D’accordo
sulla commozione e sulla vergogna e sull’orrore, dopo di che cosa si fa? Se si
prendessero i giornali degli ultimi vent’anni si scoprirebbe che son tutti sentimenti e discorsi e articoli
fotocopia. Si cede sempre alla logica che «domani è un altro giorno e la vita
deve andare avanti.»
Questa volta il numero dei morti ha superato di gran lunga quello dei sopravvissuti,
di quelli cioè che l’hanno scampata al deserto, alla fame, alla sete, al caldo,
al freddo, agli stupri, alle sevizie, alle torture, ai ladrocini e a qualsiasi
altra cosa possa venire in mente ad un caldo e ben pasciuto benpensante..I
morti sono trecento e le parole tremila o magari anche trecentomila o tre
milioni. Il numero delle parole supera sempre per quantità ed intensità
qualsiasi evento disastroso. Non è la prima volta che una simile sciagura accade in quell’isola così bella e così
martoriata per essere il punto d’Europa più vicino all’Africa. Però questa è la
prima volta che su quelle spiagge muoiono in così tanti e in un solo tentativo
di sbarco.
Diceva Karl Wolff che «se se ne ammazzano dieci o venti si fa una strage se invece il numero sale, soprattutto se s’impenna a dismisura, si compila più semplicemente una statistica». E lui se ne intendeva essendo un generale delle Waffen SS. Probabilmente per qualcuno non è così: che siano solo trecento o anche solo tredici o anche solo tre i morti affogati che vogliono scappare dalla fame e dalla miseria, per non dire dalla guerra perché la retorica piace punto per non dire nulla, fa ancora un certo effetto. Per fortuna.
Diceva Karl Wolff che «se se ne ammazzano dieci o venti si fa una strage se invece il numero sale, soprattutto se s’impenna a dismisura, si compila più semplicemente una statistica». E lui se ne intendeva essendo un generale delle Waffen SS. Probabilmente per qualcuno non è così: che siano solo trecento o anche solo tredici o anche solo tre i morti affogati che vogliono scappare dalla fame e dalla miseria, per non dire dalla guerra perché la retorica piace punto per non dire nulla, fa ancora un certo effetto. Per fortuna.
Ma anche qui c’è però da intendersi sul tipo di effetto
e sulla conseguenza che quello sortisce. Eh già perché su questioni del genere
non si può andare un tanto al chilo, bisogna essere precisi. E ancor più che
precisi, selettivi, sofisticati anzi sofisticatissimi nell’intendersi sul tipo
di effetto che questi eventi hanno. E soprattutto su chi hanno effetto. Anche
se molto spesso il combinato disposto tra il ‘tipo d’effetto’ e il ‘chi’ mette quasi
ancor più tristezza che non le stesse morti.
Infatti c’è chi si commuove, come ai funerali. E quindi?
C’è chi piange. E quindi? C’è chi si indigna. E quindi? C’è chi butta corone di
fiori in mare. E quindi? C’è chi fa discorsi. E quindi? C’è chi maledice. E
quindi? C’è chi grida «vergogna!» E quindi? C’è chi alla «vergogna aggiunge
orrore», quasi si fosse alla gara di chi le spara più grosse. E, comunque, e quindi?
C’è chi porta solidarietà, che tanto non costa nulla. E quindi? C’è chi
abbraccia. E quindi? C’è chi propone premi Nobel. E quindi? C’è chi chiama in
soccorso gli altri. E quindi? C’è chi vuol cambiare o abolire le leggi. E
quindi? C’è chi sostiene che il problema è ben altro. E quindi? E poi senz’altro
ci sarà chi applaudirà ai funerali. E per questi non val la pena di sprecare un
«e quindi?»
Sì perché sulla retorica molti son campioni ma di
solito è sul «e quindi?» che cascano, e non sono solo gli asini. E sul «e quindi?» Se con pazienza si andassero
a riprendere i giornali degli ultimi vent’anni si noterebbe con sconsolata
tristezza che gli articoli, i discorsi e financo i sentimenti e le lacrime sono
in formato fotocopia. Un tempo andavano per la maggiore le sciagure dell’Adriatico:
c’era la questione albanese poi ha preso il sopravvento quella africana. Gli
albanesi possono arrivare in Europa anche via terra. Per gli africani è un po’
più difficile.
E quindi dopo l’indignazione, la vergogna, l’orrore,
la solidarietà e tutto il resto che compone il merchandising del buonismo che
si fa? Le risposte «siamo impotenti» o «tocca ad altri» o «non abbiamo le
risorse » non sono ammesse. Paccottiglia d’accatto che lascia il tempo che
trova. Perché questo è il momento del fare. Ma fare veramente. Salvo frignare
ora, per poi consolarsi con il fatto che «domani è un altro giorno e la vita
deve andare avanti». Che poi è come dire che si è tutti veramente molto
dispiaciuti ma in realtà non gliene frega niente a nessuno. Che se così è
almeno lo si dicesse chiaramente e non ci si nascondesse vigliaccamente dietro le
parole «vergogna ed orrore». Che tanto qui, questa sera si cenerà uguale, come
i pesci davanti a Lampedusa.
Sulla questione hanno parlato anche i leghisti, ma
di loro non val la pena di tener conto.
Domani sará uguale a oggi,anzi un po' peggio..
RispondiEliminaÉ tragica la morte di 300 persone come diventano inutili 3000 parole !
RispondiEliminaMa nessuno parla della sopravvissuta su quel barcone che nella traversata ha subito uno stupro di gruppo. shhhh nn diciamo niente di questo altrimenti scema l'immagine di sconforto
RispondiEliminaGià, nessuno ne parla.....
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