Ciò che possiamo licenziare

giovedì 30 aprile 2015

Quanto ci manca Flaiano.

Tornasse Ennio Flaiano a farci visita si divertirebbe moltissimo ed altrettanto divertirebbe il popolo. Quasi tutto il popolo. Non riderebbero solo quelli con l’ego ipertrofico e i monomaniaci. Quantità trascurabili ma estremamente pericolose. L’Ennio potrebbe spaziare a tutto tondo: dalla politica al sociale e dal laico al clericale. Una vera bazza.

Chissà come si divertirebbe il Flaiano con il Renzi. Il quieto Gentiloni, che lo definì come “il bambino che mangia i comunisti”, aveva avuto una santa visione ma peccava per difetto. Oltre ai comunisti (che poi sono ex) il bimbo in questione si è slappato anche vecchi piazzisti e aspiranti bancarottieri. Con lo stomaco che si ritrova, e che in qualche immagine fa bella mostra di sé,  più che a un bambino assomiglia a un’anaconda. Taglia gigante. Di oppositori riesce a papparsene anche cinquanta alla volta neanche fossero ostriche. Però forse un po’ cozze lo sono e per questo gli viene facile. A giustificazione un ex dissidente, tra quelli che all’ultimo momento gli votano a favore, si giustifica dicendo che non può votare contro il suo segretario di partito che è anche presidente del consiglio. Situazione che fino ad ora gli deve essere sfuggita, povero. Comunque stiano tranquilli i dissidenti il vice, Guerini Lorenzo, rassicura che contro i discoli che non verranno presi provvedimenti disciplinari. D’altra parte tanta bontà d’animo era già stata dimostrata con i dieci della commissione costituzionale: sollevati dal loro incarico solo per toglierli dall’imbarazzo di votare una legge che la loro coscienza non approva. Roba che un redivivo Iosif Vissarionovič Džugašvili dovrebbe venire a prendere lezioni per poter capire un po’ di stalinismo. Stalinismo 2.0.

Farebbe la gioia di Flaiano anche il  ministro del lavoro Poletti Giuliano per due buoni motivi: il suo peso (poco) nel governo e il suo feeling (poco) con i numeri. Ogni volta che i giornalisti gli chiedono delle prossime mosse del governo sui temi di sua competenza risponde che «Non so. Non si è ancora riunito il consiglio dei ministri» Che è come dire che solo lì scopre la linea del suo ministero. Sui numeri poi è disarmante. Dato che Renzi ha deciso che il job act deve funzionare lui si sforza di sostenerlo e spara numeri  a raglio. I nuovi occupati nel bimestre gennaio-febbraio 2015 disse « sono oltre 400mila» e sono risultati 13 (esatto tredici). A marzo disse «grazie al job act  la disoccupazione diminuisce.» È aumentata.

E poi ci sono anche i boys e le girls, politicamente parlando. Oddio i boys e le girls, sempre politicamente parlando, si assomigliano tutti/e: stesso atteggiamento, stesso modo d’interrompere l’interlocutore, stesse argomentazioni. Se gli cambi il cartellino non si riesce a distinguere quelli/e che sono del “papi” da quelle/i che sono di Renzi. Anche perché se si chiudono gli occhi sentire delle differenze tra Renzi e il “papi” viene difficile.

Ma non solo di sola politica laicità si nutrirebbe il Flaiano. Avrebbe a disposizione anche papa Francesco che si dà al femminismo e giudica scandaloso che una donna guadagni meno di un uomo. Il che di suo è anche giusto se non fosse che nella Chiesa le donne, che lì chiamano suore, vanno in giro con il capo coperto (come le mussulmane ortodosse) e quando va bene si occupano della cucina altrimenti gli tocca la lavanderia.  A  Francesco questa volta la storia della pagliuzza e della trave gli deve essere sfuggita. Così come ha fatto un altro scivolone sulla questione dell’ambasciatore di Francia. Sui gay aveva detto che non si sentiva di giudicare poi quando ha l’occasione di incontrarne uno, l’ambasciatore di Francia appunto, pone il veto neanche questo avesse il colera.  

Se ci fosse Flaiano sai che divertimento.

domenica 26 aprile 2015

Vittorio Feltri e i giovani d’oggi.

