Ciò che possiamo licenziare

lunedì 8 maggio 2017

9 maggio: Ella fu. Siccome immobile.

Oggi si celebra l’Europa, ennesima giornata dedicata ad una festa che festa non è. Nei prossimi giorni il popolo tutto potrà visitare le stanze dove si è discettato della curvatura dei cetrioli, del calibro dei piselli e dei millimetri quadrati delle vongole. Napoleone, 1813, sull’Europa aveva ben altre idee.



A seguire il titolo verrà spontaneo ad alcune lettrici e ad alcui lettori di proseguire recitando, sottovoce o magari solo mentalmente: 
dato il mortal sospiro, 
stette la spoglia immemore 
orba di tanti spiro, 
così percossa attonita 
la terra al nunzio sta. 
E già, perché c’è proprio da rimanere attoniti a guardare questa povera Europa così ben disegnata sulle carte e così inefficiente ed inefficace nel concreto.

Oggi 9 maggio si celebra la festa dell’Europa. Bell’Europa, che se avesse una faccia sarebbe ricoperta dal rossore. Però da qualche tempo a questa parte ci son più giorni dedicati a memorie e feste poco feste che tasselli nel calendario. Non che le intenzioni siano men che nobili, tutt’altro, ma è la retorica ed i discorsi di dozzina che in genere fan triste l’evento. E anche quello dell’Europa sotto questo penoso profilo non si farà mancare nulla. Inclusa la feroce e del tutto  involontaria autoironia.
Il primo colpo, autolesionistico, se lo danno le stesse istituzioni europee aprendo le porte delle loro sedi, Bruxelles, Lussemburgo e Strasburgo, al grande pubblico. Così il popolo tutto, composto da scolaresche in gita, pensionati e sfaccendati (i disoccupati saranno troppo impegnati per andarci) potrà aggirarsi per le stanze nelle quali politici trombati, o avidi di ogni Paese stanno a disquisire su tempi fondamentali per la vita degli europei tutti.

E’ in quelle stanze che si è discettato sulla curvatura del cetriolo, fosse dritto sarebbe meno gustoso o sul calibro dei piselli, troppo piccoli o troppo grandi sarebbero indigesti o ancora sui millimetri quadrati delle vongole. Tutti temi epocali , giustamente appuntiti, come il gambo delle trottole, e sui quali inequivocabilmente gira la vita della vergognosa Europa.

Di temi da trattare i settecentocinquantuno membri del Parlamento europeo ne avrebbero a iosa ma probabilmente difficilotti o peggio ancora ritenuti ormai demodè.  Con la brexit pare che torni in auge il francese l’ha fatto capire Monsieur Juncker. Temi vecchi sì, poiché quelli di cui varrebbe la pena di parlare in quegli enormi e smisurati emicicli, già diceva il Bonaparte Napoleone che la mamma, Maria Letizia, chiamava affettuosamente Napolione.

L’idea di unificare l’Europa e farne un unico popolo era proprio una fissazione per il Napoleone che in qualche modo portava le stigmate di questo suo desiderio di unificazione. Lui che, dagli austriaci era chiamato “francese” dai francesi “italiano”, dagli italiani "corso" e dai corsi "francese". Quel che è certo è che Lui, il franco-italo-corso, non vagheggiava di verdure e mitili: gli giravano per la testa temi decisamente più concreti.

Come ebbe a dire in una conversazione con il pessimo Fouché: « Abbiamo bisogno di una legge europea, di una Corte di Cassazione europea,di un sistema monetario unico, di pesi e misure uguali, abbiamo bisogno delle stesse leggi per tutta l’Europa. Voglio fare di tutti i popoli un unico popolo…» E non parlava di migranti e disoccupazione solo perché all'epoca non erano questioni all'ordine del giorno.  Correva, salvo errori od omissioni, l’anno 1813. Un niente ad arrivare ad oggi. Solo 137 anni per raggiungere la dichiarazione di Schuman, 175 per definire la curvatura del cetriolo e 189 per avere una moneta unica. Per il resto ci sarà tempo a venire.
Dall’Alpi alle Piramidi 
dal Manzanarre al Reno 
di quel seguro il fulmine 
tenea dietro al baleno.

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