Embè. Io sono un metalmeccanico mica uno di quegli intellettuali da salotto. Che si crede…”
“Si però gli aiuti dello Stato”
“Intanto sono aiutini, quasi come quelli di Gerry Scotti.in TV. E poi che significa. Tra il dire e il fare…”
“Sì però ….”
“Guardi l’idea degli aiutini non è nuova. La prima di cui si sa ce la racconta Carlo M. Cipolla*, e risale al 1230”
“Al 1230?!?”
“Oh yes, Nel 1230, a Bologna. Mi sono documentato, cosa crede. Io sono un metalmeccanico. Mica bruscoli.”
“E che successe a Bologna?”
“ Il Comune offriva a ogni artigiano che si fosse trasferito a Bologna e vi avesse impiantato una impresa, niente-po-po-di-meno che: un tiratoio, due telai, un mutuo di lire 50 per cinque anni, senza carico di interessi e poi esenzioni fiscali per 15 anni e, last but not least, la cittadinanza bolognese.”
“Accidenti – stupisco – ma neanche la Serbia…”
“Eh, già. Io l’avevo detto ai politici, giù a Roma: leggete Cipolla ma loro niente. Gli ho portato anche delle fotocopie. Un fiasco. Allora ho scannerizzato la pagina e l’ho mandata con una mail a Barac e lui, trac, in un minuto mi ha dato la Chrysler. Poi l’ho detto anche ai Serbi. Anche loro sulle prime resistevano poi, con la politica delle fotocopie li ho convinti. Sapesse che fatica.”
“ Ma lei non è un liberista?”
“Io, liberista? Mica sono scemo.”
“Ma, come? – azzardo
“Il liberismo è una cosa che va bene per gli altri. Per i concorrenti o come arma di ricatto per i governi o quando si vuole licenziare.”
“ Ma…”
“Guardi, Carcarlo Pravettoni su questo punto, cassetta video numero 473, opera omnia, è stato chiarissimo. Il liberismo è mangime per i polli. Mica per i metalmeccanici.”
Finalmente il sole. Da Mirafiori si vedono le montagne e il sole le inonda di luce. Il maglioncino si sta rapidamente asciugando. C’è qualche chiazza qua e là, ma pazienza.
“Che spettacolo” dico
“Sì, sembra il sol dell’avvenire” chiosa con tono melanconico Marchionne. Lo guardo ha gli occhi umidi. Ho un’illuminazione e dico:
“Il sol dell’avvenire? Marchionne, ma lei è socialdemocratico?”
“Si. Un po’. Saragattiano**.Ma non ditelo agli Agnelli.”




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* Storia economica dell’Europa pre-industriale – Carlo M. Cipolla –il Mulino pag.107. L’operazione fu ripetuta diverse volte, costò al Comune 9.000 lire bolognesi dell’epoca e portò a Bologna più 200 artigiani (tra questi pare ci siano stati 2 Marchionne) e i loro familiari

** Saragattiani, così erano detti i sostenitori di Giuseppe Saragat, leader, nel secondo dopo guerra dello psdi, partito socialdemocratico italiano.

lunedì 1 novembre 2010

L’Umberto il fratello maggiore del Silvio. Sul caso Ruby



In verità dal punto di vista anagrafico Silvio (il Berlusconi) è di 5 anni più vecchio di Umberto (il Bossi*), il primo ha 74 anni ed il secondo solo 69. Tuttavia, oggi come oggi, quello che sembra un ragazzino è senz’altro il Silvio: ne combina più di Bertoldo e se ne esce con battute che dimostrano come si possa sconfiggere l’anagrafe con la sola forza dello spirito. Aiuto del bisturi, della chimica, delle pillolette e dei trapianti a parte.
L’ultima battuta dello scavezzacollo è stata: “mi piace la vita e mi piacciono le donne”. In questa c’è la dimostrazione della sua sconfinata giovinezza. E anche di tutta l’ingenuità di un ragazzino, di un adolescente che immagina d’innanzi a sé una vita eterna piena di luci e di colori.
A chi non piace la vita (uomini e donne) e a chi non piacciono le donne (prevalentemente uomini)?
Come alla gran parte di noi maschietti anche all’Umberto piacciono le donne. Corna a parte, per rispetto alle mogli ed alle fidanzate. Le apprezziamo** filosoficamente parlando, ci mancherebbe. In fondo anche l’Umberto ha avuto modo di dirlo molto chiaramente e a modo suo quando si lanciò in affermazioni di uguale vitalità, magari di tono un po’ meno signorile e un po’ più ruspante. Ricordate l’epoca del ce-lo-durismo?
Però con il passare del tempo l’Umberto, oltre a cambiare pettinatura, quando tuonava sul ce-lo-durismo la zazzera gli scendeva sugli occhi e gli faceva la fronte bassa-bassa, è diventato meno impulsivo, meno barricadiero, salvo qualche scivolata qua e là, ma si sa anche lui è un ragazzo.

E così l’Umberto si sta ritagliando addosso la figura del fratello maggiore. Sempre più spesso si sentono e si leggono sue affermazioni del tipo” ho detto a Berlusconi che non bisogna andare a votare” oppure “ho suggerito a Silvio che deve fare la pace con Fini”, “ho spiegato a Silvio che Tremonti ha ragione”*** Frasi da fratello maggiore appunto che denotano saggezza e senso di responsabilità.
Anche nell’ultima vicenda del Silvietto, quella di Ruby per intenderci (che magari mentre stiamo scrivendo ne salta fuori un’altra) l’Umberto ha avuto parole da fratello maggiore: "doveva essere un po' più furbo, quella telefonata poteva farla fare ad un altro"..."chiamava me, chiamava Maroni... È meglio non farla quella scelta lì". ****
Eh sì, che sciocchezze da adolescente.
Quando combinano dei guai i ragazzini, soprattutto quelli che vivono in una sconfinata giovinezza, devono rivolgersi ai grandi. Non devono fare da soli, che così combinano solo casini. Ecco, se il Silvietto avesse chiamato l’Umberto o alla peggio il Bobo Maroni, che peraltro fa anche il ministro dell’interno, la questione Ruby non sarebbe stata un caso. E poi se se ne fossero intressati loro, l’Umberto e il Bobo (che a chiamarli così sembrano due personaggi dei cartoni di Hanna e Barbera), mai saremmo stati in imbarazzo con L’Egitto e il Presidente Mubarak.
Infatti il Bobo e l’Umberto dotati come sono di fantasia pur di togliere dagli impicci il fratellino minore ne avrebbero inventate di divertenti e così Ruby sarebbe stata presentata ai ragazzi della Questura di Milano come la figlia dai capelli neri di Joerg Heider***** oppure la zia di Angela Merkel o magari la nonna di Geert Wilders ******. Che diavolo due come loro mica si spendono per i parenti di un’extracomunitario!

Forse però il Silvietto ha preferito agire in proprio perché sa bene che poi i fratelli maggiori chiedono sempre qualcosa in cambio per l’aiuto fornito. Non foss’altro che le sigarette.



