Ciò che possiamo licenziare

mercoledì 7 agosto 2024

Giuseppina Carta intervista lo scrittore Giorgio PCA Mameli

 Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa intervista. Ospite dell’ultimo incontro stagionale di Guida alla Lettura, rubrica a cura di Giuseppina Carta sulle frequenze di Radio Olbia, lo scrittore Giorgio PCA Mameli.


Giuseppina Carta: Benvenuto Giorgio è sempre un piacere averti con noi per parlare dei tuoi libri.
Giorgio PCA Mameli: Bene, sono contento di essere qui per la quarta volta e ringrazio Giuseppina Carta e tutti gli amici che vorranno ascoltarci
Giuseppina: Andiamo a scoprire insieme chi è Giorgio PCA Mameli. Suo padre era sardo, di Cagliari, che per motivi di lavoro dovette trasferirsi a Milano, quindi Giorgio, a suo dire, è nato a Milano per sbaglio. Giorgio sin da piccolo ha sentito parlare del celebre tenente dell’Aeronautica Militare Mario Mameli, che era fratello di suo padre. L’eroe medaglia d’argento al valor militare a cui è stato dedicato l’aeroporto di Cagliari. Questa figura lo ha accompagnato negli studi genealogici che negli anni ha curato. In verità nella famiglia vi è anche un altro personaggio illustre: Evelina Mameli Cubeddu che sposò Mario Calvino da cui ebbe Italo che è stato uno dei narratori italiani più importanti del ‘900. Giorgio attualmente collabora con quotidiani e radio, ama la letteratura, la filosofia, il jazz e l’equitazione. Oggi ci parlerà del suo ultimo libro di racconti: La Cadillac Eldorado color verde acqua e altri racconti, Gruppo Editoriale Bonanno. Dopo i tre romanzi: Mia madre mi ha abortita quando avevo 56 anni, Io sono Bianca, Il riparatore di Libri oggi ci parlerai de La Cadillac Eldorado color verde acqua e altri racconti.
Giorgio: Sì, si tratta di ventidue racconti selezionati tra circa un centinaio, scritti tra un romanzo e l’altro: idee … intuizioni … sensazioni che non ho voluto lasciarmi scappare. Ad esempio:  La settimana che cominciò di mercoledì è nato prima come sceneggiatura e poi è diventato un racconto.
Giuseppina: Quindi sono racconti molto diversi l’uno dall’altro.
Giorgio: Credo così debbano essere le raccolte. Ogni racconto rappresenta un momento, una situazione, uno stato d’animo particolare. I racconti sono degli specchi o delle fotografie, ci si riflette … ci si rivede. E quindi l’ho considerata una passeggiata allegorica-creativa-verista tra i fatti della vita
Giuseppina: E tu di fatti della vita, come li chiami? Ne hai individuati parecchi. Mi ha molto divertito Flirt Muto, ma sembra che manchi il finale. Come va a finire?
Giorgio: Flirt Muto non è l’unico a sembrare di terminare nel nulla. Anche ne Il Vento e in Cosa vuoi fare da grande, in L’esame  e in qualche altro ho voluto usare questo approccio, cioè lasciare al lettore la possibilità di non fermarsi all’ultima riga, ma andare avanti da solo e costruirsi il suo proprio finale .
Giuseppina: Tu, in questo caso, stai chiedendo molto al lettore.
Giorgio: Sì, certo, gli sto chiedendo molto. Voglio che partecipi e non si limiti a leggere.
Giuseppina: Richiesta ambiziosa.  Ho visto che hai ambientato alcuni racconti in Sardegna …
Giorgio: Tengo molto alla mia sardità e la Sardegna è sempre in cima ai miei pensieri e quindi non ho potuto resistere alla tentazione. Oltre a Il vento ho collocato nell’Isola anche La Cadillac Eldorado e Cannellas alludas.
Giuseppina: Con alcune frasi in lingua sarda…
Giorgio: In verità mi hanno aiutato diversi amici sardi e così ho imparato nuove parole e nuove  espressioni. 

“Gli uomini fermarono i cavalli a cinque o sei passi da su stabi [la veranda] era sopralzato di due gradini, con il pavimento in legno. Uno dei due cavalli si scrollò ed emise un suono basso e gutturale: un nitrito di saluto, quello legato rispose brevemente. Dopo pochi istanti la porta si

aprì e sulla soglia apparve un uomo di media altezza, nella mano destra teneva su bonette [berretto tradizionale sardo] e nella sinistra sa scopetta [fucile]. Scesi i due gradini si fermò, inspirò a pieni polmoni l’aria fresca dell’alba, sorrise e camminò con movenze lente verso i nuovi venuti , nel mentre si mise a tracolla il fucile, si ravviò con la mano destra i capelli, neri, duri, ondulati e calzò il berretto. Quando fu a un passo da loro entrambi si scoprirono il capo e uno dei due disse: «Salude [salute], don Gavinu» mentre l’altro non parlò, si limitò ad abbassare la testa. Don Gavino rispose prima con un cenno e poi disse: «Salude a bois [a voi]» Montò in sella con agilità e girò il cavallo fino ad avere i due di fronte. Li fissò con occhi penetranti, prima uno e poi l’altro, entrambi ressero lo sguardo e con voce chiara e calma disse: «Cannelas alludas‘nde lassamus [candele accese non ne lasciamo]». Dopo qualche secondo i due ripeterono all’unisono: «Cannelas alludas nun ‘nde lassamus.»  L’uomo chiamato don Gavinu assentì con gravità, toccò leggermente col tallone il fianco del cavallo, questo ruotò docilmente attorno alla sua gamba, poi guardò l’orizzonte e senza un cenno si avviò nella direzione opposta a quella dalla quale erano venuti i due.” (da Cannellas alludas)