La verifica delle fonti è una delle prime regole che insegnano alla scuola di giornalismo. Sarebbe ora di finirla con l’astiosa guerra di vecchi arrivati contro giovani che stanno iniziando. Anzianità e gioventù non sono valori. Qualche volta capita di sposare la figlia del capo. Aiuta.

Il 22 aprile, corrente anno, si è sparsa la notizia che molti giovani già assunti da Expo avrebbero rinunciato all’incarico nonostante una ricca paga. Cosa che in tempi di disoccupazione galoppante è quasi peggio che svuotare la cassetta delle elemosine in chiesa. I renitenti al lavoro sarebbero stati nella misura dell’80% e molti, vergogna delle vergogne, avrebbero rinunciato all’ultimo minuto. Piatto ricco per un giornalista fustigatore di costumi (altrui) e grande moralizzatore (conto terzi) nonché salace critico delle abitudini dei giovani. Indovinato: si tratta di Feltri Vittorio.

Infatti il 23 aprile, puntuale come la varicella nei bimbi tra i 5 e i 10 anni, ecco apparire su Il Giornale il giusto editoriale del succitato Feltri Vittorio. Il titolo del pezzo è quasi neutro: «Se i giovani rifiutano il lavoro e poi si lamentano» ma d’altra parte i titoli non li fa lui mentre l’incipit suona già più feltriano: «Voglia di lavorare saltami addosso.» Il prosieguo dello scritto, inutilmente lungo, riprende i soliti temi d’attacco ai giovani d’oggi.  Il tutto può essere riassunto con poche parole, ancorché non citate nell’articolo, ma al nostro piace essere originale, che suonano come bamboccioni, choosy, fanigottoni, espressione lombarda che può fare il paio con quella romana di fancazzisti, e via dicendo.

Ad aver voglia di perdere tempo e a leggere una riga sì e una no, tanto il senso non cambia, non si può non sentire ribollire il sangue nelle vene. Questi giovani moderni sono proprio degli sciagurati. Anzi, ancora di più se solo la decenza non trattenesse dal dare libero sfogo agli impulsi che agitano le tenui viscere. Poi il colpo di fulmine: i dati su cui era fondato l’articolo non sono veritieri.
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Già, nel giro di sole 24 ore è emerso un quadro totalmente nuovo. Innanzi tutto a rinunciare «sono stati il 46% non di tutti i ragazzi ma solo di due specifiche figure»,  mentre l’80% a cui il Feltri Vittorio faceva riferimento «sono le persone che non hanno superato i test o non abbiano potuto andare avanti» Come è stato chiarito l’agenzia di lavoro interinale Manpower.

Certo che per un giornalista famoso e dal sontuoso stipendio non verificare le fonti è un peccatuccio da ridere. Lo facesse un aspirante scribacchino verrebbe cacciato con ignominia facendolo ruzzolare dalle scale. Giusto pour gouter. Quella della verifica delle fonti è una nozione passata tra le prime alla scuola di giornalismo, ma tant’è.

Da sempre per i giovani farsi strada non è  facile, oltre a competenze ed abilità occorre anche un poco di fortuna che se poi, per soprammercato,  il caso ci mette una mano tutto fila più liscio. Magari farsi amare e poi sposare la figlia del capo aiuta ma è un fatto che succede raramente: non sempre infatti i capi hanno figlie e non sempre queste sono libere e non sempre s’incapricciano di un sottoposto. Però capita ed è capitato. Certo c’è anche il caso che uno zio si trovi a dirigere l'azienda o un giornale ma anche questa non è opzione di ordinario corso. Poi c’è la voglia di capire quel che succede intorno e questo è quello che dovrebbe fare un giornalista. Nel senso di un vero giornalista. Di anziani sciabolatori astiosi contro la gioventù ne son pieni i bar di ogni quartiere e di ogni paese. Da sempre. 

