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lunedì 12 settembre 2016

Vaticano vs Raggi: scherzo da prete. I giornali ci cascano.

Caditoie: i direttori di Corriere della Sera, Repubblica e Messaggero si sono fatti ingannare dal termine un po’ snob. Se l’Osservatre Romano avesse scritto tombini forse non ci sarebbero cascati. Monsignor Becciu con la puntuta ironia dei pattadesi ha aggiunto che i giornali dovrebbero pesare di più le notizie. Chissà se i tre dell’Ave Maria hanno capito la lezione.

I titli di Corriere della Sera, la Repubblica e il Messaggero
Che in Vaticano siano dei burloni lo si sa da sempre, oltre duemila anni, e con l’avvento al soglio pontificio di Bergoglio la propensione agli scherzi è senz’altro aumentata e s’è fatta più puntuta. Nulla a che vedere con l’umorismo tedesco di Ratzinger o quello polacco di Woytjla. Il fatto che come vice di Pietro Parolin, che ci è regalato dalla terra di Goldoni, ci sia Angelo Becciu che viene dalla Sardegna, e in più sia originario di Pattada cittadina nota per is arresoias (coltelli a serramanico, pattada appunto)  la dice lunga sullo spirito goliardico che aleggia oltre Tevere.

Le facezie più sono fini più fanno male e fanno fare la figura dei minchioni a quelli che ci cascano. E questo è il caso di quanto è stato letto e male interpretato su l’Osservatore Romano di sabato 10 settembre. Poche righette che hanno mandato in solluchero Lucio Fontana, Corriere della Sera, Mario Calabresi, la Repubblica e Virman Cusenza, il Messaggero. Il testo che ha entusiasmato i tre dell’Ave Maria: recita così: «Il maltempo paralizza Roma – e poi più circostanziato – Nella Capitale a riprova dello stato di abbandono in cui per certi aspetti versa la città, pochi minuti di pioggia sono bastati per  provocare la caduta di numerosi alberi danneggiando numerose automobili e mettendo a serio rischio l’incolumità dei cittadini. – e ancora con più veemenza -  Molte strade  soprattutto nei quartieri meridionali, sono state letteralmente allagate, dalla mancata pulizia, ormai cronica,  delle caditoie.» Un testino simile, nelle redazioni lo si definisce testicolo, si solito viene richiesto a qualche apprendista alle prime armi. E a ben vedere più o meno è lo stesso testo (testicolo) che viene riproposto ad ogni cader di goccia a Roma come anche a Milano.

Ciò che avrà fatto sospettare i tre direttori che senz’altro sotto sotto gatta ci covava deve essere stato l’uso di «caditoie». Termine raffinato e anche un poco snob. Figurarsi se l’articolista avesse aggiunto «caditoie a bocca di lupo.» I tre dell’Ave Maria avrebbero immediatamente pensato alla riproposizione della santa inquisizione e magari al ripristino della pira a Campo de' Fiori. Quindi si sarebbero scatenati per essere i primi a portare la carta con cui appiccare il fuoco. L’idea di vedere Virginia Raggi scarmigliata, pallida e discinta, dopo un paio di giri di corda, ben legata al palo per essere abbrustolita come Giordano Bruno deve aver eccitato più di un sogno. Ma così non era. E il sostituto della Segreteria di Stato monsignor Angelo Becciu ha dovuto spiegare.

L’ha fatto il monsignore ridendo sotto i baffi e dichiarando con fare curiale, per l'appunto, che era un semplice pezzo sul «cronico degrado di Roma». Ecco avessero soppesato le parole i tre direttori avrebbero visto che la mancata pulizia delle caditoie si definiva «cronica» quindi di lontana provenienza, «difetto inveterato» dice la Treccani. Però qui si va sul difficile: caditoie, cronica, inveterato, c’è di che perdersi. E allora a scanso di equivoci meglio allinearsi con i desiderata del momento e dai addosso alla Raggi. Tanto piove sul bagnato.

Ha aggiunto il monsignore che il tempo passato dall’insediamento della nuova giunta è poco e i mali antichi, magari, ma questo non l’ha detto, un po’ di responsabilità ce l’ha anche chi ha gestito i precedenti pontificati. Ed ha finito Angelo Becciu con la puntuta ironia dei pattadesi: che scivolassero sul tema i  giornali web atutto sommato ci poteva anche stare, troppo veloce il mondo delle notizie, ma la carta stampata, prorpio no:  ha più strumenti per «pesare e valutare». A esserne capaci.

Chissà se i direttori dell’Ave Maria hanno capito la lezione? Magari fosse stata rinforzata da tre pater-ave-gloria avrebbe più risultato.

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