Ciò che possiamo licenziare

sabato 31 ottobre 2020

Prevenire cosa per curare chi?

 Cancellare gli errori per ripartire. La crisi economica provocata da Covid-19 può essere una grande opportunità di ripartenza. Porre le basi per uno sviluppo pulito e di ampia visione.

 


I bonzi di Mckinsey nel briefing notes del 28 ottobre, a parte dispensare come d’uso banalità a piene mani, hanno incredibilmente azzeccato il titolo: Covid-19 the great reset. Il che, detto da un consulente, è come sentirsi dire che l’acqua bagna. Quindi tradotto letteralmente il titolo recita: Covid-19 il grande azzeramento. Da notare però che reset compendia al concetto di azzeramento quello di ripartenza: di norma si azzera per ricostruire. Questo è quello che dovrebbe succedere, ma che difficilmente succederà. A mio personale parere. Per procedere ad un vero reset: azzeramento più ripartenza, bisogna però far prima un’importante operazione: identificare quali sono state le cause che hanno portato al fallimento. Figurarsi che lo insegnano anche in Bocconi. E così, magari, stendere la lista delle azioni sbagliate e di quelle mancate, ovvero capire perché sia stato imposto il numero chiuso a medicina, già oggi ci mancano medici e anestesisti, presto il numero salirà a decine di migliaia, e anche in altre facoltà, invece di investire nella costruzione di università. Con tutto l’indotto che questa si porta dietro. E magari, già che ci si era costruire asili, scuole primarie e secondarie per ridurre il numero degli allievi per classe. E poi perché dismettere i piccoli ospedali e le piccole scuole di montagna? E ancora: perché non dare fondi alla ricerca? E in aggiunta: come non aver pensato di potenziare il trasporto pubblico e le attività di sharing? E rimettere in sesto le periferie e i quartieri degradati e i mille piccoli e medi cantieri delle piccole e medie infrastrutture? E ancora: fare vera lotta all’evasione ed elusione fiscale  e potenziare le forze dell’ordine per combattere la crescente criminalità organizzata che occupa con i suoi sottopanza posti di rilievo nei consigli regionali e comunali e combattere la corruzione alla “mafia capitale”. Piccole cose da nulla, suggerimenti quasi da consulenti blasonati, che avrebbero incrementato l’occupazione e guarda caso trascinato tutte le altre attività e, by the way, i consumi e aumentato anche il PIL. Vera crescita. E invece s’è dato retta a somari patentati, detto con il massimo rispetto per i nobili quadrupedi, che hanno blaterato di tagli, c’era chi voleva tagliare addirittura i vigili del fuoco e l’erogazione della luce pubblica di notte, ridicolo vero? O chi ha parlato con sussiego di “distruzione creativa” come nel caso della Corneliani di Mantova, distruggendo un famoso marchio del made in Italy, ma mantenendo, ça va sans dire, tutti i propri incarichi pubblici. Quindi great reset, grande azzeramento per la ripartenza, se la sorte ci accompagna.

Buona settimana e Buona fortuna

 





sabato 24 ottobre 2020

Ciò che possiamo licenziare

 Sono cominciati i licenziamenti. Paga lo Stato cioè tutti noi, e gli imprenditori (i padroni di una volta) incassano. Una strategia sottile nei limiti della legalità. E poi Confindustria tuonerà per le troppe spese statali.


