Ricky Martin ed Enzo Bettiza: due persanaggi molto distanti, quasi agli antipodi, con qualcosa di comune.
Il primo è nato a Portorico il 24 Dicembre del 1971, l’altro il 7 Giugno 1927 a Spalato, la famiglia faceva parte della comunità italiana, nel cuore della mitteleuropa, uno è un cantante di successo, con La Copa De La Vita (versione inglese) ha venduto più di ventimilioni di cd oltre che essere un sex symbol per diverse milioni di ragazzine e non solo, il secondo è un po’ canuto e ha scritto qualche centinaia di articoli e diversi libri ed è indicato come il più raffinato dei giornalisti italiani.
Eppure hanno qualcosa in comune: la voglia di raccontare all’universo mondo i loro “segreti”, la voglia tutta metafisica di scoprirsi, di mettersi in desabillè, di presentarsi in canotta-mutande-calzini.
Questo nuovo atteggiamento,detto di tendenza, viene chiamato outing*
Finora i vip ci hanno graziosamente forniti solo due tipi di outing: quello a valenza sexy e quello politico. E speriamo si fermino a questi due.
Ma poiché nulla è semplice a questo mondo, gli italici sono riusciti a definire due tipologie di sex-ouing: quello omo quello etero.
Il giovane portoricano casca in quello omo: ha dichiarato di essere gay. Di base vien fatto di dire::fatti suoi.Se piace a lui, contenti tutti.
Unico effetto collaterale è che quei milioni di ragazzine, e non solo, che lo consideravano un sex symbol avranno pensato: “peccato-tutto-quel-ben-di-dio-sprecato!” E quindi di nuovo: fatti suoi. Faccia l’amore come gli va.
Sul palcoscenico etero invece si è presentato Franco Califano, anche lui cantante, con l'aggiunta di essere paroliere, che ha dichiarato all'universo mondo che a 73 anni non usa il viagra. Salute.
E comunque sono fatti suoi. Effetti collaterali non se ne immaginano.
Sul coté politico ecco dunque il mitteleuropeo Bettiza. In effetti mancava.
Prima ci ha informato** che è in grado di sviluppare sogni poliglotti a seconda del soggetto: con la balia sogna in serbo-croato, con le Piljakove (amiche sue sovietiche) in russo, con Simone Veil (ma cme gli può venire in ment di sognarla?) il sogno è in francese, con il papà, ovviamente, in veneto.
Dopo tanto dispendio di energia viene da chiedersi: e in italiano, mai?
Domande: e se per caso gli capitasse di sognare una cosa semplice come parcheggiare a Cagliari o di ordinare una pizza a Napoli o fare una passeggiata sulla Maiella? In che lingua sognerebbe? Buio fitto. La lingua di Dante la usa solo quando scrive articoli o rilascia interviste. Praticamente una lingua di solo lavoro, un attrezzo. Evvabbè
Quindi tutta la raffinatezza che gli viene attribuita deve consistere in questa sua abilità sognatoria o nei suoi impermeabili visto che vuol mettere in piazza anche questi: “ Berlusconi, una volta in tv raccontò di indossare un impermeabile copiato dai miei”
Prego notare le proporzioni: Berlusconi uno Bettiza tanti. Complimenti.
Quindi Bettiza ci confessa che lui, il più sofisticato, ama Bossi. Quello più vecchio, non il trota. Auguri.
Poi per non farsi mancare nulla ci ha informato che il papà del trota è un fine politico (né rozzo né greve e neppure folkloristico) e questo perché “sa benissimo dove va il boccino e fino a dove lo può spingere.” Accidenti!
Neppure Giorgio Gaber parlando del mitico Riccardo era arrivato a tanto essendosi fermato a “ma per fortuna che c’è il Riccardo che da solo gioca al biliardo,non è di grande compagnia ma è il più simpatico che ci sia.” E Bossi senior non sembra un mostro di simpatia.
Ma comunque ancora una volta sono fatti suoi. Voti per chi gli pare.
Effetti collaterali probabilmente nessuno. Il senatur guadagna voti a prescindere da questi soccorritori dell’ultima ora.
La domanda a questo punto è semplice: ma perché questo sventolar di panni in piazza? Perché fare tutte queste confessioni?
Hanno tutte (anche quella del simpatico Ricky, visto che essere gay negli States e soprattutto nello star system non fa scalpore) lo stordente odore del narciso. E sanno anche un po’ di commerciale: come quando Tognazzi nel film “Ultimo minuto” dice ad un giornalista “scrivi che lo vuole l’Inter. Si lo so che è un brocco,ma magari riusciamo a venderlo”
O sarà forse che la canotta del papà del trota, anche se ad anni di distanza, sta facendo scuola e ora gli epigoni oltre alla camicia si tolgono anche il resto?
Triste la sindrome canotta-mutanda-calzini.
__________________________-
* Il termine outing nasce agli inizi degli anni ’90 nel movimento omosessuale americano come atto provocatorio e di ritorsione nei confronti di persone che, segretamente omosessuali, in pubblico si dimostravano omofobi di particolare aggressività.
Con il tempo si è passati dall’outing, atto rivolto verso gli altri, all’outing oneself atto rivolto verso sé stessi, ovvero la dichiarazione di avere una sessualità diversa da quella eterosessuale. In Italia si usa il termine outing tout-court per entrambe le situazioni.
** Corsera del 26 aprile 2010
Histats_variables.push("Ricky","0");
Ciò che possiamo licenziare
mercoledì 28 aprile 2010
giovedì 22 aprile 2010
Il partito dell’Ammmore
Che bello il Partito dell’Ammmmmore, in arte PdA.
Oggi gli italiani sembrano apprezzare il Partito dell’Amore ancora più di ieri.
Sì perché il Partito dell’Ammmmmore dei nostri giorni è una copia, non perfetta s’intende, di un altro Partito dell’Amore che vide la luce tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90.
