Ciò che possiamo licenziare

giovedì 24 agosto 2017

Meeting Rimini: la fiera delle ballità.

Solita passerella di ministri e politici vari. Ovvia demagogia a go-go e la platea plaude. Ma l’hanno sempre fatto da Berlusconi a Formigoni. Gentiloni si vergogna, Delrio chiede regole nuove, Fedeli vuole allungare l’obbligo scolastico diminuendo gli anni delle superiori, Poletti promette bonus. Poi ci sono gli sketch di Brugnaro e Nardella: penosi.



Ballità: neologismo dannunziano che sta per balle sparate a raffica. E questo sta succedendo alla trentottesima edizione della manifestazione organizzata da Comunione e Liberazione, nota presso i maligni come comunione e fatturazione, dati i trascorsi affaristici.. Fatto non nuovo È sempre andata così.

Questa volta sono di turno i ministri e le ministre del governo Gentiloni. Ed è stato proprio il presidente Gentiloni, da alcuni definito il bradipo o lento pede, a tenere la prolusione di inaugurazione. Discorsetto accademico in cui spuntano frasette demagogicheggianti ad uso e consumo della cattoplatea: «Mi vergogno di un pianeta – ha detto il Gentiloni - in cui un banchiere può guadagnare in un anno 185 milioni di dollari.» Non spari così alto signor Gentiloni – verrebbe da dire – provi, con sforzo, a  vergognarsi di meno e a  fare qualcosa di più. Magari potrebbe cominciare a vergognarsi dei suoi due stipendi (114.796,68€  annui/lordi che incassa come presidente del consiglio da sommarsi alle sue non piccole indennità come deputato) o delle lentezze parlamentari sulle pensioni-vitalizzi e magari anche degli sgamuffi sul gioco d’azzardo. L’ultimo tentato proprio il giorno di chiusura del Parlamento. I ciellini comunque l’hanno applaudito.

Il ministro Delrio ha seguito la strada tracciata dal Gentiloni, mettendoci un carico da 90. Con l’aria del democristiano sfatto, sembra sempre reduce da una notte insonne, ha dichiarato, parlando degli abusi edilizi, che vi è la necessità di creare nuove regole e di procedere alla demolizione degli immobili costruiti illegalmente. Complimenti. Forse qualcuno dovrebbe spiegare al signor ministro Delrio che lui è lì proprio per far questo: creare nuove regole e procedere con azioni per metterle in pratica. Ma forse lui non lo sa e neppure se ne è accorto. Lo hanno applaudito.

In ogni kermesse che si rispetti c’è anche l’angolino dei debuttanti: è stata la volta dei sindaci di Venezia e Firenze. Il primo, Luigi Brugnaro, ha dichiarato che: «Se uno si mettere a correre in piazza San Marco urlando Allah Akbar noi lo abbattiamo … dopo tre passi.» Che sia un’idiozia è evidente, definirla provocazione è nobilitarla, eppure qualcuno in platea ha applaudito. Spirito cristiano. Poi il sindaco ha aggiunto: «A Venezia abbiamo arrestato 4 terroristi.» magari qualcuno dovrebbe spiegare al signor sindaco che ad arrestare sono le forze dell’ordine e non le forze politiche. Ma forse sarebbe fiato sprecato. Comunque auguri a Venezia.
A far da contraltare la performance  di Dario Nardella, sindaco di Firenze, che si è messo a correre nel corridoi gridando «Allah Akbar.» Non l’hanno abbattuto. Forse l’ha salvato la legge Basaglia. Anche a Firenze, auguri.

Special guest è stata la ministra Valeria Fedeli, per intenderci la senatrice eletta al posto del marito e nel medesimo collegio senatoriale, si direbbe dinastico. È la stessa Fedeli che ad una trasmissione radiofonica ha dichiarato di non potersi permettere una cena in un ristorante stellato e che poi è risultata la più ricca del Senato. Cose che capitano. Come ministra del Miur (ex pubblica istruzione) la Fedeli si è dichiarata a favore della riduzione da cinque a quattro anni della scuola superiore e al meeting ha aggiunto che è per l’obbligo scolastico fino a 18 anni. Che le due affermazioni non stiano insieme è evidente. Se si deve stare a scuola fino alla maggiore età e si vuol ridurre la durata delle superiori non resta che aumentare le bocciature o gli anni delle medie o delle elementari. Salvo il fatto che non si vogliano tenere i bimbi per un anno in più alle materne. I pargoli ne sarebbero felici. Auguri agli  studenti.