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* Metto gli articoli davanti a nomi e cognomi all’uso del nord per farmi capire anche dagli abitanti di quelle plaghe. Mi auguro che gli alti italiani perdoneranno questo vezzo federalista.
** E’ inteso che lo stesso argomentare va applicato, a parti capovolte, anche alle Signore.
*** Frasi liberamente riassunte da dichiarazioni dell’on. Bossi Umberto
**** TG la 7 del 1 novembre ore 13,30
***** Xenofobo austriaco (1950-2008) fondatore del partito Alleanza per il Futuro
****** Xenofobo olandese fondatore del partito PVV

sabato 9 ottobre 2010

Il volto umano, la manfrina e la guerra

Nicola Porro, durante una puntata di “in onda”*, disse che le televisioni lo invitavano e lo invitano perché è il volto umano de il Giornale. E dal punto di vista estetico il ragionamento non fa una grinza: Nicola è belloccio, sia di viso, con barba di una settimana, sia di fisico, per quello che si può vedere in televisione.  Inoltre veste bene ed è spigliato nell’eloquio e soprattutto usa i congiuntivi. E, a causa dei congiuntivi, abbiamo avuto un quarto d’ora di simpatia per lui. Nulla a che vedere con Alessandro Sallusti che assomiglia sempre più a Nosferatu (speriamo che Nosferatu non se ne abbia a male) e i cui vestiti, anche se indossa un Brioni o un Isaia, sembra sempre che siano frutto di una raccolta Caritas o che, come nella migliore tradizione del giornalismo d’inchiesta ci abbia dormito dentro. E nulla a che vedere anche con Vittorio Feltri, cui siamo tanto affezionati**, che ha sempre l’aria di essere il maggiordomo assassino pur senza averne il tatto e neppure l’educato linguaggio, poiché anche quando ti dice “passami il salino” sembra che ti insulti.. Ma le differenze tra gli ultimi due e il primo finiscono qui. Per il resto uguali in tutto. E sì, perché non si diventa vicedirettore de il Giornale, a soli quarant’anni, se non si è funzionali (e questa è la qualità tipica degli Starace) o se non si hanno affinità elettive con la dirigenza e magari anche con la proprietà. Tra le due, visto il tipo, senz’altro la prima è da scartare restano quindi le affinità che peraltro si sono abbondantemente dispiegate in quelle telefonate di “cazzeggio” (così Feltri Vittorio le ha definite***) fatte a più riprese all’amico Arpisella. In queste si è abbandonato il forbito uso dei congiuntivi per dedicarsi alle minacce e al turpiloquio. Forse più congeniale. Chè, si sa, tra uomini è noto scherzare dicendo dello sfondamento di parti anatomiche e facezie similari. Se questo è il volto umano, per favore, rendeteci quello cattivo. Vedendolo dritto e chiaro ci sentiamo più a nostro agio.
Mentre siamo stati un po’ a disagio nel leggere l’intervista che la Signora Marcegaglia ha rilasciato al Corriere della Sera**** dove si assiste, in originale, ad una manfrina parabuonista. Sembra di leggere Veltroni.
Infatti la Signora dice tutto ed il suo contrario. E, quindi, senza scomodare alchimie o letture in filigrana riproponiamo, alla lettera brani dell’intervista. Andiamo con ordine nelle dichiarazioni:
1) nessun “dossier”, nessun gossip, nessuna indiscrezione o minaccia può provocare come effetto che io modifichi, attenui o aggravi il mio giudizio sulla congiuntura, sul governo, sull’opposizione…..
2) quando dico delle cose io peso le parole. Sarà il magistrato a valutare.

3) Io non sono andata spontaneamente dal pm; sono stata chiamata come persona informata dei fatti
4)(perché non si è rivolta di sua iniziativa alla magistratura? Chiede il giornalista) Perché non mi sembrava una questione di tale gravità da avere rilievo penale. E spero sinceramente che la magistratura possa giungere alla stessa conclusione (Nota di Castruccio: ma allora è vero che scherzavano! Comunque prima di esprivere giudizi aspettate a leggere le prossime risposte, a partire dalla 5.)
5) Io non voglio polemizzare con il Giornale. Mi limito a ricordare che viviamo un momento molto delicato
6) Non ho nulla contro Feltri. Lo considero un grande giornalista, uno dei migliori d’Italia. Lo apprezzerei ancora di più se usasse un linguaggio diverso
7) Penso che sul gruppo Marcegaglia si possa e si debba scrivere quel che è necessario. (Nota di Castruccio: necessario?!? Non quello che è giusto?)
8)(non ha timori? Chiede il giornalista) No. Ci sono delle indagini in corso. Ho piena fiducia nella magistratura.
9) La nostra forza (la Confindustria) è la nostra assoluta indipendenza di giudizio. Non posso, per paura di un articolo o di una campagna giornalistica cambiare idea sulle misure per risollevare il paese dalla crisi, e sulla necessità di occuparci di economia anziché di cognati, amanti, case a Montecarlo
10) E’ il comune sentire degli imprenditori Italiani. Ma non è una critica al Giornale
11) Berlusconi…Mi pare che in questa vicenda lui non c’entri assolutamente nulla. (Nota di Castruccio: “ mi pare” esprime incertezza “assolutamente nulla” esprime certezza massima. Per essere una che pesa le parole sembra un po’ lasca)
12) (ne è sicura? Incalza il giornalista) Magari mi sbaglio. (Nota di Castruccio: mica male come precisione!)
13) (con quale idea esce dalla vicenda:::?) Bè a dire quello che si pensa,il rischio di essere maltrattati c’è.
14 (non tutti possono rivolgersi a Confalonieri…) E’ vero. Detto questo mi pento di averlo fatto. Il tono della telefonata ricevuta dal mio capo ufficio mi aveva infastidito e allarmata. (Nota di Castruccio: allarmata?. Ma come? Vedi tutte le risposte precedenti)


Infine la guerra: il telegiornale di la 7 delle 13,30 dice che questa sia la parola che si sta usando in Via della Astronomia. Il Berlusconi Silvio agli industriali, specialmente quelli grandi, non è mai piaciuto molto. Lo accusano di “non saper stare a tavola” e forse è venuto il momento in cui gli vogliono presentare il conto prima di allontanarlo dal desco. In fondo lui non è un industriale vero.
E poi, come direbbe Monsignor Fisichella, se c’è di mezzo Berlusconi è questione di contesto

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* trasmissione de la 7, che viene trasmessa in diretta durante la fine settimana dopo il tg
** vedi su il vicario imperiale: Finalmente sono d’accprdo con Feltri, 10 marzo; A Vittorio Feltri la massima solidarietà 7 maggio; Vittorio l’illuminante 8 agosto;
*** “Le invasioni barbariche”del 8 ottobre 2010
**** Corsera 9 ottobre, intervista di Aldo Cazzullo

giovedì 30 settembre 2010

Come sono bizzarri i Britanni


Che i Britanni siano un popolo bizzarro lo scrisse già Giulio Cesare nel De Bello Gallico quando stupiva perché “i Britanni non usano seminare grano ma vivono di carne e di latte e usano vestirsi di pelli ….e tingersi le carni con un’erba detta glasso che ne fa il colore quasi scuro”*
E anche in tempi recenti certo i Britanni non si sono risparmiati altre bizzarrie come la guida a sinistra o pensare che quando c’è nebbia sul canale il continente sia isolato. In più hanno dato vita a band come gli Animals, i Beatles e i Rolling Stones (tra gli altri) senza considerare la minigonna, e la mini Cooper. E tanto per non farsi mancare nulla sono anche monarchici e il loro Primo Ministro (Labour o Tory) tutte le settimane va a trovare la Regina e con una tazza di the in mano riferisce sull’andamento del governo e del Paese.  Bizzarri vero?
Mica come da noi dove si urla in testa al Presidente della Repubblica e gli si ricorda che non è stato eletto da popolo.. Da noi sì che si sa come fare.
Però sabato 25 settembre alle 18,53 GMT (che sta per Greenwich Mean Time, tanto per non perdere l’allenamento) alla fine del congresso del Labour Party hanno voluto strafare.
Come noto ha vinto Ed Miliband che ha fatto un discorso** che alle nostre orecchie suona più che bizzarro, più che strano, quasi incomprensibile: ha fatto un discorso politico.
Ha elogiato i suoi fellow candidates , che è come dire i suoi amici co-candidati, non li ha definiti competitors. Li ha citati uno per uno (David, Ed, Diana and Andy) indicandone per ciascuno le doti e le capacità, poi ha aggiunto che con loro costruirà il nuovo gruppo dirigente del nuovo partito. Quindi ha reso omaggio ai predecessori Gordon Brown e Tony Blair ricordandone i meriti ma anche che “noi abbiamo perso le elezioni e noi le abbiamo perse malamente.” Sì avete letto bene, non ha detto “loro hanno perso” ma ha detto “noi abbiamo perso”. Che bizzarria.  
Poi, continuando con il noi e quindi facendosi carico anche della storia precedente, ha aggiunto “Io so che abbiamo perso la fiducia ed il contatto con gli elettori, so che abbiamo bisogno di cambiare.” Il tasso di bizzaria cresce in maniera esponenziale. D’altra parte bisogna comprenderli e anche un po’ compatirli: la perfida Albione non è abituata ad avere dei Cicchitto o dei Brunetta. Loro, i Britanni, sono spartani non sono avvezzi a certi lussi.
Quindi Ed - tra noi bizzarri dadaisti ci si chiama per nome - non è andato per farfalle ma ha affrontato direttamente tutti i temi, inclusi quelli del deficit e dei pregiudizi sulla migrazione e della guerra in Iraq e della insicurezza per il futuro e dell’ambiente e della iniqua ripartizione della ricchezza. Ha riconosciuto che non sarà facile. Bizzarro che un leader non ostenti quell’ottimismo di dozzina, come direbbe Giuseppe Giusti*** , che dalle nostre parti si esibisce  si spande a piene mani.  
Ed (nel senso di Miliband) ha chiuso dicendo che vuole riportare il labour al governo e che il governo deve contrastare (must tackle) le iniquità esistenti nel Paese.
Ora ve lo immaginate voi un D’Alema che vince (e già qui vi sto chiedendo un grande sforzo di immaginazione, forse magari solo al Bingo), ve lo immaginate, dicevo, un D’Alema che vince un congresso e si rivolge ai battuti senza ghignare sardonico sotto quei baffetti che, più che baffi, sembrano frenate di bicicletta? E ve lo immaginate poi, che dica qualcosa non di sinistra – che come insegna il filosofo Massimo Cacciari **** non vale più ragionare secondo queste categorie -  ma di chiaro e definito senso?  Magari senza che si lanci in astrusi discorsi inanelanti in un unico calderone ceti medi (talvolta detti anche produttivi)-globalizzazione-convergenze-al-centro-poteri forti-popolo-delle-partite-iva-liberalizzazioni-riforme-massoneria-servizi-immigrazione-ecc-ecc.
Eh, lo so. Fate fatica. Ma d’altra parte noi non abbiamo l’animo predisposto alle bizzarrie. Non siamo Britanni. 