 

Giuseppina: Hai anche disegnato una bella descrizione di Bergamo.
Giorgio: Sì, grazie. Grazie per “la bella descrizione”. Abito in un piccolo paese della provincia bergamasca e il racconto  è un omaggio a Bergamo. È intitolato  Un sentire di piazza vecchia.  Bergamo è una città che ammiro: poliedrica, molto bella, austera, elegante, con un forte tratto esoterico e Piazza Vecchia riassume in sé queste caratteristiche. Pensa che per poter entrare nella Basilica di Santa Maria Maggiore bisogna passare sotto il Palazzo della Ragione e questa è solo una delle tante aporie della città.
Giuseppina: Puoi dirmi qual è il racconto a cui ti sei più affezionato, non quello che più ti piace.
Giorgio:  Senz’altro sono molto affezionato a Piazza di Siena: domenica pomeriggio. Riprende la mia passione per l’equitazione ed è atto di affetto, purtroppo postumo, verso il mio cavallo. Ho cercato di mettere su carta le emozioni che Discovery, il mio cavallo, mi ha regalato nei dieci anni in cui siamo stati insieme. Mi ha dato molto e gli devo molto. A stare in groppa ad un cavallo si provano emozioni uniche e spesso  mi sono ritrovato nelle parole di . Margerite Yourcenar  quando, ne Le Memorie di Adriano, descrive il rapporto tra l’imperatore e Boristene, il suo cavallo.
Giuseppina:  Quindi, in qualche modo, la somma di questi tuoi racconti tracciano una sorta di tua biografia.
Giorgio:  In qualche modo si può dire così, ma bisogna districarsi tra allegorie e metafore. Non è proprio una biografia puntuale e anche un po’ burocratica.
Giuseppina: Per terminare un’ultima domanda: per il futuro cosa hai in cantiere?
Giorgio: Ho appena consegnato alla casa editrice la biografia dell’aviatore a cui è intitolato l’aeroporto di Cagliari. È un progetto su cui ho lavorato per oltre un anno, raccogliendo una discreta mole di documenti e di fotografie. Ci tengo molto e conto esca al più presto.
Giuseppina: Grazie Giorgio per essere stato con noi di Radio Olbia. Spero di poter presto leggere il tuo nuovo libro: la biografia dell’aviatore. Grazie ancora e buona estate a tutti. 


Buona settimana e buona fortuna. 

PS. Non è la prima volta che il Vicario Imperiale pubblica un pezzo non suo. Tra quelli che giungono in redazione si seleziona quello ritenuto più interessante per contenuto e forma. Non capita spesso.

 

 

 

 

 

 

 

 

venerdì 2 agosto 2024

I cazzotti fanno male.

 L’aveva già scandito Artemio Altidori nel 1963. La Carini Angela, detta Tigre, l’ha scoperto nel 2014. Ancora in scena la pièce dal titolo "l’underdog piagnone", protagonista Meloni Giorgia.

«I cazzotti fanno male» ricorda Artemio Altidori, pugile suonato  interpretato da Vittorio Gassman in La nobile arte, epico episodio  de I Mostri in coppia con Ugo Tognazzi.  E che i cazzotti facciano male doveva saperlo anche la Carini Angela, soprannominata Tigre, prima di salire sul ring delle Olimpiadi parigine. Doveva saperlo da tempo: i cazzotti fanno male soprattutto quelli stoppati con il naso e a scorrere le fotografie dei grandi pugili lo si vede con chiarezza. Fa male anche vedere una atleta ritirarsi dopo quarantacinque secondi e poi buttarsi sul tappeto in ginocchio e piangere. Suona un po’ come sceneggiata napoletana, proprio come se la immaginano a Parigi e nel resto del mondo quando pensano agli abitanti dello stivale. Anche i cronisti della tv nazionale sono rimasti basiti. L’episodio poteva finire lì: i soliti italiani. Ma è voluta intervenire la Meloni Giorgia, giornalista, in arte deputata e presidente del Consiglio dei ministri d’Italia, seguita dal presidente del Senato, da qualche ministro e alla fine dal governo tutto. E all’unisono si sono messi ad accusare l’avversaria della boxeur nostrana: la tunisina Imane Khelif di essere, detto con sineddoche,  un uomo che picchia una donna. Ridicolo, visto il contesto.  La colpa della magrebina è di avere un livello di testosterone, ormone maschile, ce l’hanno anche le donne, superiore a quello della Carini eppur tuttavia entro i limiti imposti dal CIO. Quindi tutto regolare? Certamente no: non è stato un incontro ad armi pari, ancora sineddoche, hanno tuonato alcuni giornalisti, cani (ammaestrati) da guardia del governo, i quali non si sono neppure peritati di dare un’occhiata al palmares di Imane Khelif:  51 incontri, vinti 42, per ko 6, persi 9, quindi tutt’altro che una rodomonte. E poteva finire anche qui, invece ancora no. La Meloni Giorgia insiste: chiede ed ottiene un incontro con Bach Thomas,  presidente del CIO, per uno scambio di vedute sull’andamento dei giochi. C’è da immaginarsi il commento dell’incolpevole Thomas alla fine dell’incontro. Meglio non sapere. La piéce underdog piagnone sta replicando da ormai due anni e non ha mai fatto ridere. A postilla si può dire: underdog significa perdente e non piagnone e piagnone fa rima con fregnone che fa rima con …

Buona settimana e buona fortuna.