Ciò che possiamo licenziare

martedì 21 febbraio 2017

Renzi come sparring partner vuole Emiliano. E questi (forse) ci sta.

Nel Pd non più comunista cose da repubblica dei soviet: il capo sceglie il suo avversario. Del Rio (la volpe) e Guerini (il gatto) vogliono convincere Emiliano (il gigante ficazzone di Puglia) a fare l’anti Renzi al congresso. I due ex democristiani penseranno a tutto l’altro dovrà solo pavoneggiarsi.



Le stranezze nel Belpaese non finiscono mai. Anzi lo Stivale è il vero vaso di Pandora delle bizzarrie più bizzarre. Cose che si pensava potessero accadere solo negli stati fratelli dell’Urss adesso si stanno concretizzando anche nel non più comunista Pd,: la maggioranza si inventa la minoranza. Anzi l’opposizione se la costruisce con un impegno degno di miglior causa. Pare, ma ci si mette due nanosecondi a crederlo, che due bizzantini renziani, ex democristiani di pura razza, come ti sbagli, vogliano convincere a restare l’enorme Michele Emiliano, altezza 1,90 e all’incirca 120 kili di peso. Che i due messi siano il mingherlino Graziano Del Rio e il neobarbuto Lorenzo Guerini nella sua migliore interpretazione 8.0 del vecchio Arnaldo  Forlani, non fa che aggiungere spasso a spasso. Ed  è proprio una manovra ultrademocristiana quella che i due stanno mettendo in piedi. Il gatto e la volpe renziani vogliono far cambiare idea al gigante ficazzone di Puglia.  

Vogliono convincerlo a rimanere nel partito? Di più. Vogliono convincerlo a non attaccare Renzi? Di più. Vogliono convincerlo a rimanere nel partito e ad attaccare con tutta la sua forza Renzi.  Cioè si danno da fare per convincerlo a essere lo sparring partner di Renzi. Per intenderci lo sparring partner è quello che allena il campione e, ben protetto, prende un sacco di botte. Finito l’allenamento poi siede alla tavola del campione. Neanche lo shakeraggio più raffinato di un Andreotti in massima forma sommato a un Forlani nelle vesti del coniglio mannaro e con l’aggiunta di una ombreta di Mariano Runor  e uno schizzo di Antonio Gava  sarebbe riuscito a farsi venire un’idea simile: costruirsi su misura la minoranza. 

Tra i tre che Del Rio e Guerini avevano a disposizione la scelta è caduta ovviamente sul più folcloristico. Grande e grosso, uno che predica la moralità ma scivola sulle cozze pelose, che vuole la chiarezza ma continua a stare in aspettativa dalla magistratura, un ex renziano che ha fiducia in Renzi e che, coram populo, quasi quasi si pente, di essere stato ex renziano. Poi in aggiunta, e per massima garanzia, è uno che non è stato capace di vincere il referendum sulle trivelle neanche nella sua regione. Insomma a Renzi piace vincere facile. 

Con che argomenti il gatto e la volpe cercheranno di blandire il ficazzone pugliese?  Con quello più semplice di tutti offrire le briciole della torta. Ovvero: il gigante resta nel Pd, e così da un lato rompe il fronte degli scissionisti e dall’altro dimostra che una minoranza nel partito renziano ci può pure stare. Poi avrà libero accesso a tutte le sezioni del nord e del centro che tanto non se lo fileranno di striscio. Inoltre vanesio com’è potrà avere ampio spazio sul l’Unità e sulle reti televisive che se lo contenderanno come campione dell’antirenzismo interno. Ma potrà l’Emiliano arrivare alle primarie? Certo che sì, il 5% dei consensi che serve per sfidare il boss glielo forniranno graziosamente i due di cui sopra e non ci sarà da stupirsi se lo raccoglierà dalle parti di Lodi, a Piacenza e magari un tantinello anche in quel di Pordenone. Ci sta. Col cinque per cento, o giù di lì, raccattato, sfiderà in campo aperto il fiorentino e verrà asfaltato con un bel novanta a dieci. Come succedeva in Bulgaria. 

E poi? E poi gli si offrirà il dieci per cento, ma magari meno,  dei posti in lista. Attenzione: non vuol dire degli eletti. Quindi Emiliano col suo sparuto gruppo di amici si trasferirà a Roma. E tutto nel Pd riprenderà come prima con le giovani (per età) cariatidi che suoneranno i cembali così come hanno fatto in assemblea mentre il capo supremo si scherniva e invitava la platea a calmarsi. A gustarsi la scena in tv pareva di veder proiettato un  vecchio documentario Luce. Ma così è se vi pare. 

Certo che se Tristan Tzara avesse saputo tutto questo, dati causa e pretesto, si sarebbe mosso per non nascere in Romania e avrebbe fondato il movimento dadaista non in Svizzera ma in Italia. Sua vera patria d’elezione. Prosit

6 commenti:

  1. In Italia non c'è un Cabaret Voltaire..

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  2. Leggiamo il suo pensiero Gli sta dicendo : poi ti sistemo io per le feste.
    Bacio di Giuda

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  3. Vedasi Letta...quel Renzi è la rappresentazione del mister Bean made in Italy(solo che questo non recita fa sul serio, fermiamolo ancora una volta).

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  4. Che schifo sono solo dei corroti

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  5. Che pagliacci che schifo

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  6. La sfilata dei pagliacci, con l'applauso di tanti italiani imbecilli !

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