Si dice che in una piramide dell’antico Egitto sia stato trovato un antichissimo papiro, quasi di tremila anni fa, su cui è scritto: «i giovani d’oggi non sono più come quelli di una volta.» Quindi a ripeterlo oggi non c’è neppure il pregio della originalità. Magari ricordare che né l’anzianità né la gioventù sono dei valori ma semplicemente tappe della vita sarebbe più trasgressivo. Si sa di vecchi stolti e di giovani allocchi. In entrambi i casi non si tratta di novità.
 Per finire: comodo parlare di disoccupazione quando si sta con i piedi al caldo, la pipa in bocca e il grappino accanto.

venerdì 24 aprile 2015

Italicum: Rosy Bindi vuole un centrodestra forte. Anzi di più.

Rosy Bindi, nella mezz’ora a OttoeMezzo, con Gruber, Cerasa e Angela Mauro, riesce a confondere le idee degli spettatori ancor di più dell’immaginabile. Rosy Bindi l'unica democristiana che non vuol morire democristiana. E invece le toccherà, come a tutti.

Diceva quel tale che «il mondo è bello perché è avariato» e Rosy Bindi, toscana trapiantata  in Veneto e trasmigratrice dalla Dc al Pd, ne ha dato conferma assoluta durante la sua ultima performance da Lilli Gruber in compagnia di Claudio Cerasa e Angela Mauro.

Il punto del contendere su cui idealmente doveva ruotare la trasmissione era l’Italicum avendo, come da copione, una non breve lista di addentellati: la posizione della Bindi all’interno del Pd nonché quella della minoranza dello stesso per poi scendere, dopo qualche gradino dedicato a Renzi, alla visione del mondo e ogni altra questione palingenetica. Che sono tante.  Insomma, tutto come al solito quando ci si sistema intorno a quel tavolo.

Alla Bindi ciò che veramente interessa, lei dice, è «una legge elettorale che metta definitivamente (l’aggettivo è importante) in sicurezza il bipolarismo e la democrazia dell’alternanza» ed è contraria a questa legge  «che dà il premio ad una lista e non ad una coalizione e non consente la ricostituzione del campo del centrodestra.» Stupore e sorrisini ironici. La Bindi ci ha messo vent’anni ad elaborare il concetto ed ora finalmente lo può dire, chiaro chiaro, tondo tondo: essendo ammaccato Berlusconi lei, la Bindi, vuole la rinascita del centro destra. Questo sì che è amor cristiano, ama il tuo nemico, ma anche carità, spogliati del tuo (voti, egemonia e potere) e dallo ai poveri di voti, egemonia e potere. Verrebbe da chiederle cosa aspetti a saltare nelle braccia, metaforicamente parlando, di quel Berlusconi cui disse a muso duro: «non sono una donna a sua disposizione.» Ma si sa che gli attuali tempi sono confusi e di conserva anche le idee. Soprattutto nella minoranza Pd.

Per cui riassumendo: la Bindi e magari anche tutti quegli altri della sedicente sinistra Pd (che vedere un ex comunista emiliano nella sinistra del partito fa po' un  ridere) sono avversi a Renzi per due solidi motivi. Il primo è che con questa riforma non ci sarà mai (peraltro mai dire mai) una forza di centro destra in grado di contrastare il Pd e all’occorrenza batterlo e mandarlo all’opposizione. E per secondo, altro fatto gravissimo, che il Pd sia il solo partito nel campo del centrosinistra. Poiché essendo solo non può formare una coalizione. Evidentemente la signora Bindi ha nostalgia dei cespugli che contornavano la quercja e, soprattutto, non ha imparato nulla dall’esperienze passate in compagnia di Bertinotti nonostante le lunghe lezioni. E allora bene che dopo sei legislature autonomamente decida (non potrebbe fare diversamente) di lasciare il suo scranno in Parlamento.

In tutto questo sofisticato e anche un po’ astruso argomentare neppure una parola sul fatto che l’Italicum ricalchi in non pochi aspetti il vecchio Porcellum, tolga le scelte democratiche dalle mani dei cittadini e ripresenti una camera di nominati. In altre parole che le segreterie dei partiti continuino a farla da padrone.

