Ciò che possiamo licenziare

mercoledì 15 maggio 2013

Renato Brunetta (come Putiferio) va alla guerra.

Nel suo intervento alla Camera il capogruppo del Pdl ricorda la formichina Putiferio che combatte le cattive formiche rosse. Nella storia di Putiferio si possono ritrovare elementi dell'attualità politica. Nel film la fregatura finale non è compresa. Nella vita reale invece capita spesso.

La grinta di Brunetta
Accidenti che grinta, Brunetta. Renato Brunetta. Per intendersi, il presidente del gruppo Pdl alla Camera dei Deputati. Certo, già si sapeva di quanto, Brunetta Renato, potesse essere vivace ed esuberante e squillante ed acceso. E altro ancora. Talvolta mancano gli aggettivi appropriati per definirne gli atteggiamenti e i comportamenti quindi ognuno può fare riferimento ai propri paradigmi. Non poche volte in passato Brunetta ha dato prova di sé nelle vesti di falco. In questa occasione però, nello sferrare un formidabile e, ovviamente, vibrante attacco alla Presidente della Camera, è andato al di là di ogni più rosea previsione. Nessun guerrafondaio planetario o attaccabrighe da bar sarà andato deluso dalla visione del suo intervento in Parlamento (martedì 14 maggio 2013). Ricordava in qualche misura e detto senza alcuna malizia, anzi con una certa tenerezza, un caro vecchio film d'animazione per i più piccini: Putiferio va alla guerra (1968).

Brunetta con ancora più grinta. Altro che John Wayne
Tutta l'attuale situazione politica ricorda la trama di quell'antica pellicola. Putiferio è una formichina, gialla, che combatte con passione e ardore contro le formiche rosse. Cattive e aggressive. Guarda il caso. Anche se Brunetta un po' rosso, poco, lo è stato quando militava nel Psi anche se erano i momenti in cui cominciava a sbiadire. D'altra parte i tempi passano e gli uomini cambiano. E martedì la passione e l'ardore, con tutta evidenza, agitavano, nel dire e nel fare il Brunetta, un tantino sovrappeso a dire dalle immagini trasmesse, ma non per questo meno bellicoso. Voce stentorea come lui può avere, retorica un po' retrò, vago riferimento a Shakespeare con quel ripetere «io a Brescia c'ero … io a Brescia c'ero … io a Brescia c'ero» neanche fosse Bruto a esaltare Cesare. E in più, mano battente sul banco (16 colpi in tre minuti e due secondi, in media quasi un colpo ogni dieci secondi) a sottolineare le parole ed i concetti per lui topici. Era un piacere vederlo, così impettito, proteso verso il nemico e col petto gonfio . Pronto a ricevere il fuoco (metaforico s'intende) del nemico. 
Immagine epica. Attacca il discorso rivolgendosi alla Presidente della Camera con un «deputato Boldrini», a ritorsione per essere stato a sua volta chiamato deputato e non presidente del gruppo parlamentare. 
Eroico atto trasgressivo il cui pathos è stato parzialmente rovinato dalla voce fuori campo di uno dei suoi che lo incitava con un «sei un grande Renato». Ma la flemma e l'accento suonavano come romaneschi che di eroico hanno ben poco, rotti come sono i romani all'ironico cinismo dopo duemila anni di avventure e di invasioni. Anche se altre, forse, erano le intenzioni. Di cui notoriamente sono lastricate le strade per l'inferno. Evidentemente il presidente Brunetta (si sottolinea presidente poiché giammai si vorrebbe attizzare altra tremenda requisitoria) sa qual è la differenza tra un deputato semplice e un presidente di gruppo e ci tiene a farla rimarcare. Che sia un rigurgito della lotta di classe che torna a far capolino tra le stanze del potere? 
Sarebbe sconvolgente che ciò accadesse nel partito dell'amore, taluno ricorderà questa mielosa
La PresidenteLaura  Boldrini risponde, pacata.
autodefinizione del Pdl, mentre si è agli inizi del kolossal: il governo dell'amore. Anche se,
strictu sensu, si tratta di un partuze dato che è una storia a tre. Ma d'altra parte i trascorsi di uno degli sceneggiatori non potevano non lasciare traccia su trama e personaggi. Un atto mancato direbbe uno dei bisnipoti di Sigmund Freud. Anche nella storia di Putiferio dopo la guerra e la guerriglia sboccia l'amore. È quando la piccola formichina gialla incontra il bel comandante di quelle rosse. Se i capi si innamorano ai popoli tocca far la pace e magari pure unirsi e coalizzarsi contro il nemico comune: il formichiere. Che potrebbe distruggere entrambe le formazioni. Curioso parallelo con l'attualità. Così va la vita dei corsi e dei ricorsi.

La morale del film è eticamente ineccepibile: pacifismo come substrato e condanna delle guerre. Che volere di meglio. Una sorta di pacificazione nazionale. Piccolo dettaglio: nel film manca il personaggio che è tradizionalmente vocato alla fregatura. Quello che alternativamente viene definito come l'imbroglione, il pataccaro o anche il piazzista. Nella vita reale questo c'è. Anche se nascosto, neppure poi tanto, dietro le quinte di questo governo. Il più è renderlo innocuo. 
Se gli spettatori (elettori) vorranno. Ci si augura. 

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