Ciò che possiamo licenziare

venerdì 2 ottobre 2020

Reddito di cittadinanza: la settimana dell’indignazione.

 C’è chi si scaglia contro gli “amici del divano”. Chi vuole “fargli imbiancare le scuole”. Chi non si indigna per l’evasione e l’elusione fiscale. Chi vuole sussidi per le aziende e non per i cittadini. Bersani: In Italia si chiamano assistenzialismo i soldi dati agli altri.

 


Questa che sta finendo sembra sia stata la settimana dell’indignazione. Ci sono arrivati anche gli italici ad indignarsi. Certo con un bel po’ di ritardo rispetto ai francesi ai quali ha dato voce lo scrittore Stéphane Hassel – ha combattuto nella resistenza francese ed è sopravvissuto a Buchenwald – ma era il 2010 e i motivi dell’indignazione erano tutt’altri. Nel suo panphlet, dal titolo Indignatevi!, Hassel chiedeva indignazione per i dimenticati valori della resistenza, per la poca voglia di giustizia e di uguaglianza e per il progresso solo per pochi. Invece gli italici, si spera siano solo una minoranza vociante, si stanno indignando per il reddito di cittadinanza. Sono molti quelli che telefonano o scrivono alle radio o alle televisioni per dire che è ora di finirla di dare denaro agli amici del divano. Quelli che si accontentano di briciole piuttosto che lavorare. Come se il lavoro crescesse sugli alberi e a coglierlo ci volesse niente. Questi moderni Savonarola, qualunquisti e reazionari il giusto, dimenticano che un simile strumento per combattere la povertà esiste in tutti i paesi occidentali e se nel nostro ci sono delle deficienze queste sono da imputarsi al metodo e non a chi non riesce a mettere d’accordo il pranzo con la cena e con quel sussidio arriva a malapena a fine mese. Come tutti gli sciocchi questi novelli indignati guardano il dito e non la luna. E allora piovono proposte oltre il limite della stupidità: “fategli imbiancare le scuole” oppure “fategli tenere puliti i giardini” citrullano, che se così si facesse si avrebbe come risultato di avere come disoccupati imbianchini e giardinieri. Tanto per dire. Che poi a cavalcare queste bischerate ci si mettano anche pretesi progressisti come il Bonaccini Stefano sta solo a dimostrare quanto l’ottusa ossessione del concentrarsi sul proprio ombelico sia trasversale. Che ci siano cose da sistemare è indubbio, che i controlli siano stati laschi è indubbio, che la documentazione richiesta sia lacunosa è indubbio, ma buttare il bambino con l’acqua sporca è da fessi. Piuttosto sarebbe bello vedere analoga indignazione per l’evasione e l’elusione fiscale che molti liberi professionisti, avvocati, dentisti, architetti, notai, artigiani, taxisti, commercianti, partite Iva et similia praticano con grande leggerezza ed altrettanto grave danno per il bilancio dello Stato e dunque per tutti i cittadini. Tra i più feroci critici del reddito di cittadinanza c’è anche, come poteva mancare, il Bonomi Carlo, leader di Confindustria, che se n’è uscito con la definizione di Sussidistan dimostrando con ciò una discreta dose di perfida creatività. Dovrebbe mandare il suo curriculum a Charlie Hebdo, forse lì ha un futuro.  Dopo di che cade nella banalità e qui è poco creativo perché chiede che i sussidi non siano dati a chi vive in indigenza ma alle imprese. Che se i soldi dello Stato finiscono agli industriali allora non si tratta più di  sussidi e assistenzialismo. E ha ragione il Bersani Pier Luigi quando chiosa: “In Italia si chiamano assistenzialismo i soldi che vanno agli altri”. Per una volta tanto sacrosanta verità bersaniana.

Buona settimana e buona fortuna.

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