Last but not least la Bindi teme che: «se il mio partito, non è più ancorato rigorosamente al centrosinistra perché non c’è più un centrodestra, mi diventa il partito della nazione che riproduce al suo interno il consociativismo degli interessi che vuole rappresentare nel paese.» Che è come dire ricreare la Dc. Per cui alla fine abbiamo una “vecchia” democristiana che non vuol morire democristiana. E invece le toccherà, come a tutti..  Cose da non credere.  

lunedì 20 aprile 2015

25 tweet per 700 affogati

25 quanti quelli che si sono salvati. Casa scrivono politici, giornalisti e gente comune. Retorica a chili, becerate quanto basta e poi il “giusto”cinismo. Viene citato anche Gasparri pure se ha escluso il Vicario Imperiale dalla lettura dei suoi tweet, di cui evidentemente un po’ si vergogna. Delle sgrammaticature non ci si assume responsabilità.



Mauro Esposito® @maespo69  19 apr #Immigrati 700 morti canale di #Sicilia Bastaaaaa!!!!!
Vasco @vascopirri  19 apr Naufragio nel canale di Sicilia. Dalle prime notizie sembra ci siano 700 morti. #immigrazione
Lorenzo Cortesi sarò cretino ma …700 in meno da sfamare
Eleonora Bragagnolo @FQLive non ci credo … troppo bello x essere vero
ElisabettaAldrovandi @EliAl73  19 apr Canale di Sicilia,naufragio di un barcone:700 morti. Ma sì,continuate ad arricchire i terroristi scafisti. E a far morire migliaia di persone.
Michela Latini @michelatini  19 apr Io ve lo dico, ripristinare #marenostrum subito...ennesima tragedia in mare, si temono 700 morti... non mi importa di essere controcorrente!
PierferdinandoCasini @Pierferdinando #Migranti:rapporto Jihad-barconi acclarato,equiparare scafisti a terroristi.E blocco navale per fermare i trafficanti
Roberto Formigoni @r_formigoni Migranti: Renzi e Pinotti non muovono un dito. Ue e Onu intervengano
Gazebo @welikechopin  "Questi vanno a messa" una #giusinicolini indignata a #Gazebo sugli imbarazzanti tweet di @r_formigoni e @Pierferdinando Casini.
Nichi Vendola @NichiVendola Ipocriti coloro che elogiano ogni volta #PapaFrancesco, e poi assistono silenti a nuova strage #migranti.
amnesty italia @amnestyitalia  19 apr Almeno 700 migranti morti in un naufragio a nord della Libia: tragedia più grande di sempre bit.ly/1Q4vrmE #SOSEurope
Gad Lerner @gadlernertweet  700 profughi morti in una notte, sono le vittime di una guerra in cui ci nascondiamo indifferenti   http://www.gadlerner.it/2015/04/19/700
Andrea Camilleri @camilleriwrites  Putroppo altri 700 migranti morti nel #CanalediSicilia. Mi chiedo dove sta l'Unione Europea e governo. #immigrazione @matteorenzi
Luigi Adamo Ho sentito di persone in certi bar che hanno brindato Certo che 700x35 euro al giorno è un bel risparmio!
Roberto Saviano @robertosaviano  700 morti.Il fallimento di tutte le parole,dal Pd al M5S alla Lega.Ora facciano silenzio tutti.È il momento del dolore e della comprensione.
Gazebo @welikechopin "Io da sindaco mi costituisco parte civile contro gli scafisti" #giusinicolini #gazebo
Ezio Mauro @eziomauro  Oltre 700 migranti morti in un naufragio: solo 49 superstiti. È la tragedia più grande di sempre
Maurizio Gasparri @gasparripdl Tutti a dire migranti, migranti, IMMIGRATI CLANDESTINI, la colpa dei nuovi morti ricade sui fautori del buonismo e del boldrinismo
Daniela Santanchè @DSantanche · #sbarchi solo affondando i barconi prima prima di farli partire è l'unica soluzione
Roberto Testa 700/800 in meno da mantenere 700/800 possibili delinquenti in meno 700/800 che si lamentano come trattati in meno L’unica cosa negativa che vedo sono le 700 bare da pagare
Nicola Latorre @Latorrenicola Tragedia nel #canalediSicilia. Stabilizzare #Libia è priorità, Ue e Onu predispongano #blocconavale per fermare traffico di esseri umani
Giorgia Meloni @GiorgiaMelon #Naufragio nel #CanalediSicilia: il Governo #Renzi dovrebbe essere indagato per reato di strage colposa 
Matteo Salvini @matteosalvinimi Mettiamo le navi di fronte alle coste libiche, non deve partire più nessuno! #domenicalive @domenicalive #Salvini
Matteo Renzi @matteorenzi Niente demagogia almeno oggi. La battaglia di tutti deve essere contro i trafficanti di esseri umani. Sono i nuovi schiavisti
Gazebo @welikechopin Il sindaco di #Lampedusa @giusi_nicolini ospite di #gazebo "Io preferisco che arrivino vivi" 
GiordanoBrunoGuerri @GBGuerri Una sacco di 00, sui giornali di oggi. 700-900 morti Inter-Milan 0-0 Titoli quasi della stessa grandezza






