Ciò che possiamo licenziare

venerdì 30 maggio 2014

Tutti per Renzi. Renzi per tutti.

Da Fassino a Chiamparino passando per La Torre. E poi Moretti, Speranza e financo Stumpo, Zoggia e D’Attorre. Tutti renziani. Poi a rivendicare paternità ci si mettono anche Letta Enrico e Monti Mario. Ultimo arriva anche Fassina Stefano. Renzi si può guardare dai nemici ma dagli amici chi lo guarda?

Zoggia e D'Attorre: due new entry tra i renziani
Non c’è come vincere per scoprire di essere molto popolari e soprattutto di avere degli insospettati estimatori. E di averne anche in quantità industriale. Amici, poi? Come se piovesse. Anzi quelli che fino a ieri erano più nemici che non si può si stanno scoprendo oggi, a vittoria raggiunta, tra i più amici.  Che poi amici è parola riduttiva sono amicissimi. E da quando? Praticamente da sempre. Anzi a ben pensarci addirittura da prima che il bravissimo Matteo partecipasse alla Ruota della Fortuna. Eh sì, perché gli amici veri quelli dei quali ti puoi fidare ad occhi chiusi, come disse Cleopatra accarezzando l’aspide, sono lungimiranti e possono dimostrare con chiarissima evidenza di quanto vedessero lontano. Sensazione irripetibile per i più, ma non per Renzi. 

Già dopo il trionfetto delle primarie, Matteo aveva scoperto che vecchi elefanti del Pd gli si erano accodati. Roba da non credersi. Prima l’avevano tacciato di tutto e adesso lì a scodinzolare. Prendi uno come Fassino e capisci come gira il mondo. Uomo dall’occhio lungo il longilineo Piero che in tempi per nulla sospetti aveva detto: «la politica del tutti a casa non serve, è un atteggiamento populista e una manifestazione di rabbia.» E si stava riferendo non al canuto Grillo Beppe ma al giovane rampante Renzi Matteo. E da abile stratega qual è lo faceva solo per nascondere le sue vere intenzioni. E con lui anche Latorre, ex fedelissimo dalemiano doc, Chiamparino e poi Veltroni e compagnia cantante e suonante. Alcuni dell’ormai sparuto gruppo di minoranza, all’interno del Pd speravano in un tonfetto (piccolo tonfo) alle europee ma ahiloro non c’è stato. Così dopo l’eclatante vittoria anche D’Attorre e Zoggia sono diventati neorenziani che a dire della Moretti (ex portavoce di Bersani) e di Speranza (ex bersaniano ma tuttora capogruppo alla Camera) si cade nel banale. Loro avevano già annusato l’aria. 

La sera dei risultati elettorali si è visto in bilico anche il prode Stumpo (che più bersaniano non si poteva). D’Alema, che è sempre stato per la doppia linea, se ne sta schiscio (espressione dialettale per dire tranquillo ma rende più efficacemente il concetto) perché spera in una nomina alla Commissione Europea. Posto peraltro ambito anche da Letta Enrico che qualche settimana addietro ha timidamente rivendicato che alcune impostazioni dell’attuale governo altro non sono che il proseguimento del suo lavoro. Più sfacciato il loden che cammina in arte Monti Mario, anche perché garantito da un posto da senatore a vita.  Il Monti, che non dichiarava da lunga pezza, né d’altra parte se ne è sentita la mancanza,  finalmente ha fatto conoscere il suo pensiero, debole, e senza arrossire ha dichiarato:«Matteo Renzi sta riaffermando la linea politica del mio governo.»  e poiché le bischerate sono come le ciliege e viaggiano in coppia ha aggiunto: «Non è di sinistra né di destra.» Perché se è vero che un tombino è un tombino il dove lo si mette e a vantaggio di chi fa la differenza e questa si chiama politica. Che è fatta da una destra e da una sinistra. Ma spiegarlo a lui è tempo sprecato.

Le sorprese migliori sono quelle (teoricamente) inaspettate è a questo ha posto rimedio Fassina Sterfano dichiarando:«Su Matteo ho sbagliato è l’uomo giusto al posto giusto.» e poi ha aggiunto: «Non salgo sul carro del vincitore e non voglio poltrone.» Excusation non petita accusatio manifesta, i romani in materia la sapevano lunga.

Unico a difendere la posizione di un tempo è rimasto Bersani Pierluigi che durante una di quelle pippose trasmissioni del mattino s’è posto retoricamente l’amletica domanda: «Cosa sarebbe Renzi senza il Pd?» Dimostrando una volta di non aver capito una cippa. Espressione dialettale (questa è la seconda nel pezzo) che tradotta in inglese suona: «you can’t teach an old dog new tricks». Così la capisce anche Severgnini. Perché la domanda vera è: cosa sarebbe oggi il Pd senza Renzi?
A Renzi un solo suggerimento, ripassi il vecchio adagio: dagli amici (soprattutto quelli nuovi) mi guardi iddio che dai nemici mi guardo io. A capirlo, aiuta.


  

3 commenti:

  1. Caro Vicario, mi hai fatto proprio ridere! Non c'e' altro modo per reggere all'entusiasmo del popolo italiano nei confronti del giovanotto. Del resto ne abbiamo viste tante di brutte che la voglia di essere positivi e' quasi comprensibile se non fosse che fai baluginare un sospettino circa le intenzioni e la sincerita' di coloro che da un secolo o quasi sanno contorcersi alla musica dell'ultima banda. Ahime', le risate che mi hai suscitato si stanno trasformando in lacrime, amarissime.

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  2. i valori uniscono veramente, come il fondo del mare, se basta un po di vento per unire invece bastera un po di vento per separare ....

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