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* Giulio Cesare De Bello Gallico, libro V   
** su Youtune.com digitare Ed Miliband speech
*** Sant’Ambrogio di Giuseppe Giusti (1809-1850)
**** Otto-e-mezzo – la7 – lunedì  27 settembre 2010.

domenica 26 settembre 2010

Cosentino, i panini ed il barbiere. Perchè meravigliarsi?

Con l’8 di settembre – certo bisogna non scaramantici per scegliere una simile data – s’è riaperto il Parlamento Italiano. I 630 deputati e i 315 senatori sono ritornati sui banchi, così come ha fatto, quasi in contemporanea, qualche milione di studenti.

Certo i nostri rappresentanti avranno goduto, come succede agli studenti, della gioia di rivedere i compagni di banco e, come gli studenti, avranno raccontato delle loro vacanze lamentando che:

                                                               L'estate sta finendo
                                                               e un anno se ne va
                                                               sto diventando grande
                                                               lo sai che non mi va.
                                                               In spiaggia di ombrelloni
                                                               non ce ne sono più
                                                               è il solito rituale
                                                               ecc. ecc…….*
E naturalmente entrambe le categorie si saranno augurate di iniziare questo nuovo anno di lavoro in modo soft. Fidando gli uni sul fatto che i professori, in fondo in fondo, sono esser umani e quindi anche per loro il ritorno potesse essere un po’ traumatico e gli altri che il Presidente della Camera di politica, o pretesa tale, ne avesse già avuta abbastanza durante le vacanze.
E infatti le prime due settimane sono filate lisce. O quasi.

Poi il 22 settembre s’è presentato il caso dell’on. Cosentino. Certo non una bagatella: era in gioco la possibilità da parte della magistratura di utilizzare delle intercettazioni telefoniche in un bel (si fa per dire) caso di camorra. Come noto l’autorizzazione viene negata.
In realtà il risultato sembra sorprendere anche la maggioranza, infatti il commentatore di una televisione** fa notare come l’applauso sia partito timidamente e sia cresciuto minuto dopo minuto fino a sfociare in un (quasi) boato liberatorio. Dettaglio: la maggioranza, che ha richiesto il voto segreto, s’è trovata a conteggiare anche voti che, in senso stretto, non le competevano. Ovvero qualcuno di questa sgangherata opposizione a questo ancor più sgangherato governo ha votato contro l’autorizzazione a procedere. Scandalo.
Per un paio di giorni, ma solo un paio, suoi giornali ci si è lungamente interrogati su chi potessero essere i franchi tiratori e come sia potuta verificarsi una simile situazione.
Personalmente la cosa non mi ha stupito più di tanto.

Già il giorno prima s’era palesato un chiaro e pericoloso indicatore.
Infatti il 21 settembre era all’ordine del giorno l’approvazione del bilancio della Camera.
Bilancio di tutto rispetto dato che sfiora il miliardozzo di euro, più 1,3% rispetto a quello dell’anno 2009.
Durante il dibattito sono state messe in votazione delle proposte bizzarre tipo: portare il costo dei panini e delle bibite a livello di mercato, ovvero a quanto chi non bivacca a Montecitorio paga normalmente nei bar del Bel Paese***. O, follie delle follie, “la cessazione di ogni agevolazione per i deputati cessati dal mandato parlamentare per gli spostamenti aerei, autostradali, ferroviari, marittimi e ogni altro spostamento nazionale o internazionale”. Bocciatura solenne. Oppure, altra stravaganza, di abolire il servizio di barberia. Il relatore**** di questo emendamento si è rivolto con tono accorato all’aula dicendo: “abbiate coraggio colleghi, abolite questo privilegio”, neanche fosse Garrone *****. L’aula, anche questa volta, ha dimostrato di non avere coraggio anzi, in un processo di antropomorfizzazione, ce la immaginiamo come De Amicis descrive il cattivo del suo libro : “e Franti, l’infame, sorrise”.

In definitiva chi ha avuto la ventura di posare le proprie natiche su quegli scranni, a prescindere dalla durata della seduta, talvolta addirittura più breve di quelle fisiologiche, ha ottenuto privilegi a vita. Per cui se ragionassimo secondo il principio di causa-effetto, come suggerisce il monaco buddista Nichiren Daishonin******, dovremmo arguire che la causa sono i panini ed il barbiere e l’effetto è il caso Cosentino. Semplice no?
Il buffo è che l’opposizione, PD tanto per non far nomi, non sa neppure utilizzare in modo strumentale (o se si preferisce demagogico) la situazione per guadagnare qualche consenso. No, compatti con i berluscones e gli amici del trota nel difendere privilegi da pezzenti. D’animo.
Salvo poi leggere*******, il giorno dopo la battaglia del panino, che l’on Piero Fassino - che tra i suoi meriti palpabili annovera anche quello di aver iscritto Alba Parietti al PCI – ha tuonato contro il governo che non si impegna a sufficienza nella lotta contro la povertà.

Evidentemente la generosità è bellissima addirittura fantastica quando la si fa con i soldi degli altri e non tocca le proprie (loro) tasche. O la propria (loro) barba.

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* “L’estate sta finendo” grande successo del duo I Righeira, anno 1985. testi e musica di La Bionda, Righi, Rota
** TG7 del 22 settembre edizione delle ore 20,00
*** Proposta presentata da deputati dell’Italia dei valori
**** Proposta presentata da Stefano Stefani, Lega Nord, Il Tempo 22 settembre 2010.
***** Garrone è il buono per eccellenza del libro Cuore di Edmondo De Amicis.
****** Nichirem Daishonin monaco buddista, 16 febbraio 1222- 13 ottobre 1282, affermò che l’essenza del buddismo è contenuta nella frase “Nam-myoho-renge-kyo”. Myoho-renge-kyo è il titolo del Sutra del Loto nella sua versione cinese, 406 a.C.
******* L’Unità del 22 settembre 2010 – Piero Fassino: con questa destra l’Italia è sparita dalla

venerdì 17 settembre 2010

Libera Chiesa in Libero Stato. E se facessimo il contrario?

La vita di ghibellino nel Bel Paese è veramente dura. Molto dura.

