Le versioni divergono: è stato Zelensky a proporsi, no è stato invitato. La specializzazione italica è mettere delle toppe che sono peggio del buco e questo caso ne è l’ennesima prova. La mediazione. Zelensky in tarda serata, ma prima dell’esibizione dei finalisti.
Il Post del 26 gennaio ricorda quando Bruno Vespa, circa una decina di giorni addietro durante la trasmissione Domenica in, ha rivelato il desiderio del Presidente Zelensky di partecipare al Festival di Sanremo con un suo videomessaggio. Il giorno precedente, 25 gennaio, a Otto-e-Mezzo la versione raccontata è stata diversa: l’idea di avere il Presidente ucraino nella città dei fiori sarebbe nata nientepopodimenoche in viale Mazzini a Roma, sede RAI. Nel primo caso a dare l’ok sarebbe stato Amadeus mentre nel secondo lo Zelensky avrebbe semplicemente accettato un invito. In entrambe le ipotesi il senso del ridicolo è stato abbondantemente scavallato. Come possa essere venuto in mente a qualche testa d’uovo di mischiare la guerra con le canzonette del Festival.è uno dei tanti misteri gaudiosi di questo nostro bizzarro Paese. E poiché una delle caratteristiche italiche è mettere delle toppe peggiori del buco ecco uscita la proposta di mediazione: relegare, si fa per dire, l’intervento ucraino in tarda serata, ma prima dell’esibizione delle canzoni finaliste. In altre parole una specie di panino, come dicono gli esperti di comunicazione: prima canzoni in mezzo lo Zelensky e poi il gran finale. Provate a immaginare: i Cugini di Campagna con i loro pittoreschi costumi poi lo Zelensky con la sua maglietta verde e infine i Maneskin con calze a rete, seni al vento e tatuaggi a gogò. C’è da chiedersi con quale spirito e con che gioia e chissà quanta voglia avranno i finalisti di dimenarsi al ritmo delle loro canzoni. Canzoni che sez’altro parleranno di amore, cuore pace e… insomma la solita zuppa. E quale voglia avrà il pubblico di applaudire i canzonettieri dopo le parole facilmente immaginabili di doloroso strazio pronunciate dal capo di un popolo attaccato e martoriato dalla guerra sempre che, anche in quella situazioni non chieda cannoni, missile e chissà quali altre armi. Anche l’indecenza più indecente deve avere un limite al di là del quale non si può andare soprattutto se in nome dell’audience. A meno che non si voglia codificare, certificare, nero su bianco, prova provata di quanto avviene quotidianamente ogni volta l’umanità si trova dinnanzi a una tragedia: solidarietà come se piovesse, tanto costa niente, mentre il non detto suona limpidamente gridato così: «Siamo tutti veramente molto dispiaciuti, ma non ce ne frega rigorosamente un …»
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