E così lemme-lemme, quatti-quatti, zitti-zitti gli imprenditori (una volta si chiamavano padroni, ma non c’era il politicamente corretto) cominciano a licenziare. Lo fanno in silenzio e senza grande clamore. Non sono stati neanche ad aspettare la fine di dicembre, come previsto dal Governo si sono dati da fare fin da subito, figurarsi aderire alla richiesta dei sindacati che porta il divieto dei licenziamenti fino al marzo 2021. Altrimenti mica sarebbero padroni, pardon, imprenditori. La strategia che stanno mettendo in campo è geniale nella sua semplicità: comunicazione special, piccoli numeri, non danno nell’occhio, incentivi, licenziamenti consenzienti. E ovviamente costi a carico dello Stato, tanto per rimanere nella norma. Tutto inizia con una comunicazione da offerta speciale: solo per pochi giorni e per pochi fortunati la possibilità di andare in pensione.  Neanche si trattasse della lotteria di fine d’anno o della milionaria schedina della Sisal. Già gli imprenditori (una volta padroni) aprono una finestra per chi nei successivi, mesi avrebbe comunque avuto diritto alla pensione. A prescindere dall’Inps e da quota cento e dalla legge della cenerentola del canavese. Quindi il traguardo della pensione lo si può raggiungere immediatamente, dal giorno dopo addirittura, anche se mancano otto o dodici mesi o più mesi. Il secondo passaggio è dato dalla definizione degli incentivi: cinquemila euro di base più altri cinquecento euro per ogni anno di anzianità. S’intende che questi importi sono lordi, quindi tassati alla fonte. Si badi che quanto sto raccontando è accaduto realmente. Accettate queste due condizioni il terzo passaggio consiste nel licenziamento consensuale, che a dirla così sembra un ossimoro: da quando in qua l’azienda ti licenzia e tu sei d’accordo? Ma tant’è: l’azienda ti licenzia e tu nulla hai da obiettare e a riprova firmi e controfirmi tutto davanti all’ufficio competente. E poi? Naturalmente si passa alla cassa della Naspi (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) cioè a dire l’indennità di disoccupazione per i lavoratori subordinati con rapporto di lavoro cessato involontariamente. Dove la parola chiave è involontariamente. E già, poiché sei stato licenziato hai diritto all’indennità di disoccupazione che guarda il caso copre proprio proprio la durata che ti separa dalla pensione. Magari l’importo non è esattamente uguale alla retribuzione fino al momento percepita, ma comunque meglio di niente, e poi, in fondo, hai avuto gli incentivi. E i contributi? Nessun problema neanche per questi. Saranno contributi figurativi cioè a dire li pagherà l’Inps cioè a dire tutti noi. E tutto questo graverà sui conti dell’Inps di un pochino, per quanto riguarda il singolo, di un bel po’ considerando il totale dei licenziati dato che, come noto, è la somma che fa il totale. Contemporaneamente porterà dei bei risparmi per l’azienda. Inoltre l’aggravio dei conti pubblici, dati dalla sommatoria della Naspi con i contributi figurativi, consentirà come effetto collaterale, la possibilità per il presidente di Confindustria di turno di tuonare contro la spesa pubblica. Insomma, da ridere. La solita operazione furbetta, non c’è che dire, svolta con tutti i crismi della legalità. Di che lamentarsi dunque? A corollario, il lavoratore licenziato non sarà sostituito. Neanche a dirlo.

Buona settimana e Buona fortuna.

 

 

 

sabato 17 ottobre 2020

Coronavirus smaschera l'incapacità delle Regioni

 Primavera 2020 Covid-19 dimostra l’inefficienza della sanità gestita dalle regioni, autunno 2020 è la volta del trasporto pubblico. Poco alla svolta usciranno tutte le magagne del sistema. Non è che alla fine si dovrà “ringraziare” Coronavirus?