Il prologo di questo film a luci rosé ebbe inizio nel 1987 quando i radicali, a causa di quel diavoletto provocatore che sempre gli ballonzola nelle tasche e non solo lì, decisero di candidare al Parlamento Italiano Ilona Staller , in arte Cicciolina. Una che d’amore s’intendeva e con il suo inseparabile amico serpente (un altro che da tempo immemorabile la sa lunga su queste questioni) era disposta anche a dare ripetizione ai più svogliati. Tra i suoi ammiratori, mica tutti dei marcantoni s’intende, anzi tutt’altro, c’è stato anche chi non ferratissimo in materia (il viagra era di là dall’essere inventato) si fece dare ripetizioni tra le nuvole. Ma questo è un altro capitolo.
A urne aperte (elezioni politiche del 1987) si scoprì e mai come in questo caso il verbo è appropriato, che Cicciolina aveva ottenuto oltre 20.000 preferenze e un seggio in Parlamento. I parlamentari iniziarono così ad assaggiare il senso di avere un Partito dell’Amore nell’austera aula che fu dei padri della Patria e apprezzarono. Gente dall’occhio lungo e non solo di occhio si tratta, quella che siede negli scranni di Montecitorio.
Dopo un tale exploit Ilona e Moana Pozzi, un’altra che s’era così appassionata dell’amore da farlo diventare una missione, decisero di fondare il vero Partito dell’Amore e di presentarsi alle elezioni politiche del 1992.
Ragazze innamorate dell’amore queste due ma con sale in zucca, cioè là dove deve stare, capirono immediatamente l’importanza delle alleanze e quindi cercarono dei partners. E dove trovarono tenera accoglienza? Tra i pensionati, naturalmente. Perché già allora esisteva il Partito dei Pensionati.
Amore e Pensionati: un binomio inscindibile, come democrazia e socialismo, Gianni e Pinotto, gelato cioccolato e limone, Silvio e Umberto. Ma questi ultimi verranno più tardi a turbare il sonno degli uomini fini.
Nel 1992 comunque il Partito dell’Amore, ottenne solo 22.409 voti, non sufficienti a raggiungere il quorum e quindi no seggio, come si direbbe oggi.
Moana, che per parte sua frequentava i palazzi giusti, dava lezioni d’amore e prendeva appunti di politica, in quello che si può definire uno scambio alla pari. (e anche questo è stato un bell’esempio a cui ancor oggi ci si rifà con un certo successo) ottenne invece un risultato personale che ha dell’eccezionale: 12.392 voti di preferenza. Quasi il doppio di quelli presi nella stessa tornata elettorale da Umberto Bossi (6.985) che però col tempo e con sommo sprezzo del pericolo si lancerà in mille e più tenzoni e si rifarà e in questo e quello, e molti di più di Rutelli (10.778) che però già allora d’altro amore non ne aveva bisogno, essendone ricolmo.
Da allora la parola partito e la parola amore sembravano aver divorziato. Brutta cosa il divorzio. Come dicono tutti i divorziati che fanno un sacco di casini perché si ritrovano con due o anche tre famiglie e, benefattori come sono, non vogliono che altri finiscano nelle stesse condizioni.
Comunque, come talvolta accade, la nostalgia porta alcuni a voler rivivere il passato e così rinasce il partito dell’amore. Questa volta però nasce urlato durante un comizio. Certo che il fondatore non ha né le parvenze né le movenze e tanto meno gli obiettivi di Ilona, Moana, Barbarella, Eva e delle altre.Uomo più pratico non fa caso alle differenze con l’esempio originale.
E' da dire poi che non ci sono più le cose d’una volta (d’altra parte, anche le mezze stagioni ...) però c’è impegno. La materia, alla fine, non è così ostica e applicandosi un pò c’è stato chi, anche prima della formale resurrezione del neo PdA ha saputo riconiugare ammmmore e politica e, anche senza serpente qualche frutto l’ha colto.
Bhè, i tempi son cambiati e oggi nessuno è più interessato solo alle mele. Magari all’intero frutteto.
Le differenze fra copia e originale non si fermano a questo. Nell’originale erano gli uomini a pietire quote azzurre, le parole erano sussurrate, i comizi riservavano sempre qualche intrigante intima scoperta e poi Ilona e Moana e le altre erano tenere, puffacchiose e morbidose. Ora a parlare d’ammmmore ci sono guance un po’ cadenti che lifting ripetuti non riescono a mantenere né alte né dritte, le donne sono pochine, anche se alcune si dimostrano ferrate in materia e altre anche se non predisposte sono dotate di buona volontà, ma poche rondini non fanno primavera. Poi, altra differenza fondamentale, i maschi sono tanti, troppi, con voci tonanti e atti energici e per nulla somiglianti alle originarie fondatrici.
Lupi non assomiglia certo a Ilona e La Russa non ha la voce suadente di Moana e Schifani ha poco a che spartire con Barbarella così come Gasparri non è proprio in gara con Eva Orlowsky.
Poi anche sul versante del simbolismo animale le differenze sono marcate: là c’era un elegante e sinuoso pitone, un po’ viscido forse (e qui forse qualche somiglianza almeno caratteriale con qualcuno del partito la si potrebbe anche trovare …) oggi invece si ha a che fare con pesanti elefanti ed aggressivi veltri. Insomma roba tosta..
La parola amore non è più sussurrata è urlata e l’idea che questa seconda edizione del Partito dell’Ammmmore ne dà è meno delicata, è un po’ più ruspante…. un po’ più forte …. un po’ più decisa.
Una volta si diceva che l’amore non è bello se non è litigarello (notare la semantica: il diminutivo vezzeggiativo) ma questi nuovi che non hanno esperienza praticano il litigarello da par loro. Quindi si ha a che fare con un amore un po’ incavolato, o per meglio dire in… inca…. incaz …Insomma lasciamo perdere. Oggi dentro al Partito dell’Amore, tra gli aderenti, gli smatafloni volano che è un piacere e non solo quelli . Insomma , diciamolo, i maschi sono dei materialoni e dei brutaloni. Per come se le suonano e per come se le cantano di santa ragione, ci si domanda che tipo d’amore sia quello che pro-pugnano (notare il latinismo esplicativo).
