Ciò che possiamo licenziare

giovedì 3 settembre 2015

L’intervista di D’Alema a Cazzullo: piagnona.

Il Corriere della Sera regala a Massimo d’Alema una pagina per piagnucolarsi addosso. Gli fa da spalla Aldo Cazzullo. Si spazia dai viaggi in Arabia Saudita alla tomella (espressione bolognese) sull’arroganza e sulla rottura sentimentale tra partito ed elettori


Tra i giochi individuali, nel senso di uno contro uno, quando l’avversario manifesta una superiorità soverchiante, c’è l’opzione dell’abbandono.  Se il vocabolo suscita orticaria, per chissà quali ancestrali pulsioni, lo si può sostituire con ritiro. Succede nel pugilato, con il lancio della spugna, negli scacchi, facendo cadere il re, nel judo battendo la mano sul tatami e anche nel ciclismo, scendendo dalla bicicletta. Accade qualche volta anche in politica, ma solo all’estero. Si dirà che la politica non è un gioco, beata ingenuità: cos’altro è?

Qui da noi anche lo sconfitto più sconfitto, tipo D’Alema per l’appunto, continua tignosamente la sua battaglia sperando in chissà quale colpo di ventura che possa ribaltare la situazione. Poiché la sconfitta non la si attribuisce ai propri errori ma «al destino cinico e baro».  Come dire non voler considerare il contesto e le cause che l’hanno generata. Cioè la metafisica diventata realtà. L’intervista che Massimo D’Alema, con generosità gratuita, ha concesso ad Aldo Cazzullo ne è chiarissimo esempio. Al solito, con così tanto intervistato, la questione è stucchevolmente centrata sull’arroganza, sul modo spiccio di fare di Renzi e poi sui numeri che lasciano il tempo che trovano e sulla rottura sentimentale con gli elettori. Quest’ultima è nuova. Pochino pochino sulle sue scelte politiche. Dato che non è facile smentire platealmente quello che si sarebbe voluto fare e non si è fatto.

Dimentica il D’Alema che quando Renzi nel 2012 girava per le Case del Popolo se voleva un applauso facile facile bastava lo citasse e aggiungesse: «lo rottamo». Subito l’entusiasmo popolare saliva alle stelle. Che tradotto anche per non fini politici significa che il sé-dicente lìdermassimo aveva fatto il suo tempo e che anzi lui e gli altri come lui erano stati la vera causa del fenomeno Renzi. Diciamo. Il cosiddetto popolo del Pd dei vecchi politici e del loro modo di giocare la partita ne aveva le tasche piene per cui si provava a scommettere su un giovanotto che prometteva di buttarli fuori. Quella volta gli andò male, ma per quasi poco: perse contro Bersani per 60 a 40. Ovviamente per cento.  Il fiorentino attese con pazienza e al secondo tentativo, quello per la segreteria del partito, fece bingo a scapito di quanto disse il D’Alema: «sono sempre stati eletti segretari quelli che io ho appoggiato.» Profezia sbagliata C’era da chiedersi il perché ma il D’Alema non lo fece e anzi con fare saccente cercò di ammaestrare il pupo. Altro errore

L’attacco dell’intervista è decisamente dalemiano: «Sono appena tornato dall’Arabia Saudita e sono rimasto colpito  dalla percezione terribile dell’Europa.» Se lo dicesse un marziano ci sarebbe da credergli ma da uno che è partito l’altro ieri da Roma e che ha volato solo per qualche ora è l’ennesima dimostrazione di spocchia doppiata da un «Mi occupo di politica internazionale» che è come dire faccio cose e vedo gente. Insomma si direbbe il solito D’Alema se, dopo un fugace passaggio sui numeri di voti persi e  guadagnati, non attaccasse una tomella (espressione bolognese che sta per piagnisteo proungato e noioso) sull’arroganza e sul vittimismo: «Io coperto di insulti.Per ordine dall'alto è iniziato contro di me  un linciaggiodi tipo staliniano.»

Ammette di aver avuto modi sprezzanti (anche questa intervista lo è e neanche tanto tra le righe) e aggiunge: «Posso essere stato spigoloso,non sono cattivo né vendicativo» E porta ad esempi i casi di Veltroni e Prodi che sostenne per le posizioni di vicepresidente del consiglio e commissario europeo. Dimentica però di dire che lo fece per liberarsi della loro ingombrante presenza: promoveatur ut amoveatur.  Certamente mentre si autogiustifica piagnucolosamente dimentica anche quel simpatico siparietto che ebbe, nell'ottobre del 2012 con Giacchetti, suo segretario d’aula: «Ma è vero che tu stai con Renzi?» chiese «Sì è vero, sto con Renzi», gli rispose Giachetti «Allora da questo momento non ti rivolgerò più la parola» lo gelò D’Alema. E lo fece. Il che non vuol dire né essere cattivo, né vendicativo e neppure stalinista. Visto che a proposito di Renzi è saltato fuori anche il compagno Stalin. Con ciò dimenticando che lo stalinismo è anche un metodo, magari sgradevole, di governo, Che tutti, o quasi, quelli che gestiscono potere usano. E a ben vedere anche papa Francesco in certi suoi atteggiamenti ha un che di stalinista. Niente di grave. Normale amministrazione. Ci sta.

Infine gli ultimi due capoversi: i collaboratori fedifraghi e il cuore del popolo di sinistra.
Sui primi ha un moto di quasi assoluzione: «appartiene al metodo staliniano (e dai ndr) far attaccare i reprobi dai vecchi amici e dai familiari.» Come se i vecchi amici non se la fossero data a gambe dal suo gruppo per saltare sul carro del vincitore. Anzi sono stati anche loro e forse soprattutto loro a fare di Renzi il vincente. Che, è bene ricordarlo in Parlamento di veri renziani all’inizio ce ne erano pochini (avendo composte le liste Bersani) e se adesso se ne conta la maggioranza il merito non è del fiorentino ma delle folgorazioni avvenute sulla strada delle prossime liste elettorali. E poi questo è il Paese dei tengo-famiglia. Fa quindi venire un certo qual luccicor d’occhi leggere che tra partito ed elettori «è avvenuta una cosa più grave di una rottura politica: una rottura sentimentale.» Che sentir D’Alema parlare di sentimento (pubblico e politico ça va sans dire) è come immaginarsi il lupo di Cappuccetto Rosso dichiararsi vegetariano. Nessuno dei due sa esattamente di cosa si sta parlando.

1 commento:

  1. Una antica canzone napoletana celebre, cantata dall’ allora Mario Merola,”O’ Zappatore”. Che in un brano afferma: “ sè persa Casa Patria e Onore, O zappatore, nù sa scorda a mamma!” sembrerebbe azzeccata sta canzone. Ma rimanendo nel basso, tutti capi dei Partiti esistenti in Italia di cui continuano ad auto incaprettarsi da soli, a tenere in catene la crescita e lo sviluppo sé…..applicassero pienamente l’intera Costituzione italiana, in particolare l’articolo 53 della Cost. prima che sia troppo tardi per loro e per tutti. Svegliatevi, ascoltate le vostre coscienze,come fece Paolo sulla strada di Damasco. Applicate la Costituzione.

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