Ciò che possiamo licenziare

venerdì 4 marzo 2016

Renzi Matteo va alla guerra

La questione Libia è risolta dal governo con tre mosse, poi ci sono due corollari. Solo per pignoleria si aggiungono tre considerazioni. Gli 007 mandati in Libia sono gli stessi del caso Regeni in Egitto?  Gli agenti, che avranno licenza di uccidere, a quale James Bond si ispireranno? Si spera non a James Tont.


Del buon senso, come delle stupidaggini, nessuno ha il monopolio e così tutti o quasi apprezzarono Renzi Matteo, in arte segretario del Pd e Presidente del Consiglio,, quando, con buon senso, disse che era quantomeno azzardato mandare truppe in Libia se non si aveva ben chiaro quello che sarebbe successo dopo. 
E come esempio portava sia la scriteriata azione militare americana in Irak del 2002 sia quella altrettanto fessa patrocinata da Sarkozy in Libia nel 2011 La partecipazione italiana in questo secondo caso fu, per così dire, non spontanea. E per una che ne avesse azzeccata il giovane Presidente del Consiglio non ci si poteva che rallegrare. Evviva, evviva. 

Poi però, poiché ad ogni azione ne corrisponde una uguale e contraria ecco la minchionata: oggi l’Italia partecipa alla guerra di Libia. In realtà il Belpaese non potrebbe, dato che c’è un articolo della costituzione , il numero 11, in cui è scritto che «l’Italia  ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» Ma anche qui c’è il trucco: basta non chiamarla guerra e il gioco è fatto. Infatti da qualche tempo le azioni militari con cannoni, bombe e fucili, in altre parole, con gli scarponi sul terreno come dicono gli yankee,  si chiamano azioni di pace (peacekeeping). E poiché come noto è la somma che fa il totale se l’azione è di pace vuol dire che non c’è guerra. Che per gli italici è questione facile da capire ma andare a spiegarlo ai libici è un tantinello più difficile. 

Comunque, la questione è risolta in tre mosse e due corollari a cui per pignoleria si aggiungono tre considerazioni, La prima mossa è stata fatta il 10 di febbraio con un bel decreto che stabilisce che il comandante in capo dell’operazione in Libia sia il Presidente del Consiglio. Probabilmente la scelta è caduta su di lui perché è noto a tutti che Renzi ha vestito la divisa dei boyscout. Anche quella era una divisa di pace e quindi, deve essere stato il ragionamento, chi se non lui? La seconda mossa è stata di affidare la missione all’Aise (Agenzia Informazioni Sicurezza Esterna  ). Chissà se sono gli stessi che si stanno occupando in Egitto del caso Regeni,  perché se è così si potranno dormire sonni tranquilli. Primo corollario: le teste d’uovo dell’Aise hanno pensato che per missioni speciali ci vogliono militari speciali cioè uomini dotati di licenza 007. Il che significa licenza di uccidere e impunità per i reati eventualmente commessi, Ovviamente all’interno del mandato dell’ONU. Sembra quasi un film. A questo punto si dovrà decidere, ammesso che un consiglio dei ministri non l’abbia già fatto, a quale modello di 007 i nostri dovranno riferirsi. All’astuto, freddo e seducente Sean Connery o all’elegante ed ironico Roger Moore o al pià sensibile e psicologicamente completo Pierce Brosman o all’algido David Craig? E poi, ci saranno anche le Bond girl? Dubbi amletici, ma l’importante sarà non assomigliare al Lando Buzzanca di James Tont in operazione U.N.O. Comunque quel che è certo è che sarà il boyscout Renzi Matteo  ha decidere, pianificare e controllare le missioni. Siamo i una botte di ferro. Operativamente, dunque, l’Aise risponderà a Renzi e informerà, attenzione all’aggettivo, tempestivamente il ministro della difesa Roberta Pinotti, il ministro degli esteri  Paolo Gentiloni e quello dell’interno Angelino Alfano per, attenzione anche alla seguente frasetta, le materie di competenza. Che è come dire che non si sa quando questi tre saranno informati e poi, ma detto sottovoce, che senso abbia informarli dato che Renzi sa già tutto e li terrà senz’altro al corrente con un SMS. I tweet in questo caso non vanno bene li potrebbero leggere anche le altre tribù libiche nemiche e  quelli di Daesh. 

Terza mossa: in Libia ci sono anche truppe di altri Paesi europei e quindi c’è il rischio di sovrapporsi nelle iniziative, quindi ci vuole una guida. Niente paura il comando di tutte le operazioni è affidato all’Italia. L’orgoglio nazionale è salvo: inglesi e francesi dovranno ubbidire ai nostri ordini. Finalmente al Belpaese viene riconosciuto il giusto peso. La cosa è confermata anche da Ali Ramadan, ministro degli esteri del governo di Tripoli, che però è solo uno dei due governi libici, l’altro sta a Tobrouk e tra i due non corre buon sangue. Secondo corollario: il ministro di Tripoli in una intervista rilasciata al Corsera  proprio il 3 di marzo, aggiunge candidamente che comunque ogni operazione dovrà essere concordata con il suo governo. Cioè prima di ogni azione Roma chiamerà Tobrouk e farà la proposta, discuteranno e poi quando arriveranno ad un accordo verrà ordinato all’Aise di agire. L’Aise a quel punto vaglierà le aree di competenza dei tre ministeri e tempestivamente, dopo un minuto, un’ora, un giorno o una settimana, inviarà una relazione. 

Prima considerazione: in tutto questo non c’è traccia di quel che succederà dopo l’intervento europeo. Cioè proprio come dopo la prima volta in Libia. Seconda considerazione: in prima battuta verranno inviati in quella che una volta era la quarta sponda cinquanta incursori del Col Moschin cui pare ne seguiranno altrettanti del San Marco. Che degli incursori possano portare la pace da qualche parte è pensiero arduo. Però se qualcuno sa dove la possono portare si faccia avanti. Terza considerazione: che succederà quando qualcuno dei nostri ci lascerà la pelle? Perché noi portiamo la pace (ancorché con licenza di uccidere) ma quelli di Daesh non lo sanno.

--------------------------------
http://ilvicarioimperiale.blogspot.it/2015/11/neanche-la-guerra-e-piu-una-cosa-seria.html

4 commenti:

  1. piuttosto malmessi questi paesi europei se si trovano a dover chiedere di assumere il comando delle operazioni all'unico paese che come ex paese coloniale in quel territorio un tempo non veniva considerato il più indicato a guidare operazioni belliche.

    RispondiElimina
  2. ma no. loro, gli alleati, ci mettono aerei e droni. noi i soldati, quelli che ci lasciano la pelle. gli americani avevano creato reggimenti di afroamericani da mandare all'attacco in prima linea. loro, gli euroamericani, se ne stavano nelle retrovie. adesso il compito degli afro vorrebbero affidarlo a noi. c'è da augurarsi che questa scassatissima classe politica abbia almeno il buon senso di non prestarsi.

    RispondiElimina
  3. sembra che fortunatamente sia così.

    RispondiElimina