Ciò che possiamo licenziare

lunedì 8 agosto 2016

Renzi questa volta ha tre volte ragione.

Calma piatta sul fronte della politica. Per parlare di cose vagamente serie tocca tornare all’ultima direzione del Pd. Renzi ha lanciato tre sfide alla minoranza: cambiare il segretario, cambiare lo statuto e cambiare l’organizzazione. Da queste si dovrà partire alla ripresa di settembre. Che Bersani e gli altri abbiano le capacità di rispondere è pari a quella di Berlusconi di tenersi il Milan.
Bersani e Renzi riflettono sul nulla
In questa estate un po’ schizofrenica che alterna giornate torride a quasi uragani la politica sonnecchia. E non c’è quasi nulla di originale di cui dire. Il Corrierone simula prove d’attacco alla giunta Raggi talmente ingenue e naif da muovere a tenerezza, la Serracchiani assomiglia sempre più al megafono del capo mentre Guerini lo è sempre stato, Berlusconi nomina l’ennesimo delfino e Di Maio rispolvera la frase che fu già del predetto Berlusconi e di D’Alema , non proprio due fulgidi esempi, e dichiara: «lasciateci lavorare.» Il che detto a ridosso del ferragosto suona ridicolo. Ma chi gliela cura la comunicazione a questi?
Così per trovare qualcosa di vagamente politico di cui parlare tocca riandare indietro nel tempo e rifarsi all’ultima direzione del Pd, 3 luglio, e specificatamente all’intervento di Renzi che degli altri meglio tacere. Tra le varie paccottiglie condite a base di «è finito il tempo» e «l’orgoglio di essere del Pd» sono spiccate tre perla di rara saggezza politica. In verità condensate in poche righe e ancor meno secondi. Però come ha dimostrato Einstein non è vero che a una domanda complessa si debba dare una risposta complessa. Le grandi risposte ai grandi temi in genere sono semplici.
Il segretario-premier rivolto alla minoranza del partito che tenta goffamente di esprimere una qualche opposizione ha detto in primis che: « Se volete che io lasci, chiedete il congresso e vincetelo: in bocca al lupo.» Il che tradotto per i più sprovveduti significa: se avete una linea politica alternativa alla mia fatevi sotto. E qui il difficile è doppio. Primo perché non si è ancora capito quale sia la linea politica di Renzi per cui essere l’alternativa al nulla talvolta viene difficile. Non ci sono i termini di paragone. Secondo perché la sedicente opposizione interna del Pd una proposta politica proprio non ce l’ha. E sentendo parlare Bersani di mucche in corridoio e di tacchini sul tetto o Cuperlo che della fumosità ha fatto un’ideologia vien la certezza che questi una alternativa politica al segretario attuale non sappiano come costruirla. E non l’avevano neanche prima se è vero che, giusto per fare un esempio, i bersaniani (ex) che stanno con Renzi sono di più di quelli che girano attorno a Bersani. L’impressione, suffragata da Fabrizio Barca, è che tutti siano alla ricerca di un posto, poltrona o strapuntino che sia. E dato che i posti alla fine sono pochi ci si accapiglia: in sostanza guerra per bande. Tristezza.
Non contento di questa prima, che per la sua concretezza e serietà gli deve essere sfuggita, il Renzi ha calato la sua seconda ragione: « Se volete una modifica statutaria per separare il ruolo di segretario e premier, fatela approvare» Poi quasi a sfregio ha aggiunto: «E io sosterrò sempre chi vince: in una comunità si sta anche quando si perde.» Bravo lì. L’idea del segretario-premier era stata di Bersani che infatti da segretario è arrivato primo alle elezioni ma non le ha vinte e da aspirante premier è stato sbeffeggiato dalla cinque stelle Lombardi. Comunque il punto resta lo stesso: se non c’è un progetto politico viene difficile aggregare maggioranze per cambiare anche l’elenco del citofono.
Terza e ultima inopinata ragione: «Se volete un cambio organizzativo fate proposte» Il che in quel consesso dev’essere stato come lanciare una castagnola dentro una scuderia o forse meglio come sparare sulla Croce Rossa. È certo che i crocerossini Cuperlo, Speranza, Bersani, D’Alema, e senza dubbio alcuno Gotor, una proposta non ce l’hanno affatto. Anzi non sanno neppure come si scriva il lemma proposta. Poi, detto tra pochi intimi, per fare una proposta organizzativa ci vuole prima l’elaborazione di una proposta politica. E qui si è di nuovo a capo. Scuotere la testa come Ridolini o fare battute talvolta dai pretesi toni sarcastici e talaltra dagli incomprensibili toni agresti non aiuta.
Poi ci si domanda come abbia fatto il Renzi Matteo, che era partito con meno del 30%, ad avere la maggioranza assoluta del partito, dei deputati e dei senatori.  Se dall’altra parte si ha il nulla basta qualche chicco di grano per far sembrare la stia un eldorado e i polli corrono a frotte.
Il fatto poi che la succitata minoranza minacci di votare “NO” al referendum, la cui data slitta di giorno in giorno, è assolutamente irrilevante. Tutti insieme hanno la capacità di spostare voti pari a quella di Berlusconi di tenersi il Milan.

2 commenti:

  1. Avremo un PD in mano ad un Cinese? Potrei pensare di votarlo forse.

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  2. mah... i misteri sono sempre più fitti. Difficile districarsi fra pazzi e incompetenti.

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