giovedì 16 aprile 2015

IL PD UN PARTITO SENZA SPERANZA

Nobile discorso dell’ex capogruppo dei deputati che però non ha nessun effetto sulla platea. Renzi si comporta come il padrone del pallone: o si gioca come dice lui o lui va a casa. Col pallone. In tanti pensano che il 2018 sia lontano e ci si penserà quando arriverà. Quando l'interesse della "ditta" non corrisponde a quello del Paese.

E tira e tira, alla fine o quasi fine, la minoranza del Pd, che a guardarne alcuni esponenti c’è da mettersi le mani nei capelli, ha deciso (parola grossa) per un atto di forza (anche questa espressione grossa): Roberto Speranza si dimette. Cioè a dire il capogruppo dei deputati del Pd con un intervento che in tempi passati sarebbe forse stato definito nobile, dichiara di non condividere a tal punto la linea del suo partito da rassegnare le dimissioni.

Le sue parole sono cariche di pathos, parola non ancora rottamata ma ci si è vicino: «Non sono nelle condizioni di guidare questa barca. Credo nel governo, credo nel Pd e nel gruppo ma in questo momento (forse solo in questo momento, ndr) è troppo ampia la differenza tra le scelte prese e quello che penso. (comunque,ndr) Sarò leale al mio gruppo e al mio partito ma voglio essere altrettanto leale alle mie convinzioni profonde»

Bello, non c’è che dire, anche se ricorda tanto il famoso:  questo non è un punto d’arrivo ma un punto di partenza e  il veltroniano ma anche.  Speranza Roberto a questo punto dovrà spiegare, soprattutto a sé stesso, come farà a conciliare lealtà al partito ed alle sue convinzioni poiché ormai alla storia della doppia verità non crede più neppure la Chiesa e per mettere in pratica la doppia linea ci vogliono comunisti alla Togliatti e in giro non se ne vedono. Quindi si va verso la non speranza.

Miquel Gotor solo due settimane fa twittava «la battaglia è ancora lunga» ma non aveva fatto i conti con la decisione del toscanaccio e neppure con le astuzie degli scampati alla rottamazione: Franceschini, Marina Sereni, Burlando, Finocchiaro, De Luca, Zanda giusto per dirne alcuni che quelli che erano stati con Bersani la prima volta giravano intorno al sessanta per cento. Adesso invece  il tempo per la battaglia si è fatto un po’ più breve e di penultimatum in penultimatum si può anche morire. Politicamente parlando, ovvio. Ma d’altra parte è stata proprio l’inanità dei vecchi dirigenti (D’Alema e Bersani in testa) a favorire l’ascesa del giovane Renzi: avessero fatto politica e si fossero occupati dei casi degli italiani anziché baloccarsi con gli organigrammi o come yuppy  in carriera adesso la musica sarebbe ben diversa. D’altra parte le chiacchiere sul «bene della ditta» suonavano fesse fin dal primo rintocco. Se il bene della ditta non corrisponde al bene del Paese la strada, per il Paese, sarà dura e non sempre, questa sì, breve.

I renziani puri, quelli della prima ora, qualche settimana fa, dopo l’evaporazione al terzultimo o del penultimo penultimatum, ridacchiavano in transatlantico, ironizzando sul fatto che quasi tutti, tra senatori e deputati, tengono famiglia e alcuni anche il mutuo da pagare e quindi alla fine avrebbero mollato. Ora Renzi per essere certo del risultato ha legato la sorte dell’Italicum a quella del governo che tradotto significa: se si va alle elezioni le liste le faccio io e magari chi ha già fatto tre mandati, se non è stato leale che per lui vuol dire fedele, sta a casa. Il classico bambino padrone del pallone: detta le regole altrimenti non si gioca. Quindi meglio per i più se il governo dura e il 2018, al momento, è ancora lontano e quindi tutti a fare festa.