Già ai miei tempi, ancor prima che l’imperatore Federico I d’Asburgo mi affidasse l’incarico di Vicario Imperiale* ,  non era facile: congiure, veleni, pugnali e poi imboscate e tradimenti. La pelle era sempre a rischio, ma almeno il nemico l’avevi davanti. Insomma era difficile, ma ci poteva stare. 
In più la chiesa per piegarci ci mobilitava contro tutte le donne  e donnette del circondario. Comprese quelle di casa. Queste poi avevano anche solidi argomenti domestici per cercare di ridurci alla ragione, e quindi lunghi e obbligati digiuni. Di ogni tipo. Insomma era un vero disastro. 
Ma adesso vedo che è anche peggio: questa storia del peschereccio di Mazara e il 140° anniversario della.  Breccia di Porta Pia** ci stanno mettendo in seria difficoltà.  
La laicità (altro che laicismo) è veramente in pericolo
Passi che un cardinale venga alla commemorazione della breccia di Roma ma che il Papa si metta in testa il cappello piumato dei bersaglieri (che non gli stava neanche male, a lui teutonico) questo vuol dire giocare con carte truccate.  L’intervento poi di Mons. Mogavero*** è stato come fare scopa col sette bello e contemporaneamente chiudere la primiera.
Già questi della Chiesa son bravi di loro - che duemila anni di esperienza e di training continuo sul campo, altro che la conoscenza del territorio di quelli della Lega, non sono passati invano - se poi si trovano di fronte degli apprendisti stregoni, pure un poco sgarrupati, il gioco è fatto.
Così mentre il ministro degli interni on. Maroni tirava fuori maronate del tipo “è stato un incidente grave ma, pur sempre un incidente” o “immagino che abbiano scambiato il peschereccio per una nave di clandestini”**** Con questo dimostrando che se uno è amico del papà del trota c’è il suo perché.
Monsignore, che di nome fa Domenico, con la grazie e la soavità che ha appreso in seminario, lì si che studiano, ha potuto ribattere che “le scuse sono buone, ma se ci fosse stato il morto, le scuse non l’avrebbero resuscitato.” Frase che , detto tra noi, suona anche un po’ blasfema per chi predica(va) di vita eterna, del fatto che siam su questa terra solo per soffrire e della beltà del paradiso. E’ un cambiamento non da poco, di cui bisogna tener conto. E poi ha aggiunto: “questa esasperata caccia all’emigrato non giova a rasserenare gli animi e a risolvere la questione nella maniera più umana possibile”*****
E fin qui è stata normale amministrazione il colpo da maestro è nelle frasi che suonano a contraltare con quanto ha detto il ministro (ombra) degli esteri on. Frattini che, con quell’aria da bimbo appena uscito dal bagnetto, sarebbe il testimonial ideale per una marca di borotalco,  questa volta non ha centrato il vasino. Ha infatti immediatamente dichiarato che lo spazio in cui è avvenuto l’incidente è considerato dalla Libia come proprio mare territoriale. La qual affermazione ha permesso al Vittorio, inteso come Feltri, che non se na fa scappare una, di titolare “Libia Frattini: sapevano di pescare illegalmente”****.
Aver pattinato per anni lungo i corridoi del vaticano e aver appreso l’arte del giocare a rimpiattino tra le colonne di san Pietro ha permesso al Monsignore di ridicolizzare (anche senza volerlo, o forse lo voleva) il paffuto evacuatore di sciocchezze dicendo: “Gheddafi, con atto unilaterale, ha allargato  il limite delle acque territoriali fino a 72 miglia marine, contro le 12 previste dal diritto internazionale”, aggiungendo “si vede l’assenza di un’azione politica nazionale e internazionale che affronti finalmente la questione nelle dovute sedi “ per finire con un “non esistono nodi inestricabili, ci vuole la pazienza di una trattativa diplomatica che, per quanto lunga, può di certo approdare a risultati positivi.”*****  E nel suo team sanno cosa significhi avere pazienza e come tessere la tela del tempo: talvolta a maglie larghe e talaltra a maglie strette.
Per non dire del tocco su “un comparto che occupa parecchie migliaia di persone, compresi molti emigrati”.
Questa è classe. Vera classe.
Frattini stizzito ha risposto che Monsignor Mogaveno non è la CEI. Vero, verissimo. Ma ne è un membro autorevole. Molto autorevole. Tanto che Monsignore non ha replicato.
Ora, sic stantibus rebus, abbiamo di fronte due alternative: o mandiamo il nostro personale (sé-dicente) politico a fare un master in Vaticano (ammesso che i papisti siano disposti a dare lezioni a simili ….- scegliete voi la definizione) o più semplicemente cerchiamo di farci annettere.
Dovremo cambiare qualche libro di testo e qualche slogan per esempio che ne dite di. “Libero Stato in libera Chiesa.” A ripeterlo ci si fa l’orecchio. Come sempre.
Avremo almeno politici capaci.
Io però rimango ghibellino.

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* Nell’anno 1320. Tale incarico fu riconfermato da Ludovico il Bavaro nel 1324
** 20 settembre 1870
*** nasce a Castelbuono il 31 marzo del 1947,  è ordinato sacerdote il 12 luglio 1970, nella Arcidiocesi di Palermo, attività pastorale varia ma sempre con un occhio ai t3sti di diritto e poi il 1 maggio 2001 viene nominato sotto-segretario della CEI.  
**** Il giornale del 14 settembre 2010.
***** intervista alla radio vaticana del 14 settembre 2010

mercoledì 15 settembre 2010

Domenica è sempre domenica

                                              Domenica è sempre domenica,                                              
                                              si sveglia la città con le campane.
                                              Al primo din-don del Gianicolo
                                             Sant'Angelo risponde din-don-dan.

Così cantava Renato Rascel* alle soglie del boom economico, anno 1957, sue parole e musica (tra i primi cantautori, che allora non si chiamavano ancora così) questa brevissima canzone, nella sua interezza non più di quattro strofe di cui ci si ricorda in qualche modo solo la prima e, unicamente i più dotati di memoria, anche la seconda. Che fa così:
                                              Domenica è sempre domenica
                                              e ognuno appena si risveglierà
                                              felice sarà e spenderà
                                              sti quattro soldi de felicità.

All'epoca c’era motivo di svegliarsi così: il tasso di incremento del reddito veleggiava, annualmente, intorno al 6%.
E poiché noi, oltre che essere un popolo di poeti-santi-navigatori (e da qualche tempo anche di liftati e rifatti) siamo anche degli inguaribili romantici e, ahi noi, conservatori abbiamo deciso di far sempre scandire le nostre domeniche dalle campane. Anche se spesso il loro suono è più simile a quello di scassati campanacci..
Così domenica scorsa, 12 settembre, abbiamo dovuto sorbirci le sonate di tre stonati Fra Martino**: Berlusconi, Casini e Bersani. Che come il Granicolo e Sant’Angelo si sono rimbalzati i din-don-dan

Il primo, l’on.cav.berlusc (così abbiamo fatto contenti gli amanti delle abbreviazioni e in particolare il moderno Giuliano l’apostata***) ha arringato i giovani virgulti del partito dell’ammore. L’ha fatto, ovviamente a modo suo: stando stravaccato su una sedia al centro del palco, sfoggiando quell’eloquio tra il ricercato ed il plebeo che i piccoli borghesi (alla Fantozzi, tanto per fare un esempio) credono si parli nei palazzi del centro.
Viso gonfio****, occhi rimpiccioliti, solito kilo-e-cinquanta-grammi di cerone, camicia blu scuro-scuro (che nera gli piacerebbe tanto di più, ma non può) con colletto alto, tanto da fargli sparire il rugoso collo da ultra settantenne, completo nero (questo si) con giacca abbottonata. Il bottone, porello, ha lottato duramente per tutta la durata dell’intervento per non essere sparato in orbita come uno Sputnik. No, meglio dire Atlas, che gli Sputnik erano comunisti. Ma alla fine ce l’ha fatta: è rimasto, anche lui sconvolto, al suo posto.
La barzelletta è stata, al solito, fine, educata e di classe. Il personaggio è un Hitler redivivo che accetta di ritornare a governare ma con la promessa che, questa volta, i suoi saranno veramente cattivi. Applausi pilotati e sembra, pochi (per fortuna) spontanei. Sarà stata contenta Fiamma Nierestein, tra i primi firmatari dell’appello “Con la ragione, con Israele” e con lei l’elefantino di cui sopra e qualche altro deputato del pdl. Il centro del discorso: lo sviluppo della campagna acquisti. Non di calciatori ma di deputati. Evviva.