Anche questa tipologia d’ammmmmore ha comunque radici storiche ed ha attraversato gli ultimi tre secoli con diversi estimatori. Questo è l’ammmmmore di tipo sado-maso, dove tra amici-amanti ci si mena di santa rgione.
Senza dubbio i nuovi vessilliferi dell’ammmmore sono più attrezzati per questo tipo piuttosto che per l’originario. A ben guardarli durante le loro performance televisive si sospetta che tutto l’armamentario sado-maso di corpetti, maschere, sospensori e frustini l’abbiano nascosto sotto le camice.o nelle tasche delle giacche. E poi si sa che il sado-maso è nero.
Un po’ perché il nero smagrisce, un po’ perché fa giovane, un po’ perché è sempre stato di moda e un po’ anche perché accomuna tutti i passati: le tonache (nere), le camicie (nere) e adesso le magliette a girocollo (nere).
Si intende che questo modo d’esprimere l’ammmmore gli piace da come si infoiano, da come il viso gli diventa paonazzo quasi da scoppiare, dalla respirazione che si fa affannosa e poi, da come di botto, s’abbattono esausti sulle sedie. Questo è piacere vero, allo stato puro. E’ amore sonante che lascia anche i segni. E poi lo fanno in pubblico, negli studi televisivi, davanti a tutti. Un pò di voyeurismo ci vuole nel sado-maso.
Certo Moana e Cicciolina questi vantaggi mass-mediatici non ce l’avevano. Altrimenti sai che audience.
Il fatto è che questo Partito dell’Amore Sado Maso (a parte la sigla che suona male PdASM, sembra una malattia dei polmoni) forse un po’ affascina ma molto anche spaventa perché se sono così maneschi quando stanno tra loro che faranno quando si troveranno a giocare con gli quelli di un’altra squadra?
E se finisse come quell’altro? Certo sarebbe un altro bell'esempio di nemesi storica
______________________________________________
Histats_variables.push("Il patito dell\'ammmmore","0");
Oggi gli italiani sembrano apprezzare il Partito dell’Amore ancora più di ieri.
Sì perché il Partito dell’Ammmmmore dei nostri giorni è una copia, non perfetta s’intende, di un altro Partito dell’Amore che vide la luce tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90.
Il prologo di questo film a luci rosé ebbe inizio nel 1987 quando i radicali, a causa di quel diavoletto provocatore che sempre gli ballonzola nelle tasche e non solo lì, decisero di candidare al Parlamento Italiano Ilona Staller , in arte Cicciolina. Una che d’amore s’intendeva e con il suo inseparabile amico serpente (un altro che da tempo immemorabile la sa lunga su queste questioni) era disposta anche a dare ripetizione ai più svogliati. Tra i suoi ammiratori, mica tutti dei marcantoni s’intende, anzi tutt’altro, c’è stato anche chi non ferratissimo in materia (il viagra era di là dall’essere inventato) si fece dare ripetizioni tra le nuvole. Ma questo è un altro capitolo.
A urne aperte (elezioni politiche del 1987) si scoprì e mai come in questo caso il verbo è appropriato, che Cicciolina aveva ottenuto oltre 20.000 preferenze e un seggio in Parlamento. I parlamentari iniziarono così ad assaggiare il senso di avere un Partito dell’Amore nell’austera aula che fu dei padri della Patria e apprezzarono. Gente dall’occhio lungo e non solo di occhio si tratta, quella che siede negli scranni di Montecitorio.
Dopo un tale exploit Ilona e Moana Pozzi, un’altra che s’era così appassionata dell’amore da farlo diventare una missione, decisero di fondare il vero Partito dell’Amore e di presentarsi alle elezioni politiche del 1992.
Ragazze innamorate dell’amore queste due ma con sale in zucca, cioè là dove deve stare, capirono immediatamente l’importanza delle alleanze e quindi cercarono dei partners. E dove trovarono tenera accoglienza? Tra i pensionati, naturalmente. Perché già allora esisteva il Partito dei Pensionati.
Amore e Pensionati: un binomio inscindibile, come democrazia e socialismo, Gianni e Pinotto, gelato cioccolato e limone, Silvio e Umberto. Ma questi ultimi verranno più tardi a turbare il sonno degli uomini fini.
Nel 1992 comunque il Partito dell’Amore, ottenne solo 22.409 voti, non sufficienti a raggiungere il quorum e quindi no seggio, come si direbbe oggi.
Moana, che per parte sua frequentava i palazzi giusti, dava lezioni d’amore e prendeva appunti di politica, in quello che si può definire uno scambio alla pari. (e anche questo è stato un bell’esempio a cui ancor oggi ci si rifà con un certo successo) ottenne invece un risultato personale che ha dell’eccezionale: 12.392 voti di preferenza. Quasi il doppio di quelli presi nella stessa tornata elettorale da Umberto Bossi (6.985) che però col tempo e con sommo sprezzo del pericolo si lancerà in mille e più tenzoni e si rifarà e in questo e quello, e molti di più di Rutelli (10.778) che però già allora d’altro amore non ne aveva bisogno, essendone ricolmo.
Da allora la parola partito e la parola amore sembravano aver divorziato. Brutta cosa il divorzio. Come dicono tutti i divorziati che fanno un sacco di casini perché si ritrovano con due o anche tre famiglie e, benefattori come sono, non vogliono che altri finiscano nelle stesse condizioni.
Comunque, come talvolta accade, la nostalgia porta alcuni a voler rivivere il passato e così rinasce il partito dell’amore. Questa volta però nasce urlato durante un comizio. Certo che il fondatore non ha né le parvenze né le movenze e tanto meno gli obiettivi di Ilona, Moana, Barbarella, Eva e delle altre.Uomo più pratico non fa caso alle differenze con l’esempio originale.