Apre le danze Lorenzo Guerini che a mezzanotte e ventidue twitta «Assemblea deputati pd si chiude con grandissima maggioranza a favore proposta legge elettorale» dimostra un po’ di pudore sottintendendo l’esistenza di una minoranza. Mancano invece di pudore la pasdaran Simonetta Rubinato (tre legislature) «Renzi: se Pd si ferma, si ferma Italia. All'unanimità con 190 voti gruppo dà via libera Italicum senza modifiche» e la neofita Marina Sereni (quattro legislature) che la ritwitta. Ma di simili ce ne saranno altri.

In un tale contesto al Pd mancherà, forse, Roberto Speranza ma di sicuro gli mancherà la speranza. Quella vera.

giovedì 9 aprile 2015

Le televisioni non aiutano più Berlusconi. E neanche il carisma

.Adesso che il suo partito è quarto nessuno parla più di conflitto d’interessi e neppure dello strapotere delle televisioni. E anche sul carisma qualche dubbio emerge: te lo danno o ce l’hai? Magari è l’ora di tornare a parlare di contenuti.

Giorni tristi per Berlusconi Silvio i suoi due giocattoli preferiti, Forza Italia e il Milan, veleggiano in cattive acque.Entrambi si trovano nella media classifica e di vincere il campionato o le elezioni neanche se ne parla. Stando ai sondaggi, il partito racimola meno della metà dei voti del Pd, il trenta per cento in meno di quelli del Movimento 5 Stelle ed è setto, pure se di decimali anche, anche alla Lega Nord. Cose da non credere. Eppure lui è sempre lui, quegli che gli stanno attorno, salvo qualche transfuga, qualche espulso e qualche altro finito dietro le sbarre o ai domiciliari, sono alla fine sempre gli stessi. E anche le televisioni che possiede oggi sono le stesse che possedeva nel 1994 anno della sua prima vittoria elettorale. E il suo conflitto di interesse è ancora vivo e vegeto come al momento della sua discesa in campo, orrida espressione da becero tifoso da bar dello sport che ha mal digerito le radiocronache di Nicolò Carosio. Questi diceva che le squadre entrano in campo anche perché di solito gli spogliatoi erano e sono interrati. Quindi sotto il campo, quindi scenderci diventa difficile.


Adesso di conflitto di interessi si parla poco o nulla, forse perché il Berlusconi sembra non vincere più. Che poi, a ben vedere e senza essere troppo sofisticati il Berlusconi in quanto a conflitto di interessi non è stato certo il primo nella storia repubblicana anche se, forse ma non è detto, il più originale. Prima di lui si sono cimentati in politica anche altri che erano industriali in proprio o per procura. Il senatore Agnelli Umberto, degli Agnelli della Fiat oggi FCA, ma non era membro del governo mentre invece lo è stata sua sorella Susanna che, per più governi, ha ricoperto il ruolo di sottosegretario e infine anche ministro agli Affari Esteri. O anche il caso dei Merloni, i Merloni di Fabriano, che sui nobili scranni hanno portato Aristide (il padre fondatore) Francesco (il figlio) e ora Maria Paola (la nipote), un en plein. Giusto per citare solo i primi casi che vengono in mente.

Neppure si menziona più lo strapotere delle televisioni del biscione, che sempre quelle sono. Quelle che a detta dei maligni, anche se con l’aiutino di Bruno Vespa, gli hanno permesso di vincere le elezioni nel 1994 e poi nel  2004 e infine nel 2008.  E nonostante loro, sempre le stesse, di perderle  per tre volte. Anzi adesso con il digitale terrestre ed il satellite ne ha pure di più, ma nessuno ci fa caso. Ma adesso, che nonostante le televisioni il Berlusconi perde pezzi, si può forse cominciare a pensare che, con qualche probabilità, vinceva perché così piaceva alla maggioranza tra i votanti degli italici. E a corollario si può aggiungere che non basta essere maggioranza per avere ragione anzi, chiosa Hannah Arendt, qualche volta la maggioranza ha pure torto. Che poi se ci fosse stato qualcuno disposto ad ascoltare, un semplice studente di comunicazione d’impresa già allora avrebbe potuto spiegare che un media è solo un media, cioè un mezzo e quel che conta è quel che ci si mette dentro, ovvero i contenuti. Perché in caso contrario basterebbe pomparci un po’ di denaro  per ottenere risultati ma anche su questo punto la Arendt ha opinioni diverse. Oltremodo  condivisibili.  Al netto delle sofisticate e acute teorie di McLuhan.

