Ciò che possiamo licenziare

sabato 18 luglio 2015

Non sobria cioè presente a sé stessa cioè stuprabile.

Più che una sentenza quella di Firenze è il punto su cui si è sollevato il mondo. Fatto increscioso scrivono i magistrati. E se fosse toccato alla figlia, sorella, nipote di uno dei giudici sarebbe stato   detto increscioso? Definire che i sei sono uomini vien difficile. Cosa insegneranno ai loro figli?

Il sillogismo del titolo può apparire paradossale ma non lo è. Anzi è certificato con tanto di bolli dalla Corte d’Appello di Firenze.  A pagina 21 del Corriere della Sera, sabato 18 luglio, dopo quattro paginate dedicate agli scontri tra polizia, fascisti e popolazzo becero per via dei migranti che nessuno vuole, tre alla questione della Grecia, due all’intercettazione fantasma di Rosario Crocetta, quattro pagine di pubblicità ed altre sei dedicate a frattaglie varie come governo, fisco ed esteri e sotto un pezzo su come i Comuni assegnino appalti senza gara in un trafiletto di 15 righe e tre parole si racconta dell’assoluzione in appello di sei accusati di stupro di gruppo. 

A prima vista si prova un po’ di fastidio per lo (apparente) scarso peso dato alla sentenza della Corte d’Appello di Firenze. Poi ci si pensa un pochetto e si arriva a convenire che le proporzioni ci stanno tutte. Le motivazioni (riportate dalla stampa) della  assoluzione sono il punto, la leva su cui sollevare il mondo. Grande Archimede, che leggendo avrebbe pure aggiunto «Eureka!» nel senso di tutto chiaro. Se si assolvono sei che hanno abusato di una ragazza ubriaca come ci si può stupire di tutto il resto. Si tratta solo di logica conseguenza.

Per chi se lo fosse perso il fatto in estrema sintesi: nel 2008, in quel di Firenze, Fortezza da Basso dopo una festa una ragazza ubriaca finisce dentro un’auto dove, a turno, sei (definirli uomini vien difficile) tra i 20 e i 25 anni ci si accoppiano. Per la ragazza che all’epoca dei fatti aveva 23 anni è violenza di gruppo più crudamente detto stupro.  Scatta la denuncia e in primo grado i sei vengono condannati a quattro anni e sei mesi. Come si conviene si va in appello ed ecco il miracolo del sillogismo.

Nelle motivazioni della sentenza, quattro paginette scarne, i giudici della Corte d’Appello di Firenze scrivono che la vicenda è «incresciosa». E ci mancherebbe altro vien da dire pure se l’aggettivo usato è magari un tantinello troppo timido, gentile ed educato. Vien da chiedersi se sarebbe stato ugualmente usato se la vittima fosse stata figlia, sorella o nipote di uno dei giudicanti. Dunque fatto «increscioso, ma non penalmente perseguibile» Che per farlo diventare tale, cioè penalmente perseguibile, chissà che doveva succedere. Magari che anziché sei fossero dodici o che l’auto fosse una spider, meno comoda, ci si immagina, per gli accoppiamenti o che la ragazza fosse addormentata, legata o addirittura non ci fosse.

Il perché non penalmente perseguibile discende dal fatto che la giovane donna «anche se non sobria era presente a sé stessa.» Un po’ come quelli che son zoppi ma correnti, ciechi ma guidanti, candidabili e votabili ma non eleggibili. Che ci vuole? Che ci sia contraddizione in termini parrebbe evidente anche ad un  bimbo delle elementari, non ancora guastato dall’università: se non si è sobri non si può essere in sé e se non si è in sé soggettivamente si casca in situazione di inferiorità oltre che fisica anche psicologica e quindi già basterebbe questo per definire l’abusante colpevole. Tuttavia l’interpretazione del diritto talvolta batte strade che sono eteree, fatte di sillogismi metafisici. Come quando si libera un famoso perché il carcere lo deprime. Le carceri sono piene di poveracci depressi che se li scarcerassero tutti a girare per i corridoi di Rebibbia, San Vittore o dell’Ucciardone ci starebbero solo gli agenti di polizia penitenziaria.

Se un Paese può consentire e digerire simili sentenze come si può pensare che sappia poi mettere ratio e magari organizzazione e magari burocrazia intelligente e magari anche non corruzione nelle attività di tutti i giorni. Che spiegheranno quei sei (che a definirli uomini vien sempre più difficile) ai loro figli sui rapporti con le donne? Magari si porranno come esempio e lo potranno fare con legittimità avendo ben stampato in fronte il bollo della giustizia. 

3 commenti:

  1. È oggettivamente disgustoso ma, perfettamente in linea con una giustizia che tollera che migliaia di individui subiscano la carcerazione preventiva - di per sé inconciliabile con la civiltà - in attesa che altri individui con orario 8 - 14 decidano del loro destino. Un certo Marco Pannella denunciava queste cose trent'anni fa.

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  2. Marco Novefebbraio Capodaglio20 luglio 2015 alle ore 01:41

    Mi veniva in mente leggendo qualche commento : sicuramente ci sono state critiche a questa sentenza,(per lo più intelligenti e puntuali come quelle di Castruccio) ma dire che vi siano stati clamori sarebbe esagerato. Mi chiedo "e se invece di assolvere 6 pisani per l'identica fattispecie fossero stati assolti 6 marocchini, a cosa avremmo assistito ? "

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  3. Ho letto il tuo centrato intervento che condivido. La Giustizia langue, insieme alla politica del Parlamento. Questo costringe i cittadini di farsi giustizia da soli. Un amico, una amica, un padre una madre, un fratello, una sorella, uno zio chissà un nonno, se decidessero di farli fuori tutti e sei delinquenti prima violentando per poi appenderli agli alberi quale giustizia sommaria come un film di orror, l’ opinione pubblica che cosa direbbe? Chi ha armato le menti di questa strage? La Giustizia o la Politica?. Cioè, chi è stato il mandante della violenza su una donna di 23 anni?????

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