E' da dire poi che non ci sono più le cose d’una volta (d’altra parte, anche le mezze stagioni ...) però c’è impegno. La materia, alla fine, non è così ostica e applicandosi un pò c’è stato chi, anche prima della formale resurrezione del neo PdA ha saputo riconiugare ammmmore e politica e, anche senza serpente qualche frutto l’ha colto.
Bhè, i tempi son cambiati e oggi nessuno è più interessato solo alle mele. Magari all’intero frutteto.
Le differenze fra copia e originale non si fermano a questo. Nell’originale erano gli uomini a pietire quote azzurre, le parole erano sussurrate, i comizi riservavano sempre qualche intrigante intima scoperta e poi Ilona e Moana e le altre erano tenere, puffacchiose e morbidose. Ora a parlare d’ammmmore ci sono guance un po’ cadenti che lifting ripetuti non riescono a mantenere né alte né dritte, le donne sono pochine, anche se alcune si dimostrano ferrate in materia e altre anche se non predisposte sono dotate di buona volontà, ma poche rondini non fanno primavera. Poi, altra differenza fondamentale, i maschi sono tanti, troppi, con voci tonanti e atti energici e per nulla somiglianti alle originarie fondatrici.
Lupi non assomiglia certo a Ilona e La Russa non ha la voce suadente di Moana e Schifani ha poco a che spartire con Barbarella così come Gasparri non è proprio in gara con Eva Orlowsky.
Poi anche sul versante del simbolismo animale le differenze sono marcate: là c’era un elegante e sinuoso pitone, un po’ viscido forse (e qui forse qualche somiglianza almeno caratteriale con qualcuno del partito la si potrebbe anche trovare …) oggi invece si ha a che fare con pesanti elefanti ed aggressivi veltri. Insomma roba tosta..
La parola amore non è più sussurrata è urlata e l’idea che questa seconda edizione del Partito dell’Ammmmore ne dà è meno delicata, è un po’ più ruspante…. un po’ più forte …. un po’ più decisa.
Una volta si diceva che l’amore non è bello se non è litigarello (notare la semantica: il diminutivo vezzeggiativo) ma questi nuovi che non hanno esperienza praticano il litigarello da par loro. Quindi si ha a che fare con un amore un po’ incavolato, o per meglio dire in… inca…. incaz …Insomma lasciamo perdere. Oggi dentro al Partito dell’Amore, tra gli aderenti, gli smatafloni volano che è un piacere e non solo quelli . Insomma , diciamolo, i maschi sono dei materialoni e dei brutaloni. Per come se le suonano e per come se le cantano di santa ragione, ci si domanda che tipo d’amore sia quello che pro-pugnano (notare il latinismo esplicativo).
Anche questa tipologia d’ammmmmore ha comunque radici storiche ed ha attraversato gli ultimi tre secoli con diversi estimatori. Questo è l’ammmmmore di tipo sado-maso, dove tra amici-amanti ci si mena di santa rgione.
Senza dubbio i nuovi vessilliferi dell’ammmmore sono più attrezzati per questo tipo piuttosto che per l’originario. A ben guardarli durante le loro performance televisive si sospetta che tutto l’armamentario sado-maso di corpetti, maschere, sospensori e frustini l’abbiano nascosto sotto le camice.o nelle tasche delle giacche. E poi si sa che il sado-maso è nero.
Un po’ perché il nero smagrisce, un po’ perché fa giovane, un po’ perché è sempre stato di moda e un po’ anche perché accomuna tutti i passati: le tonache (nere), le camicie (nere) e adesso le magliette a girocollo (nere).
Si intende che questo modo d’esprimere l’ammmmore gli piace da come si infoiano, da come il viso gli diventa paonazzo quasi da scoppiare, dalla respirazione che si fa affannosa e poi, da come di botto, s’abbattono esausti sulle sedie. Questo è piacere vero, allo stato puro. E’ amore sonante che lascia anche i segni. E poi lo fanno in pubblico, negli studi televisivi, davanti a tutti. Un pò di voyeurismo ci vuole nel sado-maso.
Certo Moana e Cicciolina questi vantaggi mass-mediatici non ce l’avevano. Altrimenti sai che audience.
Il fatto è che questo Partito dell’Amore Sado Maso (a parte la sigla che suona male PdASM, sembra una malattia dei polmoni) forse un po’ affascina ma molto anche spaventa perché se sono così maneschi quando stanno tra loro che faranno quando si troveranno a giocare con gli quelli di un’altra squadra?
E se finisse come quell’altro? Certo sarebbe un altro bell'esempio di nemesi storica
______________________________________________
Histats_variables.push("Il patito dell\'ammmmore","0");
domenica 11 aprile 2010
I francesi lo vogliono. E noi diamoglielo. Tre indizi ed una soluzione.
I francesi sono sempre stati un po’ spitinfi.
(spitinfio= tipica espressione padana per dire di uno con la puzza sotto il naso. Per noi che viviamo nel grande regno del papà del trota è bene che non si perda il contatto con la lingua del territorio!).
Dunque eravamo rimasti a spitinfi.
Sì, i francesi sono spitinfi: i loro formaggi sono “superb” e hanno nomi altisonanti come “caprice de dieu” o “camamber”. Mi raccomando con una bella errrrrrrrr strascicata. I loro vini sono i migliori del mondo e in particolare dei nostri, e che dire dello champagne, che noi più prosaicamente chiamiamo spumante? E poi loro si ritengono maestri della moda, anche se Barack veste italiano.
Insomma l’idea di grandeur per loro è un chiodo fisso. E questo è il primo indizio
Tuttavia … tuttavia, nonostante l’alto tasso di spitinfiaggine (vedi nota sopra) di tanto in tanto hanno momenti di debolezza nei nostri confronti e si degnano di importare anche prodotti italici.
