La paura in
realtà dovrebbe fare 90, come da smorfia napoletana classica suggerisce, ma
dopo la sedicente rottamazione renziana può tranquillamente fare Italicum. Il riassunto delle puntate precedenti vuole un
Renzi che nei panni del sincero democratico strilla ai quattro venti che le
riforme si fanno con tutti e non a colpi di maggioranza. Poi ci ripensa e
arriva alla conclusione che, come si usa dire nei più raffinati consigli di
amministrazione, «la maggioranza vince» E poiché, anche grazie all’inanità
della sua minoranza interna, quelli che voleva rottamare e che invece sono
ancora lì, e con l’aiuto di centristi e di destri si è trovato ad avere i
numeri ha legiferato a suo piacimento. Ovviamente ha avuto bisogno dell’aiutino
di qualcuno che, seppur vagamente, desse l'idea di saperne qualcosa. L’esperto si è
incarnato nella persona del professor Roberto D’Alimonte, laureato con Giovanni
Sartori e specializzato ad Harvard e Berckley. Accipicchia. E che ha anche all’attivo
ben nove, diconsi nove volumi, tutti scritti in compagnia di qualcun altro. E
tutti «a cura di». Comunque, un professore esperto di sistemi elettorali. Così si
dichiara.
Il fatto che Roberto
D’Alimonte sia un professore certo non depone a suo favore, viste altre
esperienze di professori in politica. Senz’altro ci si ricorderà delle belle ponzate
fatte dal professor Michele Salvati a proposito della costituzione del Pd, che
ha prima esaltato poi rinnegato e quindi ancora (tiepidamente, perché non si sa
mai) esaltato, e di quelle altrettanto significative del professor Mario Monti,
per non dire della professoressa Elsa Fornero che si dichiarava «non
ferratissima per fare la ministra.» Evvabbene, si viene a confermare il detto
che chi non sa fare insegna. Comunque il
prof mette a punto un sistema che è una complicata sarchiaponata che
prevede per la lista vincente, a prescindere dalla percentuale, l’acquisizione
bella bella della maggioranza assoluta degli scranni in parlamento. Ovviamente mantenendo
il bel vezzo calderoniano dei nominati. Avere uno zoccolo di fedelissimi
(almeno all’apparenza) fa sempre bene allo spirito. Il tutto concepito nel nome
della governabilità.
Naturalmente la
voglia di inventare ogni volta l’ombrello impedisce ai riformatori di guardarsi
intorno e magari di considerare sistemi elettorali collaudati come quello del
senato americano, solo 104 senatori per trecentomilioni di abitanti, o quello
antichissimo inglese, maggioritario con obbligo di residenza, o quello più
recente francese o addirittura quello tedesco. Si vuole a tutti i costi una
originale, direbbe Camilleri, minchionata italica. Comunque quel bell’impianto
oggi non piace più. Il motivo è semplice: le prossime elezioni potrebbe
vincerle il M5S e allora ecco che
Emanuele Fiano, renziano ma di orientamento franceschiniano, suggerisce di
apportare delle modifiche con l’unico obiettivo non di fare una legge buona, di
cui l’ottimo è nemico, ma solo di bloccare gli avversari. Pataccata. Triste la
posizione dei cinque stelle che adesso annusando aria di vittoria si mettono a
difendere una legge sostanzialmente indecente che accoppiata con la riforma
costituzione dimostra tutta la pochezza di questo sedicente gruppo dirigente.
A nessuno punge vaghezza, ma d’altra parte c’è stato Berlusconi, che le leggi si fanno a vantaggio della comunità e non di questo o quel partito. Ragionamento troppo raffinato e semplice per essere colto da un professore, figurarsi da uno scaldascranni.
A nessuno punge vaghezza, ma d’altra parte c’è stato Berlusconi, che le leggi si fanno a vantaggio della comunità e non di questo o quel partito. Ragionamento troppo raffinato e semplice per essere colto da un professore, figurarsi da uno scaldascranni.