Ciò che possiamo licenziare

giovedì 8 novembre 2012

La settimana che cominciò di mercoledì - 2

Seconda puntata del racconto 'La settimana che cominciò di mercoledì'
La prima puntata è stata pubblicata martedì 6 novembre 2012 

       Conosceva un bar ad un paio di isolati di distanza, avremmo potuto andarci con la sua automobile. Stipammo i sacchetti della spesa nel minuscolo bagagliaio della sua Triumph Spitfire con guida a destra e si presentò: Edward Good, gallese.
“Puoi chiamarmi Eddy - aggiunse - ma non Teddy. Non voglio. Non sono un orsacchiotto.” Ridemmo.
Eddy aveva lineamenti regolari, naso piccolo e occhi chiari, era alto circa un metro e ottanta, longilineo, aveva folti capelli castani, ondulati, di media lunghezza, con la scrinatura al centro e stranamente, la carnagione olivastra. “Un mio bisnonno sposò una spagnola” fu il suo commento quando glielo feci notare. Indossava pantaloni di cotone blu, una polo dello stesso colore e una giacca di lino ecru, calzava morbidi mocassini, senza calze. Decidemmo di parlare in inglese, più comodo per entrambi.
Il bar era carino, semivuoto, solo due coppie, jazz come musica di sottofondo. Sedemmo ad un tavolo affianco alla vetrina. Eddy ordinò un whisky con soda ed io un gin-and-tonic.
“Very british” disse Eddy commentando la mia scelta.
Ci guardammo negli occhi e ci sorridemmo in silenzio mentre il cameriere disponeva sul tavolino i bicchieri e anche un vasetto con pistacchi, patatine e salatini.
Quando il cameriere se ne andò Eddy mi chiese come preferissi il mix: carico o leggero. Risposi che mi piaceva sentire l'aroma del gin allora lui versò dalla bottiglietta solo un terzo dell'acqua tonica, diede un'energica frullata e mi porse sorridendo il bicchiere.
Brindammo al nostro casuale incontro. Se avessi avuto il frigo pieno non ci saremmo conosciuti.
Eddy mi raccontò che era in città da poco più di un anno e che la sua trasferta stava finendo. Aveva ancora una settimana, giusto il tempo di passare le consegne, prima di ritornarsene in uk.
Chiacchierammo di tutto: dalle nostre esperienze scolastiche fino agli hobbies passando attraverso i viaggi, i libri, la musica, la pittura (non conosceva la scapigliatura), i cavalli, le auto d'epoca e lo sport. Lo stupì quando dissi che preferivo il rugby al calcio e che consideravo il primo uno sport ed il secondo un gioco. Nello sport si deve essere leali, nel gioco si può barare. Mi diede un colpetto sulla spalla come segno di assenso. Anche lui amava il rugby. Decidemmo di andare insieme alla partita di domenica. Mi invitò a cena, questa volta accettai senza esitazione.
Scelse un ristorante greco. Ricordo solo che la tovaglia era a scacchi bianchi e blu e che la sua voce era calda e rilassante, parlava senza smozzicare le parole. Sentivo che mi capiva. Non è da tutti.
“Possiamo essere amici?” mi chiese all'improvviso. Mi imbarazzai, arrossii e feci cenno di si. Lui rise silenziosamente. Ebbi la sensazione che i suoi occhi brillassero di una luce intensa.
Mentre pensavo 'mi pare di conoscerlo da sempre' lui disse: “mi pare di conoscerti da sempre”
“Lo stavo pensando anch'io” risposi e ridemmo.
Mi ricordai che Charlie Watts si esibiva in un locale non molto distante, proposi a Eddy di andarci, accettò. Prenotò via sms e ci scapicollammo per arrivare in tempo. Eddy guidava veloce e con attenzione. Da vero britannico. Giungemmo proprio mentre stavano per chiudere la cassa, avevamo la conferma e ci fecero entrare. Il gruppo suonò divinamente.
Nel buio cercai la sua mano, la presi e la strinsi. Lui rispose alla mia stretta.
(continua sabato 10 novembre) 

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