Ciò che possiamo licenziare

venerdì 5 marzo 2021

Il penultimo errore di Zingaretti

 Avere il 70% del partito e dimettersi è un errore. Tutti vogliono che le dimissioni siano ritirate. Si può fare a patto che siano definite le posizioni tra maggioranza e minoranza. Per farlo ci vogliono bargigli e idee. Un sogno.

 


Ieri, 4 febbraio, intorno alle 16,00 ora di Greenwich, lo Zingaretti Nicola ha dato le dimissioni da segretario del PD. Un errore. Un grave errore. Nel dare le dimissioni, via facebook as usual, l’ormai ex segretario scrive di vergognarsi del suo partito intendendo in verità il gruppo dirigente. Gruppo dirigente che, denuncia, parla solo di poltrone e di candidature alle primarie, e per questo lui, lo Zingaretti Nicola, se ne va. Errore. Grave errore. Se questa fosse, come è, la situazione del partito un segretario fa una sola cosa, semplice come la formula della relatività: elimina, in un modo o nell’altro, quelli che parlano di poltrone  e di candidatura alle primarie. È semplice. Quasi semplice poiché per decidere in questo senso vanno fatte salve due condizioni: una necessaria e una sufficiente. Quella necessaria è di avere i numeri e lo Zingaretti Nicola fino a ieri disponeva di una maggioranza che si aggirava intorno al 70% e quindi altro che dimissioni. La condizione sufficiente è di avere la capacità politica, in altre parole i bargigli e magari anche le idee, dato che i primi senza le seconde non fanno molta strada, per mettere fuori gioco i parlatori di poltrone e affini. Lo Zingaretti non ha ottemperato a nessuna delle due. E dunque se ne va. Peccato.

A distanza di breve tutti i sedicenti big del PD hanno chiesto allo Zingaretti di ritirare le dimissioni e di rimanere. L’ha fatto il Franceschini e poi a seguire tutti gli altri a partire da Del Rio (ex DC), e poi Marcucci (ex partito liberale) fino ad arrivare addirittura a Lorenzo Guerini (ex andreottiano) che con Luca Lotti (inquisito) governa la corrente di minoranza che, ironia della sorte, si è autonominata Base Riformista. Come se Belzebù definisse il suo regno il Fresco Paradiso. Entrambi i due sono stati renziani che più renziani non si può. E adesso lo sono più che mai. Ora il busillis è: cosa farà lo Zingaretti alla prossima assemblea nazionale? Ritirerà le dimissioni? Potrebbe, ma se cercherà l’unitarietà avrà semplicemente fatto retromarcia e quindi avrà commesso un nuovo errore.. Grave. Ipotesi b: potrà ritirare le dimissioni e contestualmente chiarire le posizioni tra maggioranza e minoranza. Per far questo deve convincersi che la minoranza all’interno dei partiti ha da essere oppressa.  Altrimenti non è minoranza. E dunque fuori dalla segreteria, dalle presidenze dei gruppi parlamentari e a seguire. Naturalmente un ben chiaro stop a ogni ipotesi di ritorno di Renzi. E per le prossime candidature un bel repulisti dai finti convertiti e dalle quinte colonne renziano-saudite. Se poi, oltre questa ipotetica esibizione di bargigli, lo Zingaretti saprà anche stendere due paginette due di idee, magari concrete, magari facendosi aiutare dalla dottoressa Mazzuccato e  regolare la posizione del partito nella coalizione di governo, per esempio con un appoggio esterno, avrà fatto ancora più centro. È un bel sogno e di questi tempi anche sognare è un lusso.

Buona settimana e buona fortuna

1 commento:

  1. La grande forza di Zingaretti è la mancanza di alternative migliori di lui. La grande debolezza di Zingaretti è la mancanza di idee e di ... bargigli. Quelli forse ieri li ha dimostrati. E sottolineo forse.

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