Per soprammercato neanche il carisma lo aiuta più. Il leader che riusciva a folgorare e convertire chiunque gli passasse vicino con la sola imposizione delle mani adesso non riesce a tenere a bada neppure Sandro Bondi che dei suoi convertiti ha rappresentato il prototipo, nonché il poeta adorante,  Per non dire della di lui moglie. Un disastro su tutta la linea. Che forse può aiutare a pensare che il carisma lo si riceve come grazioso dono dai miracolati astanti piuttosto che possederlo in proprio.


Allora magari torna utile riprendere a discutere di contenuti ricordando che si può ingannare uno tante volte, tanti una volta ma non tutti tutte le volte.

venerdì 3 aprile 2015

Italicum: Lettera aperta al Presidente Sergio Mattarella

Riceviamo dal movimento politico LCI - Lista Civica Italiana cittadini protagonisti -  questa lettera aperta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sul tema dell'Italicum che volentieri pubblichiamo.



Egregio Signor Presidente della Repubblica,

ci rivolgiamo a Lei perchè nel suo precedente ruolo di giudice della Corte Costituzionale ha bocciato la legge elettorale detta "Porcellum" in quanto incostituzionale. 
Ora Le chiediamo cortesemente di intervenire con fermezza per evitare l'approvazione di una nuova legge elettorale che - purtroppo - ha molti punti in comune con quella sopra citata. 
Come cittadini/e le chiediamo di impegnarsi affinché il parlamento approvi una legge elettorale che rispetti il dettato costituzionale, eviti lo strapotere delle segreterie di partito, punti alla elezione di persone qualificate e di alto livello morale, permetta ai cittadini di eleggere i propri rappresentanti e alle forze politiche nascenti di poter partecipare alle elezioni senza dover affrontare un carico burocratico iniziale insostenibile e ingiustificabile,

Le chiediamo inoltre di esprimersi circa l'uso mistificatorio che si sta facendo della cosiddetta governabilità: questa non può essere il pretesto per far approvare leggi antidemocratiche, per svilire il fondamentale ruolo del dibattito parlamentare ricorrendo alla decretazione d'urgenza.

La legge elettorale deve essere uno dei tasselli di un più complesso insieme di leggi necessarie per la corretta gestione della cosa pubblica. La governabilità può essere garantita con altre norme: il premio di maggioranza - dal punto di vista della democrazia - è certamente l'espediente più grezzo che si possa ideare. 

Come cittadini/e pensiamo di meritare una legge migliore e più equilibrata dell'Italicum.

La ringraziamo per l'attenzione e aspettiamo fiduciosi/e un suo intervento.

Cordiali saluti.

Per conoscere LCI - www.listacivicaitalia.org 

giovedì 2 aprile 2015

D’Alema: niente di penalmente rilevante.

Nel caso Ischia sta sbagliando molto per non dire tutto. Uno specialista di comunicazione avrebbe suggerito una strategia in tre mosse: querela all’infangatore, disponibilità per i giudici e la spiegazione che un fornitore di vini e libri e pagine pubblicitarie può non conoscere le malefatte dei suoi clienti.

Una delle prime regolette che si insegna alla scuola di giornalismo recita più o meno così: una smentita, o una rettifica, è una notizia data due volte. 
Massimo D’Alema, giornalista professionista dal 1991 e direttore de l’Unità dal 1988 al 1990, di questo insegnamento se ne deve essere dimenticato.  Infatti da tre giorni non sta facendo altro che rilasciare interviste e minacciare querele, prontamente riprese dai giornali e dalle televisioni, semplicemente perché accostato, magari un po’ maliziosamente, ad un certo scaldaletto di corruzione in quel di Ischia. In verità i magistrati hanno tenuto fin da subito a precisare che Massimo D’Alema non è indagato. Cioè non c’è nulla di penalmente rilevante a suo carico.