Però, sia chiaro, da noi vogliono il meglio e soprattutto importare gadget da mettere in bella mostra e di cui potersi vantare con i vicini: i rigidi tedeschi e gli antipatici belgi.
E così si sono portati a casa Caterina de Medici (1519-1589) moglie di Enrico II ma soprattutto madre di tre re e due regine. Mica bruscoli. Poi soddisfatti del primo affare hanno proseguito con Maria (1575-1612), sempre una Medici, che tanto per non sfigurare mette al mondo niente-popo-di-meno-che Luigi XIII. E così vanno avanti con Giulio Mazzarino da Pescina (1601-1661), evidentemente gli piacciono i toscani, cardinale di grande pregio.
E che dire poi del petit italien, al secolo Napoleone Bonaparte, mica tanto alto, però sapeva il fatto suo. E neanche Sarkò è un gigante. Forse tappo gli piace. E questo è il secondo indizio.
E poi ancora hanno importato altri pezzi di grande pregio: che dire di Claudià (Cardinale, ma nata in Algeria) e poi di Marçelò (Mastroianni, grande tombeur de femme) e Paolò (nel senso di Conte che all’Olympia fa sempre il pieno) . Pezzi da novanta.
Infine Carlà (coniugata Sarkozy) di cui con frenetica passione acquistano i dischi, lanciandola in cima alla hit parade locale. Che gli italiani cantino evidentemente li entusiasma. E questo è il terzo indizio.
A questo punto se tre indizi fanno una prova, loro dall’Italia vogliono: qualcuno che abbia un forte senso di grandeur, sia basso e sappia cantare*.
E allora non facciamoci pregare: diamogli quello che cercano prima che ce lo chiedano: esportiamo Berlusconi (insieme ad Apicella).
Anche a prezzi modici, anche in comodato d’uso gratuito. Noi non abbiamo manie di grandezza, noi siamo generosi.
E poi, con tacchi e solette Berluscò è più alto di Sarkò.
* Corriere della Sera del 9 Aprile 2010, pg. 5 dove, tra l’altro, si racconta di Berlusconi che canta in francese alla cena di gala. E poi ci lamentiamo se siamo classificati solo come "pizza&mandolino".
(spitinfio= tipica espressione padana per dire di uno con la puzza sotto il naso. Per noi che viviamo nel grande regno del papà del trota è bene che non si perda il contatto con la lingua del territorio!).
Dunque eravamo rimasti a spitinfi.
Sì, i francesi sono spitinfi: i loro formaggi sono “superb” e hanno nomi altisonanti come “caprice de dieu” o “camamber”. Mi raccomando con una bella errrrrrrrr strascicata. I loro vini sono i migliori del mondo e in particolare dei nostri, e che dire dello champagne, che noi più prosaicamente chiamiamo spumante? E poi loro si ritengono maestri della moda, anche se Barack veste italiano.
Insomma l’idea di grandeur per loro è un chiodo fisso. E questo è il primo indizio
Tuttavia … tuttavia, nonostante l’alto tasso di spitinfiaggine (vedi nota sopra) di tanto in tanto hanno momenti di debolezza nei nostri confronti e si degnano di importare anche prodotti italici.
Però, sia chiaro, da noi vogliono il meglio e soprattutto importare gadget da mettere in bella mostra e di cui potersi vantare con i vicini: i rigidi tedeschi e gli antipatici belgi.
E così si sono portati a casa Caterina de Medici (1519-1589) moglie di Enrico II ma soprattutto madre di tre re e due regine. Mica bruscoli. Poi soddisfatti del primo affare hanno proseguito con Maria (1575-1612), sempre una Medici, che tanto per non sfigurare mette al mondo niente-popo-di-meno-che Luigi XIII. E così vanno avanti con Giulio Mazzarino da Pescina (1601-1661), evidentemente gli piacciono i toscani, cardinale di grande pregio.
E che dire poi del petit italien, al secolo Napoleone Bonaparte, mica tanto alto, però sapeva il fatto suo. E neanche Sarkò è un gigante. Forse tappo gli piace. E questo è il secondo indizio.
E poi ancora hanno importato altri pezzi di grande pregio: che dire di Claudià (Cardinale, ma nata in Algeria) e poi di Marçelò (Mastroianni, grande tombeur de femme) e Paolò (nel senso di Conte che all’Olympia fa sempre il pieno) . Pezzi da novanta.
Infine Carlà (coniugata Sarkozy) di cui con frenetica passione acquistano i dischi, lanciandola in cima alla hit parade locale. Che gli italiani cantino evidentemente li entusiasma. E questo è il terzo indizio.
A questo punto se tre indizi fanno una prova, loro dall’Italia vogliono: qualcuno che abbia un forte senso di grandeur, sia basso e sappia cantare*.
E allora non facciamoci pregare: diamogli quello che cercano prima che ce lo chiedano: esportiamo Berlusconi (insieme ad Apicella).
Anche a prezzi modici, anche in comodato d’uso gratuito. Noi non abbiamo manie di grandezza, noi siamo generosi.
E poi, con tacchi e solette Berluscò è più alto di Sarkò.
* Corriere della Sera del 9 Aprile 2010, pg. 5 dove, tra l’altro, si racconta di Berlusconi che canta in francese alla cena di gala. E poi ci lamentiamo se siamo classificati solo come "pizza&mandolino".
mercoledì 7 aprile 2010
I suggerimenti di Castruccio al pastore tedesco della chiesa cattolica apostolica romana
Ghibellino lo sono sempre stato e con la chiesa ho avuto a che fare per tutta la vita.
Spesso siamo andati per le spicce ma questo non mi ha impedito di costruire nel 1324 la mia cappella privata in quel di Lucca e neppure ha mai smorzato la mia voglia di leggere con passione il nuovo ed il vecchio testamento.
Non sono uno studioso ma qualcosa ricordo.
Certo che vedere come si è ridotto l’antico nemico fa un po’ pena. Sì, pena.