Dopo la Fedeli non poteva mancare il ministro Polettisecond special guest. Per intenderci quello che ha suggerito ai giovani di non spedire il curriculum ma di andare a giocare a calcetto o che si felicitava per i giovani rompiscatole che abbandonano il Paese. Lui. Questa volta è arrivato con la proposta di un bonus assunzione che dovrebbe generare 300.000 nuovi posti di lavoro. Ancora non ha afferrato, il Poletti ed il governo tutto con lui, che i posti di lavoro non si creano con i bonus. Se non lo capisce è inutile spiegarglielo. Ha aggiunto il Poletti che:«Dobbiamo assolutamente evitare ci siano comportamenti furbeschi che cerchino di utilizzare in qualche modo le norme.» Il fatto che si sia accorto  delle furbate di alcuni imprenditori depone a suo favore. Anche se una rondine non fa primavera.

Nei prossimi giorni sarà la volta di Angelino Alfano, Andrea Orlando e Fausto Bertinotti. Il divertimento continua.
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Il meeting di Rimini organizzato da Comunione e Liberazione è la passerella che segna il gradimento del mondo cattolico (quello più integralista e numeroso) verso il governo di turno ed i suoi partiti. Che, però, gli son sempre piaciuti, a prescindere. Come dimenticare le ovazioni per Berlusconi Silvio mentre si faceva le leggi a suo uso e consumo, poi  condannato a quattro anni per frode fiscale, e quelle per il Roberto Formigoni, condannato a sei anni, nei bei tempi in cui veleggiava con il suo coinquilino Perego, che mai s’accorse che il “celeste” era anche fidanzato. Come si conviene a chiunque faccia voto di castità. 

martedì 15 agosto 2017

Qualche domanda sul caso Regeni

Il poker Alfano-Fassino-Latorre-Casini interviene sul caso. Cala come asso a tresette la telefonata di Gentiloni ai Genitori. La lucida analisi di Maurizio Caprara, che per essere lucida per davvero va letta tra le righe. Ancora una volta: chi ha avuto ha avuto chi ha dato ha dato, scordammoce o’ passato siamo italiani paesà. E la dirittura morale,  il prestigio e l’amor proprio? roba da governi seri.
Claudio Regeni e Paola Deffendi Genitori di Giulio

Le agenzie di giornata hanno battute le dichiarazioni di quattro personaggi, tra i maggiori, se non i maggiori, esperti di politica estera italiana. Ha aperto il poker d’assi, ne poteva essere diversamente il ministro degli esteri, Angelino Alfano. Per intenderci quell’Alfano sbertucciato dal segretario del Pd Renzi, perché dopo aver coperto due tra i più importanti ministeri non si sente in grado di portare il suo miserrimo (per numeri) partito a superare la soglia del 3%. L’esimio statista,  ha detto: «L’invio di Contini (prossimo ambasciatore a Il Cairo ndr) contribuirà, tramite rapporti al più alto livello con le competenti autorità egiziane al rafforzamento della collaborazione giudiziaria e alla intensificazione di ogni attività utile a progressi nelle attivtà investigative, perché nessuno spazio sia lasciato in ombra.»

A cotanto acume, a parte la forma approssimativa, ha fatto eco la dichiarazione di Petro Fassino. Per intenderci si tratta di quel Pietro Fassino che, da sottosegretario agli Esteri, passò ore nell’anticamera di Milutinovic ministro degli esteri serbo  e che è noto altresì per le sue improvvide dichiarazioni su Beppe Grillo e Chiara Appendino: «quando avrete i voti ...». Il Fassino ha quindi twittato: «Il rientro dell’ambasciatore italiano in Egitto consentirà di seguire direttamente l’accertamento della verità sulla morte di Giulio Reggeni.» Chi potrebbe smentire sì autorevole dicitore.

Ovviamente non poteva mancare l’esternazione del presidente della commissione Difesa di Nicola Latorre. «La presenza al Cairo del nostro Ambasciatore renderà più proficuo il lavoro di ricerca della verità.» Il Latorre in questione, ex dalemiano ora renziano, è quello che disse a proposito di Fassino: «non capisce un tubo»

Per finire il poker non poteva mancare Pier Ferdinando Casini, presidente della commissione esteri del Senato: «L’intensificarsi della collaborazione giudiziaria sul caso Reggeni e le nuove difficoltà sulla stabilizzazione della Libia hanno reso indispensabile questo passo.» Il Pier Ferdinando Casini di cui si tratta è quello che definì Totò Cuffaro “un perseguitato politico” e poi … impossibile riportare trent’anni di valzer politici in poche righe.