Con un po’ di laicità e con il massimo rispetto per le vittime dobbiamo ringraziare Covid-19. Nella scorsa primavera ci ha mostrato in plastica maniera quanto le regioni abbiano fatto a pezzi la sanità pubblica. Per fortuna, per il momento, non sono ancora riuscite a finire il lavoro anche se alcune, come la Regione Lombardia, ci si sono messe di buzzo buono. Lo si sapeva, ma non tutti ne avevano preso coscienza. Adesso che siamo in autunno e si riaprono le scuole ancora lui, il Covid-19, ci sta dimostrando, sempre in plastica maniera, l’inanità delle regioni nella gestione del trasporto pubblico. Il miserrimo stato dei treni locali dei pendolari e l’inadeguatezza di tram, autobus e metropolitane erano già sotto gli occhi di tutti, ma faceva comodo far finta di nulla. In fondo stare stipati come sardine nei mezzi pubblici non faceva male a nessuno, a parte il puzzo insopportabile e la difficoltà di salita e discesa. Quindi meglio lasciar aumentare il traffico privato con la sua bella dose d’inquinamento e il rischio della pelle per chi va in bicicletta o motorino. Il tutto, naturalmente, giustificato con i bilanci (e talvolta la corruzione) delle società partecipate per la gioia dei contabili che bazzicano in tv. In realtà questi sedicenti economisti non sanno mettere in relazione il profitto della singola azienda municipalizzata con il costo sociale che, nel caso della mobilità,è provocato dalle polveri sottili: malattie alle vie respiratorie, ricoveri ospedalieri, decessi e dulcis in fundo, perdita di ore di lavoro. Salvo poi lanciare alti lai per l’aumento della spesa sanitaria. Per capire questa correlazione si ha da essere filosofi, come Malthus per esempio o come Keynes, non campioni compulsivi della partita doppia. La riapertura delle scuole, prevista fin dal giugno scorso, le scuole si sono sempre aperte in autunno da che mondo è mondo, ha trovato, ancora una volta, le regioni impreparate. Così quando i medici raccomandano la distanza fisica, condizione indispensabile, per ridurre le possibilità di contagio e chiedono che ogni mezzo pubblico non sia occupato per più del 50% dei posti ecco insorgere i rappresentanti delle regioni: la percentuale sia portata all’80%, tuonano.  Giochetto vecchio e stucchevole questo della negoziazione sui limiti, già buggerato millanta volte. D’altra parte non poteva che essere diversamente se si pensa che a presiederne una e c’è un tipo convinto che i cinesi mangino topi vivi e un altro che pretendeva di sconfiggere gli assembramenti con il lanciafiamme. In verità, ancora una volta, si dimostra l’incompetenza  e la mancanza di visione delle regioni. Anche il più ottuso dei bocconiani sa che esistono le filiere e dunque che anche alla riapertura delle scuole sono collaterali una serie di fatti come  organizzare la turnazione dei docenti, la sistemazione delle aule e poi le eventuali mense, le pulizie e anche, ohibò, la logistica ovvero come fanno i ragazzi ad arrivare alle scuole. E guarda caso i trasporti pubblici possono essere la miccia per lo sviluppo di ulteriori contagi e pure di nuovi focolai. E ancora una volta le regioni anziché pensare a soluzioni strutturali: incremento dei mezzi, per esempio prendendone a noleggio in attesa dell’arrivo di nuovi acquisti, e aumento della frequenza delle corse, a chi non è toccato aspettare venti minuti sotto la piaggia l’arrivo di un autobus?, queste si gingillano lanciando la palla in tribuna: ovvero si torni alla didattica a distanza. Tacon che è peggio del buso, sia perché scarica le pecche su un altro settore, mettendolo in crisi, sia perché  non risolve il problema strutturale. Sventolano cifre terroristiche le regioni: se si mantengono queste percentuali sui mezzi si lasceranno a terra 270.000 persone. Omettono di dire che questo numero è nazionale e quindi poco significativo in sé. È un numero grande, piccolo, medio? Boh! È solo un numero. Altro sarebbe se si facesse un’analisi puntuale capoluogo per capoluogo ricavandone numeri senz’altro meno mediatici e più gestibili. Peraltro nessuno delle teste d’uovo della conferenza Stato-Regioni si è domandato quale sarà la stima dei contagi a fronte della loro proposta. Ma tant’è. Il sistema sta mostrando la corda e siamo arrivati a due criticità essenziali: la sanità, con il suo corollario del numero chiuso a medicina e scienze infermieristiche, e i trasporti pubblici, ora non resta che attendere il disvelamento dei prossimi nodi strutturali. 