Il fatto di cui si parla ora è grave, anzi gravissimo, ancor più grave di quelli raccontati nelle novelle di Messere Boccaccio e, d’altra parte, anche Dante qualcuno dei vostri l’ha ben sistemato: tra quelli coi piedi nelle fiamme e quelli in perenne corsa sotto una pioggia di fuoco.
Tanto per dire che si tratta di storia vecchia: la vostra relazione con il sesso e con il denaro.
Ma questa dei bambini, non importa se si tratta di casi di 50 o 60 anni, è di molto peggio.
Ora quello che più mi stupisce e – se posso dire - mi dispiace è il come avviene la difesa: balbettante, alla Don Rodrigo, non maschia, non virile ma, per l’appunto, curiale.
E le argomentazioni poi. Suvvia.
Innanzi tutto la questione dei complotti. Da che mondo e mondo i complotti sono cose da amici. E allora se questo è il fatto, caro pastore, dai un’occhiatina tra gli amici. Magari, ma forse già lo sai, scopri che qualche amico è meno amico.
E poi gli storici: chiedi che abbiano buoni argomenti perché se dicono* “ …non solo gli attacchi comprensibili di chi vorrebbe solo fosse fatta più pulizia ma, soprattutto gli attacchi di chi è stato smascherato ed esercita una propaganda vergognosa contro di lui. (il pastore)” Ancora la teoria del complotti: storie brutte.
E’ che gli smascherati (umidiccio questo modo di parlare per allusioni, fa ricordare altri mondi, che si dicono omertosi) hanno l’aria , ancora una volta, di essere di casa.
Ai tempi della mia gioventù andavate di veleni, quelli veri, di pugnali di ben temperato acciaio, di torture e di squartamenti e di roghi e di massacri, di inquisizioni **.
Oltre tutto facevate alla svelta: in quattro e quattro otto vi lasciavate alle spalle un po’ di cenere e qualche mucchio di cadaveri.
Ora nell’era del politicamente corretto la storia diventa più lunga e anche più sofferta.
Un altro dei tuoi se ne esce con un *:”ci viene detto che abbiamo sbagliato strategia [proprio voi che siete da sempre il migliore, e di più lunga data, ufficio marketing del mondo] …. L’unica strategia che abbiamo ci deriva dal vangelo”.
Bene. Bravo.
Anzi bravissimo il vostro cardinale ma nel vangelo si dice: “il vostro parlare sia sì-si, no-no, il di più viene dal maligno”***
Che ne direste, tu e i tuoi, di aderire per davvero al vangelo? O ve ne volete girare per l’eternità sotto cappe di piombo?
Così sarai ricordato non come il pastore tedesco della chiesa ma come il Che Guevara o il Mao-Tze-Tong del Vaticano. A proposito quest’ultimo diceva che la “verità è rivoluzionaria”.
lunedì 5 aprile 2010
L’elefantino e la donna nuda con le mani in tasca
Da oltre settant’anni siamo noti al mondo per essere un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di navigatori. Per modestia, taciamo di essere anche un popolo di grandi inventori di paradossi..
E’ stato un italiano ad inventare le “convergenze parallele” (ch’era un bel modo per significare che se anche si dicevano le stesse cose bisognava tuttavia continuare a rimanere divisi) e sempre italiano fu l’inventore “del governo della non-sfiducia” (ovvero come spiegò Giancarlo Pajetta: “è una cosa che non gli diamo ma che gli basta!), e infine tra gli italici paradossi più recenti c’è quello dei “dei laici devoti”, che è una contraddizione in termini, come dire, per l’appunto, la donna nuda con le mani in tasca (o prigioni senza sbarre o la fuga del cavallo morto).
Il tenero elefantino, cosa c’è di più tenero del suffisso “ino”, pur di dare senso al non-sense “laico devoto” se ne esce con altrettanto paradossali affermazioni.
E’ il caso dell’articolo intitolato “la carne e padre Murphy”*
Il colletto recita: “Un prete del Wisconsin pedofilo, ma senza violenza. La distinzione (liberale) tra peccato e reato. L’impossibilità della chiesa di rinunciare alla notte dell’innominato.
E qui i paradossi si sprecano:
1) “…pedofilo, ma senza violenza”, è una clamorosa contraddizione: non c’è abuso pedofilo senza violenza. Questa non si estrinseca solo nelle botte (schiaffi, pugni, calci o altre torture che i bruti talvolta infliggono ai bimbi). La violenza sa essere anche bianca, come quando si abusa della propria autorevolezza e del proprio ruolo;
2) “la distinzione (liberale) tra peccato e reato.” Interessante dualismo, ma chi è nato prima: il reato o il peccato? O forse l’elefantino - che talvolta si definisce “vecchio conservatore” - dovrebbe sapere che il reato appartiene, in senso formale, alla sfera del civile - pubblica e sociale - mentre il peccato appartiene anche qui in senso formale a quella della religione - privata e individuale.
Inoltre la sfera del civile considera tutti i cittadini (corpo sociale) a prescindere da razza, sesso, e religione e partito politico, mentre ciò che regola il comportamento in relazione alla religione - qualsiasi essa sia – è un fatto che riguarda, nei premi come nelle sanzioni, esclusivamente gli aderenti alla stessa. E questo vale per qualsiasi associazione o gruppo volontario: dal partito politico al circolo delle bocce, anche qui si consumano peccati.
Peccato e reato hanno ampia (anche se non totale) sovrapposizione: entrambi i concetti fanno riferimento all’etica. ovvero al comportamento dell’uomo di fronte al bene e al male. E dunque l’omicidio è un reato ed un peccato, il furto è un reato ed un peccato, la violenza sui bambini è un reato ed un peccato. L’onanismo è solo un peccato, l’adulterio è solo un peccato, l’indifferenza per i genitori (non onorati) è un peccato e non un reato, bestemmiare è un peccato, civilmente un atto di maleducazione ma non un reato, dire le bugie può essere solo un peccato ma se si mente in tribunale diventa un reato. Ed è sanzionato. Così come evadere le tasse è considerato solo un reato, la corruzione è un reato e non un peccato e anche la concussione è un reato e non un peccato.