Allora tre domande: se la presenza dell’ambasciatore a Il Cairo  è così importante e i suoi compiti così ben descritti dai quattro di cui sopra perché quindici mesi addietro il rappresentante dello Stato fu richiamato in Patria? Furono forse minchioni i governanti di allora? O sono minchionate le dichiarazioni di adesso?

Interviene, ça va sans dire, anche il presidente del consiglio Gentiloni che parla con i Genitori di Giulio Regeni. Naturalmente via telefono, che si sa quanto questo mezzo infonda in chi chiama un caraggio da leoni. Nella telefonata il presidente del consiglio ha detto: «L’ambasciatore italiano al Cairo avrà il compito di contribuire  all’azione di ricerca della verità sull’assassinio di vostro figlio Giulio. Un impegno al quale non rinunceremo.» Se la frase fosse stata recitata in un teatro questo sarebbe venuto giù… dalle risate.
Una domanda al presidente Gentiloni: se Giulio fosse stato figlio suo, come avrebbe reagito a cotanta telefonata?

Poi, per fortuna, c’è l’articolo di Maurizio Caprara che, sul Corriere della Sera 15 agosto, racconta il fatto nella sua interezza. A leggerlo tra le righe e poi neanche tanto. In sostanza dice Caprara che l’Egitto è una «nazione troppo importante» (tra le righe: mica come l’Italia), per questioni economiche (tra le righe: non dimenticate il ruolo dell’Eni e che quando fu assassinato Regeni a il Cairo vi era una delegazione di un centinaio di industriali italici accompagnati dalla allora ministra Guidi), per questioni di geopolitica (tra le righe: al Sisi potrebbe aprire le porte a milioni di disperati e riversarli in Libia e da lì in Italia) e per questioni militari (tra le righe: l’Egitto potrebbe, se non lo fa già, armare il generale Haftar che governa la Cirenaica e questi bombardare le navi italiane).

Conclusione, sempre tra le righe: ormai è passato tempo, non si può continuare a perdere denaro e a correre rischi per uno solo. E poi Giulio è morto e nulla lo riporterà in vita. Quindi: una bella spolveratina di retorica e avanti come se niente fosse. In fondo chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scordammoce o' passato, siamo italiani, paesà.

Ultima domanda: e la dirittura morale, il prestigio e l’amor prorio? Qui la risposta ce la si ha già ed è chiara: tutta roba da governi seri.

domenica 13 agosto 2017

Gli esilaranti primi quindici giorni di agosto 2017.

Sei notizie tengono allegro il Paese. In Parlamento tentano di far passare una legge a favore del gioco d’azzardo, ma posticipano quella sui vitalizzi. In quel di Foggia si sparano da trent’anni, ma ce ne si accorge solo ora, mentre a Bergamo non basta sparare per avere la patente di socialmente pericoloso. A Viareggio il sindaco fa sapere al mondo di aver speso 250€ per un paio di bermuda a Licata il Sindaco è sfiduciato perché vuole abbattere villette abusive.


Agosto, si sa, è il mese principe delle vacanze degli italici e le vacanze, come altre umane importanti attività, non vogliono pensieri. I pensieri intristiscono e rendono difficile il divertimento. Ma il Belpaese ha i suoi anticorpi per ogni stagione e quindi da subito li mette in circolo.

La prima trovata è stata quella di tentare di far approvare, nell’ultimo giorno di apertura delle Camere l’ultima bozza sul «riordino» del gioco d’azzardo. Che però non è definito «gioco d’azzardo», fa poco fino, ma «gioco pubblico» che suona più nazionalpopolare e richiama alla memoria le allegrie di «un-due-tre-stella» e di «palla avvelenata.» Paccato si trattasse, invece, di slot machine a cui il Governo, raccolta erariale del 2016 ben 96 miliardi, voleva garantire una equa distribuzione sul territorio neanche si trattasse di scuole, biblioteche  o tribunali.  Di nulla s’erano accorti gli uffici di presidenza delle Camere, magari con la testa già al mare, come dire sotto la sabbia. Dal che si deduce il grado di cialtronagine che alberga sui sacri scranni. Sai come si ride.