Buona settimana e buona fortuna.

venerdì 9 ottobre 2020

Bonomi il superlativo …

 Il presidente di Confindustria parla come Maurizio Landini. Non è vero che è contro i sussidi: li vuole mirati, alle industrie. È favorevole alla riforma del fisco e vuole dare più soldi ai lavoratori. E vuole l’occupabilità di ogni lavoratore. Sta pensando a una nuova versione del reddito di cittadinanza? 

 


Splendida performance del Bonomi Carlo, presidente di Confindustria, intervistato da Corrado Formigli durante la trasmissione Piazza Pulita: sembrava di sentire parlare Maurizio Landini, quasi. Sì quasi. Perché l’originale è meglio della copia. Entrando nello specifico: ha smentito la sua, apparentemente conclamata, contrarietà all’attuale governo: “fa parte della narrazione - ha chiosato -  i nostri rapporti sono ottimi”, Alzi la mano chi se ne è accorto. Comunque questo è stato solo la partenza. Si inizia con un piccolo passaggio sul Sussidistan, il presidente di Confindustria puntualizza che  intendeva stigmatizzare i sussidi dati a pioggia, non che sia contro i sussidi. D’altra parte il fatto è  che il 48% dei suddetti sussidi  erogati dallo Stato sono finiti nelle tasche delle aziende. Ops! Quando glielo fanno notare glissa e passa alla riforma del fisco. Conferma il Bonomi Carlo che gli industriali sono favorevoli ad una riforma organica del fisco, alleluja alleluja, il che, in qualche modo tradotto, significa che chi più ha più paga. Ma c’è sempre un ma che spunta e che il Bonomi Carlo cavalca: “ma l’accettazione della riforma organica passa dal metodo”. Il presidente di Confindustria chiede che prima dell’introduzione di una tassa, per esempio la plastic tax, sia necessario considerare l’impatto che questa comporterà sull’intera filiera. Dato che un impatto sulla filiera senz’altro ci sarà cosa farà Confindustra? Non è dato sapere. Un po’ di mistero e suspence ci sta sempre bene. Così come racconta con semplicità come si potrà rimediare alla drammatica perdita del 10% del famoso Pil, circa 180 miliardi: dovrà essere tamponata dagli investimenti. Geniale. Quali e da chi? Ma va da sé: investimenti pubblici molto forti e investimenti privati un po’ meno forti. Ça sans dire. Ma non è così che cresce il debito pubblico? Transeat, non si può stare a guardare il capello. Altra domanda: quando cadrà il blocco sui licenziamenti che succederà? Con qualche titubanza il Bonomi Carlo ammette che si espellerà (interessante la scelta semantica del verbo)  chi non sarà funzionale ma si procederà all’assunzione di forze nuove. Alzi la mano chi ci crede. Poi, a parziale correzione, aggiunge: “bisogna garantire l’occupabilità delle persone perché il posto di lavoro non esiste più”. Bello, bellissimo, quasi socialista, in altre parole: tortuosamente detto, garantiamo a ogni lavoratore un posto di lavoro. Meraviglioso, il Landini Maurizio non avrebbe saputo dire meglio. A questo punto lanciato nella sua versione socialista o quasi comunista, il presidente di Confindustria cala il suo asso di denari: “bisogna dare più soldi ai lavoratori”. Accidenti, rivoluzione copernicana. Vuole forse il Bonomi Carlo lavorare all’upgrading del reddito di cittadinanza? Incredibile dictu. Poi ci scappa il solito ma: “considerando la sostenibilità aziendale”. Come dire che sì l’intenzione ci sarebbe, forse-magari-un-po’. ma se non c’è trippa per gatti, non c’è trippa neanche per i lavoratori. Beh fin lì ci può arrivare anche il Cipputi con il suo amico il Bundazzi. Magari il Bonomi Carlo, come alternativa a Confindustria  potrebbe cimentarsi nei fumetti.

