Ciò che possiamo licenziare

domenica 20 settembre 2015

Renzi: da rottamatore a robivecchio

La partenza è stata alla grande poi man mano che la gara procedeva Renzi si è disunito. Ora imbarca tutti anche quelli, alla Verdini, che vanta sei processi per truffa e bancarotta. Il cambiamento non si fa con pezzi vecchi e consunti dall’uso.

Quando nel dicembre 2013 quasi tre milioni di elettori del Pd (con un obolo pari ad almeno sei milioni) si recarono alle urne per scegliere il nuovo segretario del partito non pochi pensarono (e sperarono) che se avesse vinto il giovane sindaco di Firenze molte cose sarebbero cambiate. E cambiate per davvero. Infatti ben il 68% si decise a segnare il suo nome sulla scheda. Gli altri concorrenti riuscirono a raggranellare pochissimi voti: Cuperlo il 18% e Civati il 14%. Praticamente non c’è stata storia. Infatti i vecchi marpioni del partito, gli artefici delle precedenti sconfitte non osarono confrontarsi nell’urna con il nuovo aspirante segretario. L’avessero fatto sarebbe stata una  debacle di proporzioni colossali per loro e un trionfo ancor più grande per Renzi.

In verità la vittoria di Renzi non fu tutta sua, contribuirono in bella misura anche vecchi pezzi della Dc, come Franceschini che fu il primo a fare il salto della quaglia, e del Pci, fra tutti come non ricordare Fassino e Chiamparino e anche quel De Luca da Salerno detto successivamente impresentabile ma ora presidente della Regione Campania. , Tre campioni dell’apparato di Botteghe Oscure. Comunque sull’onda dell’entusiasmo pochi, o forse nessuno, si domandò come mai nel giro di breve le preferenze per Renzi raddoppiassero rispetto a solo un anno prima. E nessuno si domandò perché mai il rivoluzionario rottamatore accettasse senza parere gli appoggi, magari un po’ inquinanti, dei vecchi apparati. Quelli da rottamare per intenderci. E ancora a nessuno venne in mente che tanta grazia dovesse in qualche modo essere ripagata. Tutti si aspettavano che il rottamatore iniziasse a rottamare. Chi con speranza e chi con ansia. Ma non accadde un bel nulla. Anzi la schiera dei rottamandi che si alleavano con il fiorentino aumentava ogni giorno: Rondolino, Velardi, Minniti, La Torre, Tonini, giusto a titolo esemplificativo. Ché l’importante è farsi trovare dal vincitore al posto giusto al momento giusto. Nella storia dell’umanità ci son stati altri fulgidi esempi e quindi anche quelli contemporanei per quanto miserrimi, ci stanno. Però se è la qualità degli alleati a dare la cifra del vincitore o del leader allora il rottamatore sta messo maluccio.

E magari accade oggi ciò che intuì Don Camillo: a grattar il Giuseppe Bottazzi (Peppone), proletario senatore del Pci, vien fuori  il Pepito Sbazzeguti piccolo borghese giocatore compulsivo e occasionalmente vincitore del Tototcalcio. E dunque oggi a grattare Renzi il rottamatore vien fuori Renzi il robivecchio, nel merito e nel metodo, che scopre nuovi amici tra ex derogati, ex bersaniani, ex dalemiani ex veltroniani, ex montiani ed ex di qualsiasi altra cosa. Per i nomi c’è solo l’imbarazzo della scelta. E a quanto si dice il presidente del Consiglio è già bell’e pronto ad imbarcare nel governo altri ex berlusconiani, alcuni addirittura ex duri e puri, che adesso si chiamano verdiniani. Di nuovo in tutto questo, nel merito e nel metodo pare ce ne sia veramente poco. Soprattutto in quel Denis Verdini che, anche se non ha mai detto come l’incauto Mastella Clemente di essere il Moggi del centrodestra, più d’uno spostamento di casacca è riuscito ad organizzarlo. Certo allora giocava nella squadra di Berlusconi che da presidente del Milan ben conosceva l’importanza di spendere per acquistare campioni della pedata. 

E per esser precisi si tratta proprio quel Denis Verdini le cui intercettazioni telefoniche sul caso La Maddalena il Senato autorizzò nell’aprile del 2014, ma di cui non si è saputo più nulla. E che è rinviato a giudizio per il caso P3, processo iniziato nel febbraio corrente anno che ci si augura arrivi a termine. Prima della (quasi) immancabile prescrizione. E poi ci sono i rinvii a giudizio per i casi del Credito Cooperativo Fiorentino (truffa e bancarotta), dell’immobile di via della Stamperia (illecito finanziamento e truffa), dell’indebita percezione di  fondi per l’editoria (truffa), della Scuola dei Marescialli (concorso in corruzione), e infine di Toscana Edizioni (bancarotta). Al dunque gente vecchia se si escludono quelli del giglio magico e metodi vecchi: insomma la solita zuppa di sempre. E anche i gufi, i rosiconi e il futuro stan diventando frusti oltre che noiosi. Rimestare la broda all’uso democristiano alla fine stanca gli ascoltatori che dello storytelling conoscono già il come va a finire.
In tutto ciò la grande fortuna di Renzi il robivecchio è che la minoranza interna, dirla di sinistra è quantomeno impreciso dato che quando è stata al governo di sinistra ha fatto ben poco, non ha una vera proposta politica e teme a tal punto di non tornare su quegli scranni che alla fine, non per disciplina di partito ma per lealtà e senso di responsabilità approverà l’inapprovabile. Che senz’altro sarà riciclo di robe vecchie.



1 commento:

  1. Non si mette mai il vino nuovo nella botte vecchia. Renzi da rottamatore è divenuto Rottamato. Se leggiamo il suo programma prima che vincesse le primarie capiremo molto,nel senso che, quando si sta fuori dal Palazzo conti,poi,quando sei entrato nel Palazzo scoppi e agisci non da uomo politico libero per chi ha la stoffa del Leader. Renzi faceva bene quello da Sindaco,ma diventare un Presidente del Consiglio dei Ministri dell’attuale Governo molto mobile i cittadini ne hanno tratto le conseguenze.

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