In compenso gli stessi personaggetti (op.cit.Vincenzo De Luca) e negli stessi giorni, pari pari, hanno trovato che non vi fosse necessità di urgenza per la discussione ed approvazione in Senato sulla vexata quaestio dei vitalizzi dei parlamentari. Il capogruppo Pd al Senato  ha comunque garantito che il provvedimento sarà approvato nel prossimo settembre. Che poi se non sarà settembre sarà ottobre o novembre o dicembre o gennaio o febbraio. Poi ci penserà il nuovo parlamento. Perché, mai come in questo caso è la somma che fa il totale e soprattutto le risate.

Se di qualcosa ci si dimentica di altro torna a galla il ricordo. È la storia della mafia garganica che sta nel dimenticatoio nazionale da trenta anni e, si dice, trecento morti. Questo sussulto di memoria ha raccontato pure che a Foggia, capitale della Capitanata, non c’è il Tribunale di Corte dìAppello. A proposito della equa distribuzione di slot machine.Una nuova faticaccia per il ministro Minniti che assume sempre più nell’eloquio toni dalemiani, che quando era dalemiano doc neanche si permetteva. Ha detto, il ministro, che la risposta dello Stato sarà durissima, a voler dimostrare di aver letto e, magari, poco colto l’ironia manzoniana in quel pezzo dei Promessi Sposi dove si racconta delle grida spagnole. Le reazioni durissime si mettono in pratica e non si annunciano. Che se lo si dice prima tutto saranno fuorché dure. Comunque arriveranno nella Capitanata «centonavantadue unità» che tradotto dal minnitese vuol dire centonavantadue uomini di esercito-polizia-carabinieri e magari anche guardia di finanza. Riso amaro.   

In compenso, in quel di Bergamo, un paio di quelli che hanno partecipato ad una sparatoria e susseguente rissa con tanto di feriti, in una faidina ina-ina tra due famiglie, non sono stati definiti degni di beccarsi l’onorifico titolo di «pericolosi socialmente» Alcuni reati precedenti sono caduti in prescrizione e quelli nuovi considerati di poco conto. I due sperano nella prossima volta. Sono ancora giovani. Umorismo come se piovesse.

A Viareggio invece c’è un sindaco che non sa decodificare quanto scritto sul cartello di ingresso ad un circolo: «Dopo le 19,00 i soci e i loro ospiti potranno accedere ai locali della sede e del ristorante indossando i pantaloni lunghi.» Chissà che avranno voluto dire? E quindi lui, che si è presentato in bermuda, è stato, giustamente, allontanato dal locale. Scandalo ed orrore, cui il Corriere della Sera dedica una mezza paginata. In via Solferino hanno carta da perdere. A sua giustifica il sindaco ha elencato i prezzi dei singoli capi indossati. Tamarritudine di provincia. Tra questi spicca il costo dei bermuda: 250€. Beppe Severgninbi lo sbeffeggia dicendo che, al mercato, ne ha comprato un paio uguale spendendo 18 euro. Ora, se il sindaco non decodifica il senso dell’italica lingua e spende 250€ per un paio di bermuda, i viareggini avran di che stare allegri.

E per non buttarla in politica viene a fagiolo il caso di Angelo Cambiano, Sindaco di Licata in quel di Agrigento , Da sempre il giovane Angelo si batte contro le villette  abusive. Anche qui, come nella Capitanata, il numero ricorrente è trent’aani. Là di ammazzamenti di uomini mentre qua di ammazzamenti ambientali. Cioè: condoni. Già in passato questo Sindaco era stato minacciato e il ministro dell’interno dell’epoca, Angelino Alfano, gli ha dimostrato tutta la sua solidarietà con una telefonata e dotandolo di scorta. Alleluja. Poi però succede che nella giunta di Cambiano ad avere villette abusive siano anche assessori e a votare contro il Sindaco sono quelli del partito di Alfano. Come non sganasciarsi?

Post scriptum
Dopo i clamore sollevato dal sindaco in bermuda, ci sarà una cena riparatrice, come se a dover riparare sia il circolo e non il bermudante. Saranno tutti in bermuda. Come dire che lungo lo stivale c’è sempre qualcuno più uguale degli altri. Ma questo si sapeva già. E non fa ridere.