Ciò che possiamo licenziare

sabato 19 gennaio 2013

Quote latte: questa volta la Lega non c'entra.


La magistratura indaga su un altra truffa ai danni dello stato. Si perquisisce la sede di via Bellerio, ma i giudici dicono che la Lega non è coinvolta. Sursum corda.

Roberto Maroni mentre balla con la scopa. Fino ad ora
poco usata per cambiare organigramma ed alleati.
Ancora una volta la Guardia di Finanza nel seguire le tracce di un malaffare è incappata in un partito, che già di per sé oramai non è più una notizia. All'ordine del giorno la questione delle quote latte e una truffarella da un paio di centinaia di milioni di euro. Per recuperare un po' di materiale le Fiamme Gialle hanno pensato bene di fare un giro dalle parti di via Bellerio, a Milano, nella sede della Lega Nord. Nulla di preoccupante: hanno guardato dentro qualche cassetto, hanno parlato di "persone informate sui fatti" e tranquilli se ne sono andati con diversi scatoloni di carte. Insomma la norma di questi tempi. In un primo tempo si era sparsa la voce che il quartetto Maroni-Bossi-Calderoli-Cota, riunito in conclave per discutere della Regione che non c'è, novelli Peter Pan, avesse opposto alla perquisizione l'immunità parlamentare ma poi la notizia è stata smentita. Finalmente un po' di rispetto per il diritto e lo Stato. Che da quelle parti parti non è certo moneta corrente.

Questa volta non è andata come nel 1996 quando gli aspiranti discendenti dei galli-celti si opposero, attivamente e ingiustificatamente, scrisse il tribunale, ad un'altra perquisizione per la questione della "Guardia nazionale Padana". Quella volta il Bobo, come viene amorevolmente chiamato il Maroni dai suoi, fece andar le mani e a dimostrazione del suo impegno, girò per qualche tempo con un collare che gli dava un'aria da tapino bagnato piuttosto che l'auspicata immagine dell'eroe ferito. Che per questa parte ci vuole il fisique du rolee qui, oggettivamente, manca la materia prima.
Ma sulla vicenda non mancò il sostegno del parlamento che con l'esperienza già maturata nella gestione del conflitto di interessi, del falso in bilancio e di altre leggi ad personam trovò il tempo di abrogare il reato di "oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale" e a ridimensionare quello di "attentato contro la Costituzione e l'integrità dello Stato e creazione di struttura paramilitare fuorilegge". Che guarda caso erano i reati che al futuro sostenitore della ramazza erano imputati. C'è chi può e chi no.

Comunque, alla fine il "nuovo" segretario Maroni, quello che voleva ramazzar via il vecchio e il poco pulito dalla Lega, ha potuto tuonare che «la Lega non c'entra nulla. Il caso è già chiuso». Gioia gaudioque, avrebbero detto i romani. Mentre probabilmente lui, il Maroni, che forse qualcosa di latino ha masticato, avrà sudato freddo. 
 E magari la mente gli sarà andata ad altre ben penosi fatti come quello della CredieuroNord. Che bello da ricordare proprio non è: un buchetto da circa quindici milioni di euro. La storia è sgradevole soprattutto perché quella volta ci andarono di mezzo oltre tremila militanti. Quelli fiduciosi nella Banca del Nord che dopo solo quattro anni fallì miseramente. In gran parte era gente di modeste condizione che, abbacinata dalla fede - non è mai salutare averne di cieca ancorché padana - vide scomparire i suoi sudati risparmi. E ancor peggio fu quando si cercò di sanare la situazione attraverso l'aiuto di Gianpiero Fiorani. E anche lui non finì bene.

Cota-Maroni-Bossi-Calderoli se questo è tutto il nuovo della
Lega Nord chissà come sarà il vecchio.
Il fatto poi che per la questione delle quote latte la magistratura abbia sentito la necessità di ascoltare Renzo Bossi, quello della paghetta da decine di migliaia di euro, al povero Maroni avrà fatto tornare alla mente recenti patimenti. Come quello del generoso Belsito che si baloccava con diamanti e investimenti in Tanziania e come soprammercato dispensava lauree e diplomi come se piovesse.

E forse si sarà pure ricordato di quella cartelletta battezzata "the family" che ha raccontato di quanto la Lega fosse riconoscente al fondatore ed alla sua famiglia. Soprattutto alla sua famiglia.
Certo è che se l'ideatore della truffa - questo almeno dice la sentenza di appello del 2011 con cui è stato condannato
 Giovanni Robusti da Piadena, ex leader del Cobas del latte - non fosse stato anche senatore per conto della Lega nella XII legislatura e poi assessore alla provincia di Mantova e nel 2008 deputato europeo, sempre per i padani, probabilmente la Guardia di Finanza pochi motivi avrebbe avuto di visitare via Bellerio. E forse il caso non è proprio chiuso come vorrebbe Bobo. La politica della Lega nella attuale legislatura sulla questione quote latte è stata un po' ambigua e, a dire degli oppositori, pare abbia introdotto provvedimenti che hanno dato una mano a chi non rispettava le multe della Ue. E questo non è bello.  E non è neanche bello il caso che si sta profilando all'orizzonte e che vede come protagonista il gruppo leghista del Senato e il suo capo Federico Bricolo. 
Comunque per questa volta tutto bene. Almeno per l'onore delle istituzioni.

Resta solo una domanda: ma Maroni Roberto, che pure in questi anni ha ricoperto la carica di ministro degli interni, e mai s'è accorto di nulla, dove viveva? 

4 commenti:

  1. dopo anni fanno indagini ormai hanno fatto sparire tutto,compresa la merda che spruzzavano ai poliziotti

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  2. Maroni è come Bruto "è uomo d'onore"! e in lega hanno per idealer la pecunia, non importa se della comunità nazionale.

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  3. dove viveva Maroni? forse era ancora convinto di essere dalle parti di Salvore dove i leghisti hanno fatto un altro bel buco, nonostante, come dicono le malelingue, avessere confuso il loro ruolo di singoli cittadini, di militanti politici e di fattispecie di uomini pubblicii facendo promesse alla Croazia in cambio di un occhio benevolo sugli affari loro da quelle parti. Da quando i celti hanno smesso le ampolle lacustri per aspersori e turiboli , sotto specie di interventi a favore di tutto ciò che è clericale , non gliene va bene una.

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  4. eh sì, hanno divinità selvatiche ma vendicative

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