Ciò che possiamo licenziare

sabato 16 agosto 2014

Monsignor Galantino: basta lobby. Da che pulpito.

Passano le interviste ma il Galantino-pensiero non si sposta di una virgola. In sintesi lo si può tradurre nell'antica massima ecclesiale cara a molti parroci: fate quel che dico e non guardate quel che faccio. Niente di nuovo nella Cei. Se questa è la nuova Chiesa tanto valeva tenersi la vecchia.

Nell'intervista rilasciata al Corsera (15 agosto) monsignor Galantino cardinaleggia (che talvolta è sinonimo di giogioneggia) sui temi politici del giorno con frasi fatte e, come ovvio, evita accuratamente di toccare i punti di chiara pertinenza della Chiesa. Forse perché non ha da mettere sul tavolo esempi di buon agire, cioè fatti concreti, che abbiano fatto seguito ai roboanti proclami d'occasione. Che quelli son capaci tutti di farli: magari anche Gasparri e pure Razzi e pure D'Alema. Come dire: massima omertà (nel senso letterale del termine: conservare il silenzio su un fatto per interesse) sulle cose sue e ditino puntato su quelle degli altri. Questa volta nel mirino del segretario della Cei (Conferenza episcopale italiana) sono finite nell'ordine: i casi medio orientali, la politica estera italiana, le riforme (sempre italiane) e poi l'ecomomia e le lobby, con una spolveratina su mafia e n'drangheta. Naturalmente non manca il passaggio d'obbligo sulla famiglia e per finire una fumosa frasetta sul ruolo della Chiesa. D'altra parte come potrebbe essere diversamente?

Sulle questioni di politica estera se la cava con il più classico dei “... ma anche” mentre sulle cose di casa Italia, d'altra parte anche la Cei è italiana, ha idee più precise. Per quanto possano essere precise le idee di un cardinale. Per lui, due sono i fatti paradigmatici: «lo scandalo dei mancati pagamenti dei debiti della Pubblica amministrazione» e «che troppe riforme si bloccano per l'ostilità di singole lobby.» Roba forte che se non l'avesse raccontata chiara-chiara il segretario della Cei difficilmente ci si sarebbe arrivarti.

Dal neo segretario sui due temi oltre all'enunciazione del problema ci si sarebbe aspettati un qualche suggerimento di soluzione. Invece niente. E dire che da quelle vaticane parti una qualche esperienziaccia in merito ce l'hanno non foss'altro per l'abilità con cui riescono a non pagare le tasse sugli esercizi commerciali, che sono tanti e di norma ben remunerativi e su come siano riusciti a farsi costruire un brillante marchingegno sulla ripartizione del 8 per mille che li vede risucchiare come un'idrovora la stragrande maggioranza del denaro disponibile ivi incluso quello di chi decide di non stabilire a chi dare il proprio obolo. E anche sulle lobby una qualche idea di come debellarle dovrebbero avercela dato che sanno tenerne in piedi di vigorose. Una per tutte quella che difende le scuole parificate, che dire private pare sia poco fine. Sono quelle belle scuoline dove si paga per entrarci e frequentarle. Il caso recente di Bologna è stato emblematico: si organizza un referendum cittadino per stabilire se il Comune debba sovvenzionare le scuole private e poi se ne ignora il risultato. Aveva vinto la mozione contro l'esborso pubblico. Guarda il caso. E sempre, il caso ha voluto che l'elargizione (non era un debito) della Pubblica amministrazione avvenisse pronta cassa grazie all'intervento delle lobby. Che poi è come vedere la pagliuzza nell'occhio del vicino e non la trave nel proprio. Ma tutto questo monsignor Galantino non lo sa e magari un ripasso non gli farebbe male. Lui e con lui la Chiesa tutta, è interessato a «chiedere responsabilità, trasparenza, onestà» e aggiunge «bisogna riformare anche la burocrazia della mente e del cuore.» Ma come parla bene monsignor Galantino. E i fatti?
Forse al prelato sfugge che responsabilità, trasparenza ed onestà è quella che praticano la gran parte dei contribuenti italici, come ad esempio tutti i dipendenti sia privati sia pubblici. La Chiesa, Ior a parte che lì sarebbe come sparare sulla Croce Rossa, può dire altrettanto?
L'intervista finisce, come d'altra parte tutto il suo sviluppo, con la più classica delle fumosità. Alla domanda sull'attuale poco interventismo della Chiesa sulle italiche cose (si fa per dire) la risposta suona così: «Semplicemente cambiano le condizioni sociali e politiche, nella Chiesa stessa cresce una consapevolezza nuova della sua missione: il bello della Chiesa è che non va avanti per schemi ma, appunto, per crescita.» Bello. Ma che vor dì? Nulla di trascendentale. Semplicemente che la Chiesa è sempre la Chiesa: pragmatica sui fatti terreni, di cui per statuto dovrebbe poco occuparsi e dogmatica su quelli spirituali, dato che hanno poco tempo da dedicarci.
Da non dimenticare: monsignor Galantino è lo stesso Galantino che sostenne: «non tocca al vescovo denunciare il prete pedofilo perché il vescovo non è né un pubblico ufficiale né un pubblico ministero» e a lui, il vescovo, spetta «far emergere la verità in campo ecclesiale». Come frase quest'ultima, al solito, suona bene, ma non significa granché. Se questa è la nuova Chiesa tanto valeva tenersi la vecchia. Per una questione di economia.


2 commenti:

  1. le cose stanno andando bene per loro; perchè star ad impegnarsi in discorsi di un qualche significato preciso?

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  2. ha anche espresso molto chiaramente la sua nostalgia per la DC: quelli che son venuti dopo da una parte e dall'altra han cercato più o meno bene di accontentarci su punti singoli, ma la loro visione è molto diversa dalla nostra. Un democristiano - cioè non più un ruiniano bertoniano eccetera, con la strategia dei due o tre valori irrinunciabili che sono i soli che coincidano con le idee di (una parte della) destra. magari gli andrebbe bene un premier scout

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