Per Fidel morire non deve essere stata una decisione
particolarmente difficile. La CIA ha cercato di ucciderlo oltre 600 volte
ispirandosi ai film di James Bond e anche di James Tont. Nei 57 anni castristi Cuba
ha esportato zucchero, militari in Angola e medici in Venezuela: contraddizioni
dadaiste. Adesso a Cuba si dicono addolorati ma il dolore quando è vero ha
percorsi carsici.
La CIA voleva ucciderlo con un sigaro esplosivo |
All’età di
novant’anni, il 25 novembre 2016, Fidel Castro ha deciso, sua sponte, di morire. Come tutti quelli che sanno di essere
immortali. Non deve essere stata la sua una decisione particolarmente sofferta,
aveva già visto tutto e quello che andrà accadendo da adesso in avanti
probabilmente non lo interessava molto. O tutto sommato lo riteneva un già
visto.
Per
cinquantasette anni ha tenuto testa alla più grande potenza economica e
militare del mondo stando su un’isola grande poco più della metà della Florida
e con una popolazione equivalente per numero alla sommatoria degli abitanti di
New York e Los Angeles. Praticamente un mosquito
davanti ad un grande elefante
dalla pelle durissima. Ha visto sfilare dieci presidenti americani che hanno
mostrato a lui e al mondo, tutto e il contrario di tutto, quindi quelli nuovi
che verranno da Trump Donald a seguire difficilmente potranno aggiungere
granché alla creatività di corbellerie e cose serie che questi sono riusciti a
mettere in scena.
Per quanto se ne
sa non si è arricchito, altrimenti la CIA lo avrebbe raccontato al mondo con
una tale quantità di dettagli che al confronto Edward Snowden avrebbe fatto la
parte dell’omertoso. I suoi figli, che sono undici, di cui due vivono (o sono
scappati) negli Usa, non hanno dato scandalo. Del primogenito Fidelito si sa
che è un fisico nucleare, di Alex, il secondo che fa il fotografo e di altri due, Ciro e Antonio che sono
medici sportivi. Della moglie, Dalia Soto, sposata in seconde nozze nel 1961,ci
saranno in giro quattro o cinque fotografie. A dir tanto.
La CIA non
potendo colpirlo con l’arma degli scandali ha cercato di fargli la pelle
seicento e passa volte dimostrando una creatività che in più delle volte è
scivolata nella farsa. Le teste d’uovo dell’intelligence
hanno pensato di ucciderlo con un sigaro imbottito di dinamite, con bombe
nascoste nelle conchiglie, Fidel amava le immersioni, con pillole propinategli
da sue amanti, con caramelle e soft drink avvelenati. E anche con una bomba
nascosta dentro una palla da baseball. Fidel amava anche il baseball. Tutte
idee che avrebbero fatto la loro bella figura in un film di Totò. Ci hanno
provato anche con dei killer e con la dinamite (sempre lei) nascosta sotto un
palco in occasione di un comizio. Evidentemente quelli della CIA si sono spesso
ispirati a James Bond qualche volta a James Tont (interpretato da Lando
Buzzanca) senza tener conto che si trattava di film che a vederli non si può
che ridere.
Fidel vendeva a
Mosca zucchero, sottocosto, ed acquistava petrolio, tanto da accumulare solo
con l’Urss un debito enorme, 35 miliardi di dollari, la gran parte dei quali è
stata investita in istruzione e sanità. Non capita spesso. Anche se qualche
soldarello, c’è da pensare, sia finito, ça
va sans dire, in armamenti. Oltre allo zucchero Fidel ha esportato militari
in Angola e medici in Venezuela. Che le due cose apparentemente non stiano
insieme dice solo della vena dadaista che anima i rivoluzionari ed il capo dei Barbudos non sfuggiva alla regola. Già
il fatto di darsi questo nome qualcosa voleva pur dire. E Barbudos fu anche una squadra di pallacanestro nella quale giocava
anche Fidel. Così come non ha mai dato fastidio al Buena Vista Social Club. Perché la rivoluzione non sarà un pranzo di gala, ma può avere dei
lati divertenti. Volendo.
Con la fine
dell’Urss e dei finanziamenti che di là arrivavano qualcosa è cambiato: reggere
all’embargo sempre più duro e poi alla riduzione delle rimesse dai cubani espatriati
è stato più difficile. Per un po’ ha supplito l’amicizia di Chavez ma con il
calo del prezzo del petrolio la dittatura (così si dà soddisfazione anche agli
anticastristi) ha dovuto aprirsi almeno un po’. Quindi un po’ di produzione
privata, un po’ di commercio privato, un po’ di doppia moneta (peso e dollaro),
un po’ di possibilità per chi lo voleva di andarsene, un po’ di turismo, anche
dagli Usa, un (bel) po’ di corruzione e un (bel) po’ di prostituzione. Talvolta
succede di passare dal modello “ una dignitosa povertà” quello “l’arte di arrangiarsi. Ttalvolta poi si
scopre che il risultato ottenuto è peggiore dello status quo ante. Non tutte le ciambelle riescono con il buco. E
quando questo accade tornare indietro non è facile.
Certo è che
Fidel e il suo compagno Che hanno fatto sognare per un bel po’ di tempo i baby
boomer di mezzo mondo e quando il sogno è bello vien duro fare i conti, che
pure vanno fatti, con la realtà. Adesso sembra che i cubani siano molto
dispiaciuti ma il dolore quando è vero ha percorsi carsici quindi si tratterà
di aspettare un pochetto per vedere se Cuba tornerà ad essere il paese dei
balocchi degli yankee o troverà la forza
per riprendersi. Magari apportando qualche correzione non tanto al disegno
quanto alla forma della sua realizzazione.
In ogni caso
Fidel aveva già visto le due varianti e dal suo punto di vista è stato
sufficiente.
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