Buona settimana e buona fortuna.

 

venerdì 2 ottobre 2020

Reddito di cittadinanza: la settimana dell’indignazione.

 C’è chi si scaglia contro gli “amici del divano”. Chi vuole “fargli imbiancare le scuole”. Chi non si indigna per l’evasione e l’elusione fiscale. Chi vuole sussidi per le aziende e non per i cittadini. Bersani: In Italia si chiamano assistenzialismo i soldi dati agli altri.

 


Questa che sta finendo sembra sia stata la settimana dell’indignazione. Ci sono arrivati anche gli italici ad indignarsi. Certo con un bel po’ di ritardo rispetto ai francesi ai quali ha dato voce lo scrittore Stéphane Hassel – ha combattuto nella resistenza francese ed è sopravvissuto a Buchenwald – ma era il 2010 e i motivi dell’indignazione erano tutt’altri. Nel suo panphlet, dal titolo Indignatevi!, Hassel chiedeva indignazione per i dimenticati valori della resistenza, per la poca voglia di giustizia e di uguaglianza e per il progresso solo per pochi. Invece gli italici, si spera siano solo una minoranza vociante, si stanno indignando per il reddito di cittadinanza. Sono molti quelli che telefonano o scrivono alle radio o alle televisioni per dire che è ora di finirla di dare denaro agli amici del divano. Quelli che si accontentano di briciole piuttosto che lavorare. Come se il lavoro crescesse sugli alberi e a coglierlo ci volesse niente. Questi moderni Savonarola, qualunquisti e reazionari il giusto, dimenticano che un simile strumento per combattere la povertà esiste in tutti i paesi occidentali e se nel nostro ci sono delle deficienze queste sono da imputarsi al metodo e non a chi non riesce a mettere d’accordo il pranzo con la cena e con quel sussidio arriva a malapena a fine mese. Come tutti gli sciocchi questi novelli indignati guardano il dito e non la luna. E allora piovono proposte oltre il limite della stupidità: “fategli imbiancare le scuole” oppure “fategli tenere puliti i giardini” citrullano, che se così si facesse si avrebbe come risultato di avere come disoccupati imbianchini e giardinieri. Tanto per dire. Che poi a cavalcare queste bischerate ci si mettano anche pretesi progressisti come il Bonaccini Stefano sta solo a dimostrare quanto l’ottusa ossessione del concentrarsi sul proprio ombelico sia trasversale. Che ci siano cose da sistemare è indubbio, che i controlli siano stati laschi è indubbio, che la documentazione richiesta sia lacunosa è indubbio, ma buttare il bambino con l’acqua sporca è da fessi. Piuttosto sarebbe bello vedere analoga indignazione per l’evasione e l’elusione fiscale che molti liberi professionisti, avvocati, dentisti, architetti, notai, artigiani, taxisti, commercianti, partite Iva et similia praticano con grande leggerezza ed altrettanto grave danno per il bilancio dello Stato e dunque per tutti i cittadini. Tra i più feroci critici del reddito di cittadinanza c’è anche, come poteva mancare, il Bonomi Carlo, leader di Confindustria, che se n’è uscito con la definizione di Sussidistan dimostrando con ciò una discreta dose di perfida creatività. Dovrebbe mandare il suo curriculum a Charlie Hebdo, forse lì ha un futuro.  Dopo di che cade nella banalità e qui è poco creativo perché chiede che i sussidi non siano dati a chi vive in indigenza ma alle imprese. Che se i soldi dello Stato finiscono agli industriali allora non si tratta più di  sussidi e assistenzialismo. E ha ragione il Bersani Pier Luigi quando chiosa: “In Italia si chiamano assistenzialismo i soldi che vanno agli altri”. Per una volta tanto sacrosanta verità bersaniana.

Buona settimana e buona fortuna.