Ciò che possiamo licenziare

sabato 30 agosto 2014

Una bimba, due mamme (lesbo) e un tribunale: la forma e la sostanza.

Un conto è la sostanza, la vita di tutti i giorni e altro la forma che passa attraverso le leggi e conseguenti disposizioni. La solita italica muina. Parafrasando Franco Antonicelli:« Le leggi le mette in movimento solo l’esercizio che ne fa il popolo.»

Questa volta trattandosi del tema dell’adozione da parte di coppie omosessuali non si prenderanno in considerazione né le opinioni di Maurizio Sacconi e tanto meno quelle di Carlo Giovanardi.  E neppure le si ridicolizzeranno. Sparare, metaforicamente parlando, sulla Croce Rossa oltre che non essere bello alla lunga non è neanche tanto divertente, quindi i fatti. 

Raccontano le cronache, assolutamente private e malgrado loro diventate pubbliche,  di due donne, di una sentenza emessa dal tribunale di Roma e soprattutto di una bambina. Le due donne sono lesbiche (sono fatti loro) e dopo quattro anni di convivenza sei anni fa decidono di sposarsi, per questo vanno in Spagna, e come accade a molte coppie desiderano anche di avere un figlio. Già che ci sono lo fanno in Spagna. Con fecondazione eterologa. Invece di un figlio è arrivata una figlia. Per le due donne non è stato un problema, forse entrambe speravano che fosse femmina. Così adesso in famiglia sono tre.

Ora una delle due donne, quella che è la madre biologica sul versante burocratico,con la figlia non ha problemi: può andare a prenderla all’asilo, parlare con le insegnanti eventualmente, ma si spera di no, farle visita in ospedale. E via dicendo. Per l’altra invece nulla di tutto questo. Anzi, legalmente parlando lei è un’estranea: non può iscrivere la piccola nella sua mutua professionale, per dirne una e, per dirne un’altra, mai le maestre dell’asilo le affiderebbero la bimba per riportarla a casa. Per ovviare a questa e ad altri magari più importanti impedimenti la seconda donna chiede di poter adottare la bimba. E quindi, come prassi, si rivolge al tribunale. Questo fa tutte le sue verifiche e scopre che la bimba è normalmente equilibrata e perfettamente a suo agio con quelle due mamme. Quindi nel supremo interesse della minore l’adozione viene concessa.

A questo punto si scatena la bagarre e oltre ai due campioni di buon senso di cui prima ne  intervengono anche altri: da Giorgia Meloni a Francesco D’Agostino ad alcuni di secondo piano che sperano con una qualche sparata di ricavarne un po’ di visibilità. Calderoli docet.  L’argomentazione è sempre la stessa: manca la figura paterna e la famiglia deve essere eterosessuale. Amen. Magari papa Francesco direbbe:«Chi sono io per giudicare.»

Ma rimanendo sul punto vien da dire che la figura maschile manca anche a chi è orfana/o di padre o figlia/o di ragazza madre. Però in questi casi nessuno trova alcunché da eccepire. Dissonanza cognitiva. Evidente.
Tornando al fatto: nessuno ma proprio nessuno tra gli oppositori ha pensato che la bimba vive senza padre e con due mamme da quando è nata e cioè da cinque anni e quindi nella sostanza, che è quella che conta, la cosa non la disturba affatto. Anzi, la sua vita (emotiva ed affettiva oltre che materiale) è felice e si trova in una posizione invidiabile rispetto a quella di figli che hanno padri (ma anche madri) bene assenti e lontani. E per questo nonostante le loro famiglie siano “normali” tanto equilibrati e felici non sono. In fondo se non ci fosse stata la volontà della “seconda madre” di maggiormente tutelarla nessuno si sarebbe mai occupato di questa bimba e della sua famiglia e tutte e tre avrebbero continuato a vivere la quotidiana tranquilla normalità.

Allora: un conto è la sostanza, la vita di tutti i giorni e altro la forma che passa attraverso le leggi e conseguenti disposizioni. Ancora una volta si assistere alla solita italica muina: tanto rumore per nulla. Parafrasando una frase sulla democrazia di Franco Antonicelli si può dire che «Le leggi non calano dall’alto. Non le fanno i politici e non bastano a crearle neppure savi legislatori. Le leggi possono rimanere inerti le mette in movimento solo l’esercizio che ne fa il popolo.»


Sulla questione interviene anche Ivan Scalfarotto che dice:«La magistratura ha aperto la strada, ora bisogna che a questi casi pensi la legge.» Dimostrando così d’aver capito poco, praticamente quasi nulla, e soprattutto di arrivare buon ultimo. È stato veloce solo nel sistemare la posizione sanitaria del suo compagno. Poi ha promesso di lavorare affinché quel tipo di trattamento non fosse solo appannaggio di deputati e giornalisti ma diritto di tutti sia homo che etero, ma non è successo nulla. Come non si ha notizia di sue iniziative concrete per il mondo lgbt. Se ne sta comodo nel suo cantuccio da sottosegretario alle riforme. C.v.d.