Il busillis sta tutto in un paio di fatterelli di cui, qui, ci si limita a riportare solo per la cronaca. Il primo racconta di una conversazione telefonica di tal Franco Simone, responsabile dei rapporti istituzionale della Cpl Concordia,  con il suo collega dell’area commerciale Nicola Verrini nella quale viene pronunciata la frase: «D'Alema mette le mani nella merda come ha già fatto con noi e ci ha dato delle cose» La seconda è che la cooperativa Concordia abbia acquistato 2000 bottiglie di vino  dall’azienda dello stesso oltre a 500 volumi di un suo libro e qualche pagina pubblicitaria nella rivista Italianieuropei. Per amor di verità bisogna dire che non sono stati gli unici: pure Finmeccanica ha investito qualche soldarello nella rivista in questione oltre, naturalmente, alcuni altri. Certo il bilancio della fondazione Italianieuropei non è pubblico ma pensare che non sia più che perfetto è solo una perfida illazione tenuto conto che fino a poco fa Giuliano Amato era il presidente dell’Addvisory Board.

Quindi, non indagato e senza nulla di penalmente rilevante sul groppone non si capisce il perché di tanta frenetica voglia di smentire il nulla e di lanciar minacce di querele a giornali,radio, televisioni e, ovviamente, giornalisti come non si sapesse che questi sono come le mosche: perennemente affamati e alla ricerca di cibo. Piuttosto il D’Alema Massimo dovrebbe querelare il Simone per aver infangato la sua persona e oltre ad aver millantato credito.

Così la notizia è stata data una volta, tre giorni addietro ed è stata rilanciata dal D’Alema stesso per altri due. E dire che era partito benino dichiarandosi offeso ed indignato, la qual cosa è addirittura ovvia, però ha, come dire, confuso gli obiettivi. Se l’è presa con i magistrati e le loro maledette intercettazioni telefoniche, addirittura invocando l’intervento del Csm e dell’Anm invece di ben mazzolare il solito Franco Simone perché dalla sua bocca è partito il tutto. Va bene essere imbufaliti ma chi aspirava a diventare Mr Pesc dovrebbe manifestare un cicinin più di autocontrollo.

Pare, comunque che i magistrati siano interessati a sentire il D’Alema come persona informata dei fatti e lui ha già detto di non aver nulla da dire. Un po’ come fece Napolitano per la trattativa Stato mafia e poi si fermò a chiacchierare con i giudici per tre ore che per dire un semplice niente è stato un bel lasso di tempo. Forse il D’Alema ci metterà meno tempo o forse di più se si perderanno a parlare di vitigni francesi trapiantati in Umbria e della crisi dell’editoria.

Si fa un gran parlare dell’importanza del marketing e della comunicazione in politica ma, come spesso succede ai politici, lo si fa a sproposito e per sentito dire. Un consulente con un po’ d’esperienza, e dando ovviamente per scontato l’estraneità del D’Alema ai fatti,  avrebbe impostato una strategia tutt’affatto differente. Strategia in tre mosse:  querelare (o anche solo attaccare) il volgare millantatore, ampia disponibilità all’incontro con gli inquirenti e non ultima la spiegazione che un semplice fornitore di vini, ancorché ex primo ministro (per due volte) non può conoscere le eventuali malefatte dei suoi clienti. Anche se pagano a centoventi giorni, mal vezzo che peraltro sta diventando tristemente la norma.  

Qualche ammaestramento D’Alema avrebbe dovuto coglierlo dal recente caso del collega Lupi. Neanche a lui fu riscontrato nulla di penalmente perseguibile (fino ad ora direbbe un maligno) anche se certo è inopportuno, come ministro della cosa pubblica, ricevere regali dai propri appaltatori. Nel caso in questione sic stanti bus rebus non si può biasimare chi fornisce agli assetati di cultura e di vino la giusta soluzione. Poi domani si vedrà, Non si dice in vino veritas?