Ciò che possiamo licenziare

domenica 10 agosto 2014

La Cadillac Eldorado color verde acqua - 2#puntata

Fermai la mia Duetto un paio di metri oltre la Cadillac, dallo specchietto retrovisore vidi che il mio
arrivo le era rimasto del tutto indifferente: non aveva neppure girato la testa per vedere se mi fossi fermato per lei.
Era nella stessa posizione nella quale l'avevo vista pochi istanti prima. Sembrava indifferente al mondo. “Bella ed impenetrabile” fu il mio primo pensiero. Spensi il motore, aprii la portiera e scesi. Con studiata lentezza percorsi i pochi passi che ci separavano. Per lei proprio non esistevo. Quando le fui vicino le chiesi se potevo esserle di qualche aiuto. A quel punto girò il viso verso di me, mi osservò per qualche secondo, neanche avesse avuto l'intenzione di comprarmi e sebbene non potessi vedere i suoi occhi immaginai che il suo sguardo fosse di fuoco.
Quando finalmente parlò disse: “Crede di riuscire a farla ripartire?”
Non fece neppure il gesto di indicare l'auto, era scontato. Alla definizione di bella ed impenetrabile aggiunsi di poche parole e pragmatica e abituata al comando.
La guardai, cercando invano di infrangere la barriera di quegli occhiali e mi dissi che aveva proprio un bell'ovale, poi fissai l'auto e quindi ritornai su di lei. Lei rimase impassibile. Attendeva una risposta. Allora mossi leggermente il capo per farle intendere che avevo capito a cosa si riferisse e con il sorriso più disarmante del mio repertorio risposi: “Assolutamente no.”
La sua testa ritornò nella posizione iniziale e si mise a guardare qualcosa nell'altra parte della strada. E con questo, probabilmente, intendeva comunicarmi che la nostra conversazione era finita.
“Però posso provarci – aggiunsi - al massimo non partirà.”
Lei mi riguardò e questa volta abbozzò un sorriso. Aveva bei denti, regolari e bianchi e le sue labbra erano carnose. Aggiunsi alla lista delle caratteristiche, piazzandola tra i primi posti anche sense of humor.
Le chiesi di salire in auto, e di aprire il cofano motore, toccai qua e là a casaccio: prima le candele, poi quello che immaginavo fosse lo spinterogeno, aprii e richiusi i tappi dei serbatoi dell'acqua e dell'olio. Dopo ogni tentativo le chiedevo di mettere in moto, giusto per vedere l'effetto delle mie manovre. La risposta era sempre la stessa: l'avviamento girava a vuoto un paio di volte e poi lei toglieva il contatto.
Feci uscire la testa da dietro il cofano motore e dissi: “Ci vorrebbe un meccanico.”
Lei non rispose, scese dall'auto e quando mi fu accanto disse: “Pensiero originale. Altre idee simili?”
Avere una così in ufficio ti uccide, pensai mentre abbassavo il cofano. In un lampo ricordai che nella serata dell'indomani sarei tornato a Milano. Lunedì mi aspettava una giornataccia : il mercato era in crisi e la nostra società pure. I danesi cui apparteneva l'azienda di cui ero amministratore delegato mi stavano mandando un loro esperto per discutere la situazione. Fu un attimo. Scacciai subito il pensiero. Brutto.
“Se dico che la accompagno a destinazione supero l'esame di originalità?” chiesi
“Fino a Cagliari?” domandò lei.
“Anche oltre se necessario – risposi e poi aggiunsi - Non ci crederà ma è proprio lì che sto andando”
“Okey – disse e solo in quel momento capii che era americana – la mia borsa è sul sedile posteriore” e si avviò verso la Duetto. Mentre circunavigavo la Cadillac per raggiungere il sedile posteriore ed afferrare il suo pesante borsone di pelle marocchina lei aveva già raggiunto la mia auto, ci si era calata dentro e si stava acconciando in testa un foulard giallo tratto da una borsa a secchiello che non avevo
notato. Era bellissima. So d'averlo già detto ma la sua bellezza merita la ripetizione. (continua 11 agosto - http://ilvicarioimperiale.blogspot.it/2014/08/con-quel-foulard-e-quegli-occhiali.html)

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