Comunque in tutti i casi di totale sovrapposizione ciò che conta, per la società civile è il reato, per questo i nostri tribunali condannano i comportamenti derivanti dalla interpretazione deviata di altre religioni. E se questa legge vale per le altre religioni di massa o di carattere settario vale anche per quella cristiana e cattolica.
3) “L’impossibilità della chiesa di rinunciare alla notte dell’innominato” Già. Nell’ambito della
sua sfera di competenza può essere un suo diritto. Ma solo nell’ambito della sua sfera di competenza che è quella dell’assoluzione del peccato. Non oltre.
Che accadde nella famosa notte dell’innominato? Nulla di straordinariamente speciale: l’innominato si pentì. Ma non è diventato un “collaboratore di giustizia”, tutt’al più un “dissociato”.
Bene, dove sta l’originalità che ha riportato il fatto, a distanza di secoli, all’onore della prima pagina de il foglio? In due punti: che il pentimento abbia tratto la sua origine dalla frase “Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia” pronunciata da Lucia Mondella, la seconda che dopo l’incontro con il Cardinale Federigo Borromeo, che s’intende l’assolve con qualche pater-ave-gloria, se ne va libero e, bello e ripulito, torna candido al suo castello dove, si intende che continuerà a vivere, felice e contento. Del suo pentimento.
In altre parole quel pentimento religioso ha cancellato, o per meglio dire ha assolto tutte le colpe civili.. Ma soprattutto questo significa che un gruppo, ancorché assai numeroso all’interno del contesto sociale decide di avere una sua propria giustizia (privata) e di conseguenza decide di sottrarre i suoi adepti alla giustizia accettata da tutti gli altri membri della società in cui è calata. Paradossale. Prigione senza sbarre
E i poveretti che hanno subito le sue angherie? Avranno avuto giustizia o in virtù di quell’opera (unica) di misericordia avranno dovuto accontentarsi del più classico “chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato”.
E se questa è la logica auguriamoci che nessuno si ricordi di quando Riina aiutò una vecchietta ad attraversare la strada.
* il foglio del 26 marzo 2010
E’ stato un italiano ad inventare le “convergenze parallele” (ch’era un bel modo per significare che se anche si dicevano le stesse cose bisognava tuttavia continuare a rimanere divisi) e sempre italiano fu l’inventore “del governo della non-sfiducia” (ovvero come spiegò Giancarlo Pajetta: “è una cosa che non gli diamo ma che gli basta!), e infine tra gli italici paradossi più recenti c’è quello dei “dei laici devoti”, che è una contraddizione in termini, come dire, per l’appunto, la donna nuda con le mani in tasca (o prigioni senza sbarre o la fuga del cavallo morto).
Il tenero elefantino, cosa c’è di più tenero del suffisso “ino”, pur di dare senso al non-sense “laico devoto” se ne esce con altrettanto paradossali affermazioni.
E’ il caso dell’articolo intitolato “la carne e padre Murphy”*
Il colletto recita: “Un prete del Wisconsin pedofilo, ma senza violenza. La distinzione (liberale) tra peccato e reato. L’impossibilità della chiesa di rinunciare alla notte dell’innominato.
E qui i paradossi si sprecano:
1) “…pedofilo, ma senza violenza”, è una clamorosa contraddizione: non c’è abuso pedofilo senza violenza. Questa non si estrinseca solo nelle botte (schiaffi, pugni, calci o altre torture che i bruti talvolta infliggono ai bimbi). La violenza sa essere anche bianca, come quando si abusa della propria autorevolezza e del proprio ruolo;
2) “la distinzione (liberale) tra peccato e reato.” Interessante dualismo, ma chi è nato prima: il reato o il peccato? O forse l’elefantino - che talvolta si definisce “vecchio conservatore” - dovrebbe sapere che il reato appartiene, in senso formale, alla sfera del civile - pubblica e sociale - mentre il peccato appartiene anche qui in senso formale a quella della religione - privata e individuale.
Inoltre la sfera del civile considera tutti i cittadini (corpo sociale) a prescindere da razza, sesso, e religione e partito politico, mentre ciò che regola il comportamento in relazione alla religione - qualsiasi essa sia – è un fatto che riguarda, nei premi come nelle sanzioni, esclusivamente gli aderenti alla stessa. E questo vale per qualsiasi associazione o gruppo volontario: dal partito politico al circolo delle bocce, anche qui si consumano peccati.
Peccato e reato hanno ampia (anche se non totale) sovrapposizione: entrambi i concetti fanno riferimento all’etica. ovvero al comportamento dell’uomo di fronte al bene e al male. E dunque l’omicidio è un reato ed un peccato, il furto è un reato ed un peccato, la violenza sui bambini è un reato ed un peccato. L’onanismo è solo un peccato, l’adulterio è solo un peccato, l’indifferenza per i genitori (non onorati) è un peccato e non un reato, bestemmiare è un peccato, civilmente un atto di maleducazione ma non un reato, dire le bugie può essere solo un peccato ma se si mente in tribunale diventa un reato. Ed è sanzionato. Così come evadere le tasse è considerato solo un reato, la corruzione è un reato e non un peccato e anche la concussione è un reato e non un peccato.
Comunque in tutti i casi di totale sovrapposizione ciò che conta, per la società civile è il reato, per questo i nostri tribunali condannano i comportamenti derivanti dalla interpretazione deviata di altre religioni. E se questa legge vale per le altre religioni di massa o di carattere settario vale anche per quella cristiana e cattolica.
3) “L’impossibilità della chiesa di rinunciare alla notte dell’innominato” Già. Nell’ambito della
sua sfera di competenza può essere un suo diritto. Ma solo nell’ambito della sua sfera di competenza che è quella dell’assoluzione del peccato. Non oltre.