Il secondo campanaro è stato Pierferdinando Casini***, quello di cui Cossiga diceva con fare serio e marcatissimo accento sardo: “Casini è solo bello”. E lui, Pierferdinando, con nuovo taglio della zazzera, ne sfoggia uno al giorno per fare invidia a Berlusconi, diceva ai suoi che la politica di “aggiungi un posto a tavola” non lo interessa. Forse perché i posti dovrebbero essere più di uno?
Un po’ irritante e di cattivo gusto paragonare il governo ad una tavola, non è vero? Eppure …. Comunque tutto il suo discorso era centrato sul “io non ci vado, non vorrete mica andarci voi. Vero?” Si notava, comunque, una certa preoccupazione perché, evidentemente, conosce i suoi polli (parlando di tavola) e dalle sue parti (politiche) c’è una certa attitudine ad essere l’amico del giaguaro. Quindi meglio stare in campana.

Il terzo Fra Martino, che pure un poco ci assomiglia, è stato Pierluigi Bersani***, il ventriloquo.
Lui ha comiziato come si usava una volta, stando in piedi, dietro un podio, in maniche di camicia, arrotolate a mezzo braccio, puntando il dito indice della mano destra contro il nemico, che immagina lì, a portata di mano, chiamandolo per nome e dandogli del tu, con gli occhialetti piantati sul naso che denunciano la galoppante presbiopia. Che, ahi noi, non è solo fisica ma anche, soprattutto, politica Ha parlato molto, leggendo continuamente i foglietti che teneva in mano.
Dubbio: o non era molto preparato o doveva dire cose che non gli sono abituali. Alla fine si è capito che la seconda ipotesi era quella giusta. Infatti ha detto che la sua opposizione sarà du-ri-ssi-ma. Sì. Du-ri-ssi-ma. L’ha ripetuto un paio di volte. Forse non credeva alle sue orecchie. A quel punto le mozzarelle d’Italia si sono sentite tirate in ballo.

Dimenticavo: sabato 11, c’era stato una sorta di prologo della stonatura.
De Mita******, Giriago, che dicono fosse in grande spolvero, ha definito Antonio Di Pietro “sbirro”. E aveva tutta l’aria di volerlo offendere.
Domanda: perché i figli della piccola borghesia dicono sbirro per offendere? Lo ha fatto anche il super-democratico Marco Pannella. Dev’essere malattia bipartisan. In fondo gli sbirri sono quelli che pattugliano le strade, arrestano i delinquenti e ci proteggono. Forse i piccolo borghesi li disprezzano perché ne hanno paura: gli sbirri vengono dalle classi più basse ma gli è stata messa in mano un’arma e un bel paio di manette.
Certo per difenderci. Ma anche per acchiappare quelli che sgarrano. E Giriago lo sa, è uomo di mondo, che a tutti, soprattutto ai piccoli borghesi che si sono fatti una posizione sgomitando, piace sgarrare. Vero?

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* Al secolo Renato Ranucci, Torino 1912- Roma 1991. Fu – detto per i più giovani – uno dei protagonisti dello star system (che allora nn si chiamava così) italiano per oltre 40 anni.
Attore, ballerino, cantante (e primo tra i cantautori), scelse originariamente il nome d’arte di Rachel – brand di una famosa cipria – che poi trasformò in Rascel per via della difficoltà di pronuncia., con conseguenti strafalcioni,
** Famoso campanaro amico dei bambini. Fra Martino è una canzoncina famosa in tutto il mondo e cantata in quasi tutte delinque, forse con l’eccezione dell’esquimese e del padano. Difficile metterci un marchio anche per un sindaco leghista. La canzoncina nasce presumibilmente in Francia dove il campanaro è Frère Jacques.
*** Noto in arte come l’elefantino e sulla carta d’identità come Giuliano Ferrara
**** vedi filmati su www.la7.it
***** Scrittrice giornalista de il foglio e deputato del PDL. E’ Vice Presidente della Commissioni Affari Esteri e Comunitari, e ha scritto 9 libri. Tutti dedicati alla questione ebraico-palestinese. L’Ultimo in ordine di tempo è “Israele siamo noi”, Milano, Rizzoli, 2007.
****** Corsera 12 settembre 2010.

domenica 5 settembre 2010

Rimpiangere Ciriaco De Mita. Accidenti!

Che l’entrata nella costellazione della vergine avrebbe portato delle sorprese era stato previsto * e in qualche misura la si poteva considerare anche una facile e un po’ scontata profezia. Ma che una delle sorprese fosse applaudire entusiasticamente (e neanche in termini metaforici) Ciriaco De Mita. O come lui dice Giriago, Questo non ce lo si poteva veramente aspettare. Soprattutto da un ghibellino.

Sì perché a me Giriago ed i suoi amici demoni-cristiani non mi sono mai piaciuti tanto. E non solo perché come disse una volta il presidente della FIAT Gianni Agnelli:” De Mita è un intellettuale della Magna Grecia” per quel suo modo di parlare da leguleo e quel suo modo di pensare e di fare un pò contorto.
Lui, Giriago, rispose che "non è golpa mia se non ho un nonno nato a Gallarade (che poi sarebbe Gallarate)".  Al dibattito fece subito eco quello spiritaccio toscano di Indro Montanelli che, con neanche tanto coperta e sottile malignità, aggiunse:“non vedo cosa c’entri la Grecia”. Facendo con ciò riferimento a presunte debolezze dell’allora segretario della DC (democrazia cristiana, per i più giovani). **
Non mi sono mai piaciute le sue frequentazioni ed in particolare quel Clemende (che starebbe per quel tal Clemente Mastella che si autodefinì, guarda un pò che riferimenti, il Moggi del Parlamento. Per quel suo desiderio, vagamente da psicoanalisi di far cambiare casacca agli altri con la stessa velocità e disinvoltura con la quale lui stesso la cambiava) e neppure gli altri con cui, in quel di Nusco negli afosi agosti di tanti anni fa,  giocava a sgoba (che sarebbe come dire scopa per chi abita dalle parti del Po. Un tantino più su e un tantino più giù).
E non mi piaceva neppure la loro proposta politica che ho sempre considerato di retroguardia e freno al vero sviluppo e innovazione del Paese.  Non si costruiscono cattedrali nel deserto (veccchio vezzo democristiano) e neppure fabbriche per ottenere voti, chè il dare tutto quello che ci dovrebbe stare intorno (le infrastrutture, tanto per dire) era considerato una sorta di optional. Purtroppo hanno fatto scuola, come peraltro si sta vedendo e vivendo.
Eppure …eppure … vedere il vecchio capo-corrente della sinistra di base (così faceva di nome il suo gruppeto e basisti - toh, il caso - i suoi aderenti) su la 7*** nella trasmissione condotta da Luisella Costamagna e Luca Telese, è stata una vera boccata d’ossigeno per chi, come da quel vecchio ghibellino che io sono, ritiene la politica essere una cosa seria.
E che ha detto di così eclatante il vecchio leader demone-cristiano? In verità nulla.  Ha semplicemente parlato di politica.
In particolare ha detto:
-     che “il pd non discute di politica ma solo di chi vince e di chi governa” e neanche a farlo apposta a stretto giro di posta  il ventriloquo Bersani PierLuigi**** esterna ricordandoci che esistono le fogne;
-     che “se le persone si confrontano sulla immagine e sulla presunzione quando predicano indicando il nuovo in realtà non dicono nulla”; ogni riferimento ai comizi dell’uomo coi tacchi, Berlusconi Silvio, credo sia voluto;
-     che “nella prima repubblica (mo ci tocca rimpiangere anche quella, magari pure i suoi ultimi scampoli), quel sistema bipolare (e già, perchè c’era già una sorta di bipolarismo) era fondato su una proposta politica per il Paese, non solo per una parte. [La proposta] veniva legittimata da una parte ma la proposta politica era il governo della realtà…. Dopo che si era vinto, la maggioranza registrava il ruolo dell’opposizione. In parlamento l’opposizione era portatrice di proposte alternative non della delegittimazione della maggioranza”; e, tanto per rimanere in tema, il ventriloquo di cui sopra, non fa passare giorno senza che se ne esca con un “il governo ci deve dire…” Come se non fosse prioprio compito dell’opposizione quello del dire e dell’indicare proposte di visione e, al tempo stesso, di operatività alternativa.;
-     che “io sono maggioritario, che significato ha uno che si candida ad essere maggioritario se  non propone una proposta politica che la pubblica opinione accetti? E siccome la democrazia non ha risposte totalizzanti vi è una risposta di parte che si riscatta perché, una volta conquistato, il potere lo si esercita nell’interesse della collettività e non nell’interesse della maggioranza”. Su quest’ultimo punto il vecchio patrocinatore dell’accordo AlfaRomeo-Nissan, con la terribile e fallimentare produzione di un’auto che si chiamava Arna, e quindi con la produzione di un’altra autovettura dall’ugualmente infausto nome di Alfasud, per non dire di quanto si “sussurra/va” sulla presunta amicizia con quello che, all'epoca, era il patron della Parmalat****  (per ricordare delle più note), ha senz’altro ragione ma, forse,  un po’ di pudore non avrebbe guastato.
-    che”il nuovo in politica è la politica e che questa è l’indicazione del futuro”;
-    che “le contrapposizioni debbono essere contrapposizioni di opinioni e che le opinioni sono un valore e che [per questo loro essere valore] sono anche un limite alle ambizioni.” Forse un simpatico “avrebbero dovuto o dovrebbero” o comunque un qualsiasi condizionale sarebbe stato più appropriato. Ma tant'è.
Comunque, quanto siamo lontani dalle corbellerie e dalle fatue lettere frescone e dai pizzini, così la parlamentare europea Serracchiani ha definito l’intervento di Ikarus-D’Alema******,  che i sedicenti leader del pd si scambiano sui quotidiani.
Già, perché alla trasmissione partecipava anche Debora Serracchiani, uno degli astri nascenti del PD, che, tra le altre banalità, si è distinta per aver pronunciato la storica frase: “debbo sopravvivere in un mondo difficile” Più democristiana di De Mita. Quasi dorotea
E’ proprio vero che in un mondo di monopalle chi ne ha normalmente due sembra ne possegga almeno tre.    

