Ciò che possiamo licenziare

mercoledì 24 giugno 2015

Laura Antonelli e Ignazio Marino: due storie parallele.

Mediocre attrice lei, mediocre politico lui. Entrambi avevano la qualità necessaria, la bellezza lei, l’onestà lui, ma non quella sufficiente: saper recitare lei, essere determinato lui.


Laura Antonelli e Ignazio Marino così apparentemente lontani eppure così vicini. Laura Antonelli e Ignazio Marino sono accomunati dalla mediocrità. Lei era una mediocre attrice e lui è un mediocre politico. Lei carina, qualcuno dice e diceva bellissima, icona sexy del maschio italico degli anni ’70. Che per la repressione sessuale che girava all’epoca non era poi così difficile. Ma dall’essere bella ad essere un’attrice ce ne corre. La bellezza per un’attrice è condizione, forse, necessaria ma sicuramente non sufficiente. Barbra Steisand insegna. La sua è stata una carriera in discesa che non è stata salvata dall’aver mischiato filmetti di bassa lega, definiti porno-soft, con altri in cui era diretta da grandi registi e nei quali, forse e si sottolinea forse era stata chiamata per essere utilizzata come esca per il botteghino. Si fa con quel che si ha.

Paolo Mereghetti nel suo coccodrillo d’ordinanza, magari pronto da tempo,  sul Corriere della Sera (23/06/014) ha cercato di portarla al livello di Brigitte Bardot. Ancora una volta il becero vezzo italico di cercare altrove quel che non si ha in casa e quindi ecco l’Antonelli presentata come una sorta di Bardot de noastri non potendo permetterci quella vera. Però a leggere tra le righe il pezzo di Mereghetti viene il sospetto che anche lui ridesse mentre scriveva. Capita, qualche volta. Troppo largo il gap tra una e l’altra. BB ha lasciato quando era al massimo per età, bellezza e anche potere contrattuale con i produttori mentre l’Antonelli quando non la volevano più e tutti dicevano che aveva fatto il suo tempo. Non è difficile immaginare che mentre il telefono della francese squillava all’impazzata a quello della seconda non rispondesse alcuno. Lino Banfi ha cercato di aiutarla per procura chiedendo per lei l’applicazione della legge Bacchelli, mentre Lando Buzzanca ha dichiarato che avrebbe voluto aiutarla ma non sapeva come: mettere mano al pingue portafoglio sarebbe stato sufficiente. A riprova che coccodrilli e miseria vanno di pari passo.


Per Ignazio Marino la storia è uguale o giù di lì, con la fortunata eccezione che è vivo e vegeto. Di lui dicono, anche Renzi e la Serracchiani, che è onesto e poi i due aggiungono che per un politico l’onestà non basta. Come dice Oscar Farinetti «se sei solo buono sei un buon uomo» nel senso di un ciulotto o un fesso. Perché, dice sempre Farinetti che è amico di Renzi, ci vuole anche la furbizia. Il che oggettivamente suona male e lascia spazio a facili fraintendimenti. Meglio sarebbe stato se il segretario del Pd e la sua vice avessero detto che l’onestà è condizione necessaria ma non sufficiente. E magari avessero declinato una bella serie di aggettivi per spiegare cosa deve essere il sufficiente per un politico. Ne avrebbero guadagnato in allure e signorilità, ma forse a loro non importa. L’Ignazio è riuscito ad imporsi nelle primarie per il posto di sindaco a Roma con il 55% dei consensi e poi ha stracciato Gianni Alemanno con il 64%. Anziché usare tutti questi consensi con determinazione si è limitato ad andare in ufficio in bicicletta e a lasciar parcheggiata la sua Panda dove non doveva. In più si è fatto commissariare dal partito renziano imbarcandone un tot di rappresentanti che adesso, con scuse puerili ubbidiscono al fischio del capo e stanno tornando a casa come Lassie. Uno degli aggettivi che gli è mancato e gli manca per coprire l’area del sufficiente è determinato. Nei fatti e non nelle parole. Il che tradotto per il popolo vuol dire avere visione e Marino oggettivamente non ce l’ha. 

Renzi ed Orfini, forse il secondo con meno spregiudicatezza, prima l’hanno usato come per il botteghino e quando si sono accorti che tirava poco e che la situazione diventava pesante hanno deciso di mollarlo. E, come per l’Antonelli è meglio se se ne va da solo. Inutile che telefoni gli “amici” gli diranno: «stai tranquillo, poi ti chiamo io.» Alla fine ci sarà qualcuno che a morte politica avvenuta preparerà il suo bel coccodrillo e ci sarà anche chi dirà che avrebbe voluto aiutarlo ma non sapeva come. La qual cosa sarebbe stata facilissima, come per l’Antonelli, mettere mano al portafoglio, questa volta politico. Ma son cose che non si fanno.

2 commenti:

  1. Perfetta descrizione .... essenze e dimensioni parallele.

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  2. Perfetto , complimenti .

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