Che accadde nella famosa notte dell’innominato? Nulla di straordinariamente speciale: l’innominato si pentì. Ma non è diventato un “collaboratore di giustizia”, tutt’al più un “dissociato”.
Bene, dove sta l’originalità che ha riportato il fatto, a distanza di secoli, all’onore della prima pagina de il foglio? In due punti: che il pentimento abbia tratto la sua origine dalla frase “Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia” pronunciata da Lucia Mondella, la seconda che dopo l’incontro con il Cardinale Federigo Borromeo, che s’intende l’assolve con qualche pater-ave-gloria, se ne va libero e, bello e ripulito, torna candido al suo castello dove, si intende che continuerà a vivere, felice e contento. Del suo pentimento.
In altre parole quel pentimento religioso ha cancellato, o per meglio dire ha assolto tutte le colpe civili.. Ma soprattutto questo significa che un gruppo, ancorché assai numeroso all’interno del contesto sociale decide di avere una sua propria giustizia (privata) e di conseguenza decide di sottrarre i suoi adepti alla giustizia accettata da tutti gli altri membri della società in cui è calata. Paradossale. Prigione senza sbarre
E i poveretti che hanno subito le sue angherie? Avranno avuto giustizia o in virtù di quell’opera (unica) di misericordia avranno dovuto accontentarsi del più classico “chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato”.
E se questa è la logica auguriamoci che nessuno si ricordi di quando Riina aiutò una vecchietta ad attraversare la strada.
* il foglio del 26 marzo 2010
giovedì 1 aprile 2010
Gli asinelli sardi implorano Ignazio Benito
E digiamolo gli asinelli di Sardegna , abituati ad una vita sonnacchiosa e tutto sommato tranquilla, da qualche giorno sono in agitazione ed in grande ambascia.
Tutta colpa del ministro Ignazio Benito Maria La Russa. Lui è abituato a fare scommesse mirabolanti ed iperboliche, quasi dadaiste. Ma sciaguratamente per lui le perde (quasi) sempre . Come quando durante il dibattito precedente allo scioglimento del MSI-Destra Nazionale in quella che poi sarebbe stata Alleanza Nazionale, per manifestare il suo dissenso disse “Mi iscriverò ad Alleanza Nazionale un minuto prima di morire così quando crepo creperà uno di loro”.
In verità poi si è iscritto prima ad AN e poi, avendo un cuoraccio romantico sotto quella scorzaccia da duraccio, è entrato anche nel partito dell’amore - il PDL per chi si fosse perso qualche passaggio - e non è neppure morto. In altre parole non ne ha azzeccata una..
E digiamolo, per fortuna.
Adesso (vedi, il Giornale del 26 marzo 2010 "Sorpasso? Mi mangio un asino" di Sabrina Cottone) ha deciso di predire il futuro e ci si è messo così d’impegno che se n’è uscito con un: “se la lega effettua il sorpasso (su il PDL) mi mangio un asino vivo e non sarà un asino leghista”. E questo lo chiama amore. Comunque nelle vicinanze si trovava il padre del trota, che ha risposto con un prrrr degno di Totò.
Le elezioni sono andate come sono andate e il sorpasso c’è stato. E dunque?
E dunque panico e terrore tra gli asinelli della Sardegna. Loro non sono leghisti, anche i ciucci leghisti si salvano in quest’Italia., e non hanno a disposizione neanche uno straccio di partito che vagamente assomigli alla Lega. Sono stati più fortunati i ciucci di Sicilia che zitti zitti, quatti quatti, e soprattutto chiaroveggenti, da un pezzo si sono aggregati al carroccio di Lombardo (nome apparentemente nordico ma siciliano doc) che ha fondato una simil lega sicula. E poi, digiamolo, Ignazio Benito non potrebbe mangiarsi un asinello di Trinacria perché, date le sue origini sicule, sarebbe quasi cannibalismo.
A questo punto gli asinelli sardi si sono riuniti in assemblea e si sono detti che del fatto di essere mangiati, cotti e ben cucinati, anche se non gli piace, se ne sono fatta quasi una ragione ma crudi e oltre a tutto vivi, digiamolo, non gli era mai capitato. E peraltro, alcuni hanno aggiunto, “non sapremmo neppure come comportarci.”
Un conto è aver a che fare con verza e burro e lardo e chiodi di garofano e semi di finocchio e un bicchiere di barbera e brodo e olio d’oliva e sale e pepe e rosolare per 40 minuti (ricetta piemontese del Tapulon d’asino) o con cipolle e scalogno e ancora olio extra vergine e i soliti chiodi di garofano e maggiorana e timo e burro e un bel bicchiere di prosecco e poi cuocere per 3 ore a fuoco lento (Asino alla friulana). Altro conto è essere mangiati vivi: poi avete visto i denti di Ignazio Benito. Roba da paura anche ad animali più grossi, figurarsi per un asinello. E digiamolo.
E poi scartabellando tra vari libri di cucina s’è visto che ricette con l’asino crudo (e vivo) non ce ne sono, che il nord ha enormemente più ricette del sud e che tutto sommato a tavola ci si sta meglio con gli amici, magari anche alleati, che con gli sconosciuti. Quindi svelti più di un banco di trote (non a caso nell’antichità l’asinello era il simbolo dell’intelligenza) hanno pensato a controproposte: “onorevole Ignazio Benito ma perché non si mangia, magari metaforicamente qualcuno degli asini che le stanno intorno, magari li può scegliere a Roma, a Venezia o a Torino. O alternativamente perché non si fa una bella fetta di brasato (anche d’asino se proprio proprio) con la polenta, che i suoi amici bergamaschi (prevalentemente leghisti) sono bravissimi a farlo. O magari, e digiamolo, perché non prova a mettere come posta della prossima scommessa le figurine doppie di Epopea Indiana del 1957? Ce l’ha vero?”
Iscriviti a:
Post (Atom)