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(1) vedi “la tracciabilità del cretino”– 21 agosto 2010 – www.ilvicarioimperiale.blogspot.com
(2) su Wikipedia, se non si vogliono scomodare libri più importanti, si può trovare qualcosa su questo partito.
(3) puntata del 1 settembre 2010
(4) vedi “Pierluigi Bersani e la semiotica – 30 maggio 20101
(5) vedi “Evviva! In Italia c’è un cavaliere di meno”, 8 agosto 2010
(6) su D’Alema vedi “il teorema D’Alema”, 15 maggio; “Scajola, Bersani, Berlusconi, D’Alema: 1° maggio su coraggio”, 1 maggio 2010; “Ma chi era Ikarus?”, 25 marzo 2010;

mercoledì 25 agosto 2010

Abbasso gli struzzi evviva l’alvare scontento

La pièce messa in scena dalla compagnia Mancuso-Mondadori, al suo debutto sulle scene nazionali lo scorso sabato 21 agosto, non mi ha particolarmente emozionato e neppure coinvolto.

In prima battuta mi è parsa la solita commediola con trama un po’ frustra: lui, buono onesto e pio, anzi teologo, scopre dopo una non breve frequentazione che lei non è così pura e la di lei famiglia, in particolare il padre-padrone-patrignio, non è così virtuosa come si converrebbe.
Lui confessa pubblicamente il suo peccato (in fondo per un po’ di tempo l’ha amata – si frequentano dal 1997 - e di qualche suo favore ha goduto), si pente, quindi si auto-assolve e reso candido dai soliti tre pater-ave-gloria (a questo punto si immagina auto-imposti) invita gli altri frequentatori della famiglia (che sono i tanti scrittori di sinistra, politici inclusi, che pubblicano con Mondadori) a pentirsi ed ha seguire il suo esempio: non frequentar più né la fanciulla né si reproba famiglia.
Per un ghibellino disincantato , e un po’ dadaista, non c’è molto da dire se non suggerire di moltiplicare per trentatre i tre pater-ave-gloria. Perché? Perché novantanove mi pare un bel numero.

L’interesse è salito, grado dopo grado, nel leggere l’escalation di risposte sia dei co-peccatori tirati in ballo dal teologo laico Mancuso Vito sia di quelli che pur non chiamati hanno voluto comunque dire la loro.
Corrado Augias, co-peccatore, ci informa che continuerà a frequentare la famiglia, malgrado non ne ami il capo, perché ha un buon rapporto “professionale ed affettivo”* con i dirigenti della casa editrice. Cosa vuol dire il cuore!
Poi è stata la volta di Piergiorgio Odifreddi** (raccomando senza pentimento un suo titolo nella sezione libri, vedi a lato) che, felice lui, si sente libero e mozzartianamente, per rafforzare la posizione, aggiunge un bel “così fan tutte” (tipo mal comune mezzo gaudio o giochiamo a liberi tutti) con stoccata finale al Vaticano. Quest’ultimo nella questione proprio non c’azzecca ma per lui il Vaticano è come il kechup per gli americani: va spruzzato su tutto.
L’elefantino Giuliano Ferrara, che è ovviamente “contro”, apostrofa come “anima-bella” (evidentemente dev’essere un insulto) il teologo Mancuso. Ma come? Proprio lui, l’elefantino, che crede nelle cicogne e si definisce ateo-devoto***, che è come dire fare la dieta con la Nutella. Più anima bella di così.(e questo non vuole assolutamente essere un insulto)
Tra i co-peccatori (Pietro Ciati, Michela Marzano, Nadia Fusini, Gustavo Zagrebelsky, Aldo Schiamone, ecc…) è un florilegio di “solidarizzo … ma…”**** sembra di assistere ad un comizio di Veltroni: amore (tanto) e giustificazionismo (ancor di più). Dietro i “ma” c’è di tutto: da “troppo riconoscente ai funzionari” a “non mi censurano” quindi “l’importanza culturale della casa editrice”, un iperbolico “non ne guadagnerebbe la democrazia” e un più prosaico “un fetore schifoso di denaro”. Tutto un po’ datato e tutto anche un po’ triste. Tutto un po’ peloso..
Quindi il colpo di grazia: intervista del TG1 a Marcello Veneziani e Antonio Pennacchi*****, ovviamente entrambi “contro”, data l’ambientazione della scena.
Stesso copione: “lo scrittore è responsabile solo di quello che scrive ...” dicono entrambi, hanno studiato bene, con due varianti in finale:
- Veneziani: “ lo scrittore non è responsabile dei libri contabili dell’editore”
- Pennacchi: “…e poi nessuno mi pubblicava” (che poi non è proprio vero perché Pennacchi pubblica dal ’94 e ha girovagato per un bel po’ di editori – Donzelli, Novecento, Terziana, Valecchi, Laterza e anche Mondatori. Su 13 titoli solo 3 sono stati pubblicati da Mondatori negli anni 2003, 2006 e 2010).

Quest’ultima giustificazione, “lo scrittore è responsabile solo di ciò che scrive” è quella più puerile e, al tempo stesso, anche la più pericolosa. Certo responsabile solo di ciò che scrivi ma se lo fai sui muri di casa tua, non se entri in un contesto che è economico-sociale-politico oltre che (dovrebbe essere) culturale.

