Ciò che possiamo licenziare

sabato 21 marzo 2015

Per Lupi è l’ora, se ne va, ma non molto lontano.

Ripete di non essere inquisito il che è vero. Però alcune cose non si fanno solo perché non si devono fare. Lo si spiega ai bambini quando si mettono le dita nel naso. Certi regali poi, direbbe Holiday Golightly fanno un po’ cafone. Quanto a competenza: pochina.

E così Maurizio Lupi, il terrone di Baggio come si autodefinisce, ha dato le dimissioni. Per prendere questa epocale decisione ci ha messo solo 72 ore, ha tenuto a precisare, omettendo però di fare il puntuale computo del numero degli spintoni che si son resi necessari per convincerlo. Ma giunti a una certa età si è soggetti ad amnesie, e questo ci sta. Unici suoi difensori sono stati un’altra dimissionaria da ministro, la De Girolamo nota per la famosa frase: «Fagli capire chi comanda, mandagli i controlli …» e un vecchio ex socialista di sinistra, otto legislature e un passaggio attraverso la P2, cioè Fabrizio Cicchitto. Volendo o potendo si poteva scegliere di meglio.

Comunque, ha tenuto a dire Lupi, «Me ne vado a testa alta». E' una battuta retorica buona come qualsiasi altra di quella fatta in quelle circostanze. Oggettivamente si poteva cercare qualcosa di un filino più originale, ma è anche vero che ad ascoltarlo non c’era quasi nessuno. Quindi inutile sprecare le energie e il costo di un buon ghostwriter. Ciò che maggiormente colpisce è come il protagonista non colga gli elementi portanti sia sotto l’aspetto formale che sostanziale dell’intera vicenda. Che per il conseguimento della laurea un ragazzo riceva un orologio è normale, se a regalarlo sono i nonni che di solito per i nipoti stravedono. Ci sta anche che sia un amico di famiglia, basta che non appartenga al gruppo di quelli che ricevono dal papà tanti e ben remunerati,incarichi di lavoro e soprattutto  che il papà non sia un amministratore di cosa pubblica. Che poi il regalino sia un pataccone d’oro che Holiday Golightly, protagonista di Colazione da Tiffany, bollerebbe come  «un po’ cafone» è nello stile della storia. E solo per non far demagogia si omette di dire che per pagarlo ci vogliono otto o dieci mesi del salario di un laureato precario. I figli si sa sono piezz e core e chi non si darebbe dà da fare per loro? Ma per il combinato disposto di cui sopra meglio non chiedere a chi vive degli appalti del ministero di papà. Trincerarsi poi come unico dato di bravura del giovane virgulto dietro il 110 e lode lo espone solo a perfide ironie.. Così come val poco ripetere a mo’ di mantra: «Non sono inquisito», che magari per scaramanzia si dovrebbe aggiungere, almeno sottovoce, un bel «per il momento». Anche perché mettere dei blocchi al corso della storia o alla provvidenza, non è prudente.

D’altra parte il Lupi Maurizio non ha capito che, come spiega Wittgenstein, alcune azioni non si fanno semplicemente perché non vanno fatte. È come quando si dice ad un bambino che non si deve mettere le dita nel naso: perché? Perché non è bello. Tutto qui. Ma forse è un azzardo pensare che Lupi abbia mai sfogliato qualcosa del filosofo austriaco troppo preso a leggere Tempi, il settimanale di Comunione e Liberazione di cui peraltro detiene quote azionarie.  Eppure qualche campanello avrebbe dovuto sentirlo suonare come quando, nel febbraio del 2014,assieme ad altri cinquecento parlamentari, c’era pure Gasparri che pare sbadigliasse, papa Francesco tenne un sermone lungo il giusto sui sepolcri imbiancati i farisei e la corruzione. Con la scusa di essere un prete che viene da dove finisce il mondo e con qualche difficoltà con l’italiano Francesco ha mischiando passato e presente lanciando più di un avvertimento. Chissà che in Vaticano già non si sapesse qualcosa. Si sa mai. C’è chi su quelle parole ci scherzò sopra e adesso ha tempo di meditarle stando al fresco.  E qualcosa di simile Francesco ha ripetuto quando ha incontrato (5 marzo 2015) gli ottantamila di CL dove invitava «ad essere liberi».

Però per essere liberi bisogna sapere e a dar ascolto alle registrazioni Lupi Maurizio pare non avesse idea di dove stesse lavorando, si fa per dire, e cosa stesse facendo: non distinguere una strada da una ferrovia vien difficile anche alla signora Maria. Per non dire della sua più completa ignoranza sui costi che invece la signora Maria di solito ha sulla punta delle dita.

Ha finito il suo discorso l’ex ministro Lupi Maurizio dicendo che la politica si può fare anche stando dai banchi del parlamento e la cosa è suonata vagamente minacciosa poi ha aggiunto che andandosene rafforza il governo. E magari qualche perfido avrà pensato che se lo imitassero anche Madia, Boschi, Alfano e Orlando, tanto per i dire i primi quattro che vengono in mente questo sarebbe un governo fortissimo. Vuoi mai mettere che qualcuno non ci pensi.

In ogni caso Lupi Maurizio se ne va, sì, ma solo un poco più in là. Pare sia già pronto per lui il posto di capo dei deputati di Ncd spostando Nunzia De Girolamo a chissà che. In fondo per fare il capogruppo la competenza necessaria è minima. Prudenza però vorrebbe di attendere lo sviluppo e magari anche la fine dell’evento. Se qualche filo del sistema Incalza verrà a scucirsi, che ci si spera proprio, si avrà ad un bel rimescolamento di carte e quando questo dovesse accadere verrà poi difficile chiamarsi fuori.  Che dimettersi due volte di fila sarebbe sì originale ma anche bruciante.

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