2 commenti:

  1. Enzo Baccioli (Adozioni gay), di Davide Giacalone31 agosto 2014 alle ore 20:36

    Enzo Baccioli (Adozioni gay), di Davide Giacalone -----> La legge italiana non prevede la possibilità che una coppia omosessuale adotti un bambino. Si può essere concordi e discordi, ma è un fatto. Il tribunale dei minori di Roma ha applicato la legge e consentito l’adozione a una coppia gay. Almeno così molti daranno e leggeranno questa notizia. Non è proprio esatto, la contraddizione è indotta dal caso specifico. Quel che ne risulta è quel che la legge non prevede. Ci arriviamo subito, intanto la prima patologia che salta agli occhi è proprio questa: l’essersi abituati a considerare normale che le novità legislative vengano dalle sentenze, laddove dovrebbero essere le sentenze a seguire la legislazione, dandole esecuzione.

    Si è potuto conciliare il rispetto della legge con il suo superamento, proprio a causa della particolarità di questo caso. Una coppia di donne omosessuali. Una di loro ha avviato e condotto a termine una gravidanza, grazie alla fecondazione eterologa. Il tribunale, quindi, si è trovato difronte: a. una madre senza che nessun padre rivendichi d’essere l’altro genitore; b. non una bambina da dare in adozione (cosa che escluderebbe la coppia omosessuale), ma una bambina che vive con la madre e che una seconda persona, convivente con la madre, chiede di adottare, naturalmente assieme alla madre biologica; c. cosa che il tribunale ha ritenuto possibile (applicando l’articolo 44 della legge 184, del 1983) proprio per il criterio di salvaguardia del minore e della continuità dei suoi legami affettivi e della sua stabilità familiare. Più continuità di così: la bambina già viveva, dalla nascita, con le due donne. Nel caso specifico, quindi, la decisione ha senso e può vantare coerenza con il dettato legislativo. Solo che, pur in questa condizione, finisce con il consentire quel che non è consentito. Quando capitano cose di questo tipo è segno che il buco sta nelle leggi.

    Applicando in quel modo la legge, quindi, al contrario di quel che molti vanno dicendo e altrettanti capendo, il medesimo tribunale non avrebbe concesso l’adozione a una coppia omosessuale, non avrebbe consentito il nascere di una situazione prima inesistente. Ma qui ha dovuto prendere atto di quel che già c’era. E, formalmente, non ha neanche concesso l’adozione da parte di una coppia gay, ma da parte di una singola persona, che si aggiunge alla madre e che già faceva parte della famiglia di fatto. Solo che i due soggetti sono dello stesso sesso.

    Eppure il fraintendimento pubblico (non del tribunale) è a sua volta la dimostrazione che in un sistema di diritto non consuetudinario, ma basato sull’applicazione delle leggi scritte, nel quale il giudice dovrebbe essere bocca della legge, può capitare che o la legge sia confusa, o il legislatore sia in netto ritardo rispetto alla realtà, in ogni caso possa il giudice essere bocca e, al tempo stesso, voce cantante. E non solo capita, ma capita talmente spesso che si finisce con il supporre che sia normale. Mentre non lo è affatto. Capita anche che ci sia una politica, del tutto ignara di quale dovrebbe essere la propria funzione, che una volta letta (male) la sentenza afferma che è giunta l’ora di adeguare la legge a quella. Mi riferisco a Ivan Scalfarotto, presidente del Partito democratico, che è così riuscito a inanellare un’invidiabile serie di errori concettuali. Se sono le leggi a doversi adeguare alle sentenze, allora si può ben andare oltre la cancellazione dei senatori (senza cancellare il Senato), potendosi chiudere il Parlamento.

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  2. Enzo Baccioli (Adozioni gay), di Davide Giacalone31 agosto 2014 alle ore 20:38

    La sentenza romana, comunque, rafforza una tesi che qui abbiamo già sostenuto: la Corte costituzionale ha preso una gran cantonata, nel sostenere che la fecondazione eterologa si può praticarla da subito, non esistendo alcun vuoto normativo. Eccone un esempio. E il sottolinearlo non significa sostenere che il tribunale abbia sbagliato (dacché mi sembra il contrario), ma che si è trovato ad agire su una questione semplicemente inesistente nel 1983. Questi vuoti, direi queste voragini, saranno comunque colmate nella vita reale. Solo che le possibilità sono due: o le colma il Parlamento, legiferando e affrontanto questioni delicate e scomode, che inevitabilmente dividono l’opinione pubblica; oppure le colmano le sentenze, visto che rivolgendosi a un giudice, per una questione come questa, non ci si espone ad alcun rischio: nel peggiore dei casi resti come sei, nel migliore ti danno ragione e vinci.

    Il bello di un tema come l’eterologa (di cui la sentenza d’adozione è solo una conseguenza) è che impone di pensare. Ci sono quelli che se la sbrigano perché fa tanto “libertà & progresso” e quelli che se ne spicciano perché fa tanto “incubo & peccato”. Sono i gemelli del non pensiero. Tutti gli altri si trovano a fare i conti con pro e contro. A me, da laico, pare che i contro siano insuperabili. Ma, appunto, questo è il bello del dibattito. Se lo si facesse con una politica pensante. Latitando la quale si procede per sentenze. Magari prese e glorificate senza neanche avere avuto cura di leggerle. -----> http://www.davidegiacalone.it/giustizia/adozioni-gay/

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