Comunque tutti, più che dar risposta vera e concreta, fanno come gli struzzi: cacciano la testa sotto la sabbia delle mille giustificazioni vane. E questo non solo non è bello ma anche non è onesto. Per questo abbasso gli struzzi.
Nessuno, infatti, che dica quanto la famiglia (Gruppo Mondadori) sia influente e che stare con la figlia (Editoria Mondatori) vuol dire anche avere relazioni con le sorelle (le tante e di ampia tiratura riviste) e le cugine (le televisioni) che garantiscono visibilità (inviti ai talk-show e disinteressate recensioni) presso una larghissima fetta di pubblico. E poi che dire della forza vendita e della grande capacità distributiva e dei punti vendita propri (o in franchising) e, perché tacerlo degli interessanti e, probabilmente, ricchi emolumenti. In altre parole amoreggiare con al figlia anche se la famiglia (dicono) non è tanto per la quale forse conviene.

E che centra l’alveare scontento? E’ il titolo che Bernard Mandeville****** diede alla prima versione del suo poema in cui scriveva:

                      Infatti non c’era ape che non guadagnasse
                      non dico più di quanto dovesse,
                      ma più di quanto osasse far sapere agli altri,
                      che pagavano;

Mandeville scriveva così nel 1704 e il senso del suo poema era: non raccontiamoci l’uomo quale dovrebbe essere ma rappresentiamolo come è. E se del caso (e personalmente credo che lo sia) diamoci da fare per cambiarlo.

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* Corriere della sera 22 agosto pag. 11
** Corriere della Sera 23 agosto, pag 11

*** L’elefantino e la donna nuda con le mani in tasca - Il Vicario Imperiale - 5 aprile 2010

**** Corriere della Sera 24 agosto pag. 11 “Mancuso&Segrate, tormento(ne) di coscienza” Paolo Di Stefano
***** TG1 martedì 24 agosto, edizione delle 20,30
****** La favola delle api – Bernard Mandeville – Editori Laterza

sabato 21 agosto 2010

La tracciabilità del cretino.

Questo mese d’agosto 2010 ha deciso di non farci mancare nulla. Altro che gli agosti degli anni passati che per riempire le striminzite foliature di quotidiani e rotocalchi erano costretti ad attaccarsi a qualche onorevole beccato in costume da bagno con prominente pancetta parlamentare o in alternativa offrire, obtorto collo s’intende, la solita attrice ancor più svestita della norma. Alla peggio si faceva ricorso alla tradizionale “tenera amicizia”. E tutto finiva lì. Anche l’estate.
Quest’anno invece agosto ha voluto stupirci con effetti speciali: spumeggiante ed estroverso più che mai. Si è appena girata la boa dei due terzi del mese che già l’elenco delle notizie da segnalare si è fatto lungo.

All’inizio è stato “cognato” – anche se in realtà cognato strettamente detto proprio non lo è, manca  un "sì" ufficiale detto, per lo meno, davanti, ad un assessore – come se poi tutti potessero permettersi cognati fini. Quindi, lentamente, la soap opera ha cambiato protagonista: chercher la femme.
Operazione facile, come ai tempi di Elena di Sparta, moglie di Menalao, poi divenuta Elena di Troia. Oggi come allora l’omerico vetero maschilismo ha iniziato a serpeggiare: “se non avesse incontrato quella – dove quella sta per donna che ovviamente è comunista – il Gianfranco non avrebbe mai fatto cose del genere.”. E finché a bisbigliare (ghignando) questa assoluta verità erano i piselli, le cicorie e gli aspiranti scorcianera del partito del contorno (o PdL: Partito della Lattuga*), la cosa, con qualche sforzo, ci stava. Ma quando del tema si sono impossessati barbieri, baristi, commercialisti e garagisti (giusto per dire chi si frequenta abitualmente) la verità oltre che più vera è diventata anche scottante.
Fini, come già a suo tempo Berlusconi; convive con una comunista. I due non si amano ma almeno in questo si assomigliano.
Però questa vicenda, che tanto appassiona e che è ancora di là da finire, ha avuto per “contorno”, guarda come le parole prendono piede, altri casi emblematici.
C’è stata la ministra del turismo (italiano), Michela Vittoria Brambilla, che oltre a scoprirsi un’anima animalista (involontario gioco di parole), picconando una secolare tradizione, ha deciso, per soprammercato di passare le sue vacanze in Francia, tanto per dimostrare la differenza che c’è tra un animale ed una bestia. In senso pirandelliano, ovviamente.
Poi c’è stato il caso del super manager, capo di Hewlett Packard, che con uno stipendio di oltre 2 milioni/mese (in dollari) ne mette a carico dell’azienda ventimila (sempre in dollari e spezzettati in più riprese) che ha speso per i suoi minuti piaceri personali.
“Va cacciato” dicono gli etici, invocando Platone**”
“Bastava chiedergli di rimborsare” ribattono i pragmatici. Magari a rate, metti mai che la moglie controlli gli estratti conto della banca.
Come non bastasse l’ufficio stampa della Presidenza della Repubblica organizza una bella intervista tra il Presidente e il giornale che fu l’organo ufficiale del suo ex partito. Il tema trattato ha carattere istituzionale e le opinioni del Presidente sembrano non coincidere con le scelte del governo. Non è un reato è solo questione di opportunità. Politica. Come nel caso della ministra del turismo. Vedi sopra.
Saltiamo le minuzie e le canottiere nere del papà del trota, che se è il papà del trota senz’altro c’è il suo perché, ed ecco l’alone del mistero.
Il Presidente Emerito Cossiga ci lascia, coccodrilli*** a iosa su tutti i giornali.
Anche i nemici più nemici ora lo amano, certi che il fu, stando dove sta s’intende, non può più smentire e quindi giù altro miele. In questa idilliaca situazione spuntano le quattro lettere del mistero.

Segretissime, tanto segrete che se ne scopre subito l’esistenza, lasciate in mani più che fidate da recapitare alla più alte cariche dello Stato. Per qualche ora la suspance dilaga: Cossiga batte Fatima e i suoi misteri 4 a 0.
Poi le aprono e si scopre che c’è scritto “amore, tesoro, salsiccia e pomodoro” ovvero nulla o poco più. Diventa un testamento politico. Stupendo. La data: 18 settembre 2007.
Ah, dimenticavo: Lombardia, Milano, questione moschea-si moschea-no, si propone la tracciabilità del fedele. ****.

A questo punto perché non anche la tracciabilità del cretino.

Quando il bretone Louis Malassis , classe 1918 , coniò il termine tracciabilità di filiera lo fece pensando al mondo agro-alimentare, in particolare voleva salvaguardare ad un tempo il lavoro dei contadini ed i consumatori. In sintesi: con filiera si intende l'insieme delle risorse, attività, tecnologie, e organizzazioni che concorrono alla creazione, trasformazione, distribuzione, commercializzazione e fornitura di un prodotto.
La tracciabilità di filiera è il portato di due fattori:
a) la assoluta rintracciabilità di tutti i passaggi che il prodotto ha fatto, chi li ha fatti e come;
b) standard igenico-sanitari rigorosi, definiti secondo parametri internazionali.

Quindi se al posto di prodotto scriviamo idee e la tracciabilità la coniughiamo con le cinque leggi sulla stupidità enunciate da Carlo M. Cipolla***** che, a ben vedere, sono a tutti gli effetti standard igenico-sanitari: il gioco è fatto.
Avremo così coscienza di dove viene il “prodotto cretino”, chi è intervenuto a produrlo, a trasformalo, a inscatolarlo e, soprattutto, a commercializzarlo. Probabilmente si tratta di un percorso lungo, magari anche difficoltoso perché dire una sciocchezza, forse, non è così semplice come sembra: alcune corbellerie paiono più frutto di studio e di applicazione che della spontaneità. E poi la ponderazione e il pathos con cui vengono sparate sembrano deporre per una certa specializzazione. Quindi cretini lo si nasce o lo si diventa? Se lo si diventa è una scelta consapevole? Esiste dunque un percorso scolastico rigido con diversi livelli ed un esame finale? O è sufficiente frequentare le compagnie giuste? Cretino lo si può diventare  per imitazione? Quanto influiscono i "buoni" maestri? Solo quando si sarà appurato il processo e la tracciabilità di filiera si avrà, forse, la possibilità di inserire, così senza parere, al posto giusto e al momento giusto quel tanto di buon senso che di solito non guasta.

Con oggi si entra nella costellazione della vergine: le sorprese di certo non sono finite.

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* Vedi “Vittorio l’illuminante” – il vicario imperiale dell’ 8 agosto 2010
** come in effetti ha fatto il board di Hewlett Packard.- Corsera giovedì 12 agosto
*** in gergo giornalistico si chiamano così i pezzi dedicati ai trapassati: grondano lacrime di ... coccodrillo. Per l’appunto.
**** Corsera giovedì 12 agosto, giorno ricco oltre misura per il nostro blog.
***** Vedi “Omaggio a Carlo M. Cipolla” – il vicario imperiale del 13 agosto 2010

venerdì 13 agosto 2010

Omaggio a Carlo M. Cipolla

Da qualche giorno, il 15 di agosto, è caduto l'ottantottesimo anniversario della nascita (1922) e tra qualche altro, il 5 di settembre, il decimo (2000) della morte di Carlo M. Cipolla.


Certo era nelle sue corde l’idea di far quasi coincidere le due date epocali della storia di ogni uomo così come quella di aver scelto per entrambe lo stesso posto: Pavia.
Evidentemente non amava gli sprechi e deve aver pensato che la concentrazione di data e di luogo avrebbe agevolato sia gli ammiratori sia i detrattori che nell’arco di poche settimane avrebbero potuto commemorare o dimenticare entrambi gli eventi. In più, non ci sarebbe stata battaglia su quale delle due città avrebbe avuto maggior titolo per la commemorazione, che due a così breve distanza di tempo sarebbero state difficili da gestire: non foss’altro che per il trasferimento dei relatori e degli ospiti.

Fu molto apprezzato all’estero tanto da essere nominato dall’Università di Berkeley, a 31 anni (1953), Fullbrigth Fellow e, nel 1959, Full Professor. In Italia ottenne il Premio Balzan per la storia economica nel 1995. Il confronto tra le date parla da solo.
Scrisse molto, soprattutto in inglese ed i suoi libri vennero tradotti in italiano con una media tra i 10 e i 15 anni di ritardo o in alcuni casi come per “Vele e cannoni” addirittura di quaranta. Sic transeat gloria mundi.
Come economista ebbe in conto i numeri ma ancor di più gli uomini e le loro mentalità.
In "La storia economica", per primo, mise in relazione la disponibilità di energia con la numerosità della popolazione, scritto nel 1962 e pubblicato in Italia nel 1978. Neanche a dirlo.
Ancora una volta primo, o tra i primi, mise in relazione l’alfabetizzazione con lo sviluppo economico, così come studiò le epidemie e le loro conseguenze socio-economiche. In sostanza diede pragmaticamente corpo a quella stupenda frase di Luigi Pirandello che recita: “i numeri sono come dei sacchi vuoti se non li si riempie di senso e di ragione non stanno in piedi”.
Forse qualcuno dei soloni che discetta quotidianamente sulle colonne dei giornali, di economia e sbrodola sulla “necessità della crescita” (scimmiottato da politici illetterati e dilettanti) farebbe bene a ripassare (ammesso e non concesso che in passato abbia studiato) le sue lezioni.

Nel 1976 scrisse, ovviamente in inglese, The Basic Laws of Human Stupidity tradotto in Italia nel 1988, giusto per rispettare la tradizione.
In questo Carlo M. Cipolla ci racconta che gli stupidi sono un gruppo assai più potente delle maggiori organizzazioni operanti nella società: più potente della mafia, del sistema bancario e finanziario, e delle lobby dell’editoria, delle telecomunicazioni e via dicendo. E’ un gruppo, quello degli stupidi, che pur non organizzato, senza alcun ordinamento o statuto riesce ad operare con stupefacente coordinazione ed efficacia, in modo bipartisan.
In The Basic Laws – presentato in italiano con l’improbabile titolo di Allegro ma non troppo – sono indicate le 5 leggi fondamentali della stupidità:
1. Sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione.
2. La probabilità che una certa persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della persona stessa.
3. Una persona è stupida se causa un danno a un'altra persona o ad un gruppo di persone senza realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo un danno.
4. Le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide; dimenticano costantemente che in qualsiasi momento e luogo, e in qualunque circostanza, trattare o associarsi con individui stupidi costituisce infallibilmente un costoso errore.
5. La persona stupida è il tipo di persona più pericoloso che esista

Fra tutte la più terribile mi pare la quarta: Le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide; dimenticano costantemente che in qualsiasi momento e luogo, e in qualunque circostanza, trattare o associarsi con individui stupidi costituisce infallibilmente un costoso errore.
E noi in Italia ne sappiamo qualcosa.

Comunque, buon anniversario Professor Carlo M. Cipolla e scelga Lei quello fra i due che più la diverte.

lunedì 9 agosto 2010

Evviva! In Italia c’è un Cavaliere di meno.

Beh non è il caso di entusiasmarsi troppo. Ma un po’ contenti possiamo esserlo.


I Cavalieri in Italia, tra quelli di Gran Croce della Repubblica (che è il titolo più importante, così dicono) e quelli del Lavoro (con la elle maiuscola e magari sono proprio quelli che hanno-già fatto-stanno-per-fare-faranno il trasferimento delle loro fabbriche all’estero, perché così vuole la globalizzazione) a fine maggio corrente anno erano 275.810.
Dal 18 giugno ‘010 sono diventati 275.809.
All’appello manca il Cav. Calisto Tanzi.
Forse non ve sarete accorti eppure è successo.

Infatti su richiesta inoltrata dal Presidente del Consiglio, Cavalier.Berlusconi (per fortuna che Silvio c’è! Mica bruscoli), il Presidente Giorgio Napolitano (Napisan per gli amici, così si sente dire in giro) ha ritirato l’onorificenza di Gran Croce della Repubblica al Cav.. Calisto Tanzi. Che comunque, perché le cose vanno fatte sempre con una certa creatività, cavaliere lo rimane lo stesso.
“ Perché mai?” mi sta domandando la Signora Castracani, in arte mia moglie.
Perché il povero Calisto, quello che non aveva il tesoro ritrovato nel sottoscala del genero (o forse era il cognato o forse il bisnonno), quello che non falsificava i bilanci, quello che non commetteva nefandezze di tipo contabile e non “truffava” i risparmiatori, nel corso di anni e anni di onorata carriera è stato anche insignito del titolo di cavaliere del lavoro.
Titolo che tuttora resta in essere. Infatti il Presidente del Consiglio, Cavalier Berlusconi, non ha inoltrato la regolare richiesta per il ritiro anche di questa onorificenza (ma allora dov’è la fortuna che Silvio c’è?)
E quindi Calisto Tanzi cav era e cav. rimane alla faccia del cav.che lo voleva cancellare dagli elenchi dei cav.

Perché povera stella gli hanno tolto il primo titolo?
Per via, incredibile dictu, del fatto che ha totalizzato solo 5 patteggiamenti (che detto correttamente il patteggiamento è definito “applicazione della pena su richiesta delle parti" e che, per i semplici di spirito, significa ammissione di colpevolezza dell’imputato e accordo sulla pena da scontare) e una sola, dicesi una sola, condanna, confermata in appello a 10 anni, o giù di lì, più sanzione pecuniaria per un centinaio di milioni.
L’imputazione? Una sciocchezza: aggiotaggio e ostacolo agli organismi di vigilanza.
Pare ci sia incompatibilità tra la lista del casellario giudiziario e quella dei cav. di Gran Croce della Repubblica.

Comunque almeno una l’abbiamo portata a casa (come direbbe Feltri).
Ora non resta che sperare che l’incompatibilità di cui prima si estenda anche all’elenco dei cav del Lavoro. E magari il Presidente del Consiglio, proprio in qualità di Cav .decidesse di fare un po’ di pulizia.

Ovviamente non ci aspettiamo atti di autolesionismo. Ma in questo caso sarebbero apprezzati.