Ciò che possiamo licenziare

mercoledì 17 ottobre 2012

Sallusti, questa volta lei ha proprio ragione.





Che Sallusti Alessandro, ex direttore responsabile de il Giornale, non sia simpatico a chi è ghibellino-laico-dadaista è un dato di fatto testimoniato da non pochi scritti (1).
Però quando si è un ghibellino, laico e per giunta anche dadaista si tende ad essere (o per lo meno a sperare di essere) oggettivi e a guardare le cose con un certo distaccato interesse avendo la consapevolezza che gli avversari, nonostante tutto, non hanno il monopolio delle scemenze (per non dire in modo più crudo e senz'altro più esplicativo) ma qualcuna la lasciano fare anche ai nostri amici. E i nostri amici, spesso, anziché disdegnarla  abusano di questa disgraziata opportunità.
Come si sa il direttore Sallusti è stato condannato per diffamazione a 14 mesi di carcere e avendo già usufruito dei benefici di legge che toccano ad ogni imputato deve entrare in galera. Questo vuole il codice di procedura penale
Dopo la condanna alti lai si sono alzati da tutti o quasi i suoi colleghi e questo ci sta essendo anche quella dei giornalisti una bella corporazioncina. Altrettanti lai si sono levati dagli scranni di Montecitorio e di Palazzo Madama e anche dal colle del Quirinale si dice:“Il Presidente naturalmente segue il caso e si riserva di acquisire tutti gli elementi utili di valutazione”. E questo ci sta già un po' meno. Soprattutto quel “naturalmente” (2).
La casta dei politici, tutta intera - guarda cosa ti combina il Sallusti - ha tuonato da destra a sinistra passando pure per il centro, a suo favore e contro la sentenza di Cassazione che, a dir loro, mette in pericolo la libertà di stampa. Altri direbbero che finalmente s'è messa in mora la libertà d'insultare e di offendere, ma tant'è.
Dopo di che resisi consci gli esimi parlamentari e senatori che i poveri giudici nulla hanno fatto se non applicare la legge han subito giurato, che se non era un giuramento formale ne aveva tuttavia tutte le sembianze, che in quattro-e-quattro-otto avrebbero licenziato una nuova legge per derubricare da penale a civile il reato di diffamazione a mezzo stampa e come sopramercato avrebbero studiato qualcosa d'altro ancora per impedire a Sallusti Alessandro di andare ospite a San Vittore. Luogo già abbondantemente sovraffollato. Il tutto in nome della libertà di stampa e in difesa delle opinioni. Come se l'insulto e la diffamazione fossero parenti di concetti come stampa e libertà. Comunque siamo nel bel Paese e anche questo, ahinoi, ci sta.
Però i giorni e le settimane passano e nulla accade, a parte la scoperta delle ruberie alla regione Lazio e gli arresti in regione Lombardia e la conseguente fine dell'impero del Celeste Formigoni e le dimissioni (al momeento effettive) di Veltroni e quelle auspicate di D'Alema.
Sallusti si fa un po' nervoso perché va bene essere spavaldi e dire di non temere la gattabuia, sopratutto quando questa è lontana ma all'avvicinarsi del momento di varcarne la soglia qualche patema d'animo comincia a far capolino.
Quando poi sei senatori dichiarano che la commissione giustizia del Senato non è la sede adatta per licenziare il testo del ddl, "si tratta di una materia troppo complessa - dicono - ed è bene che il testo venga esaminato anche dall'aula" che poi tradotto significa che si allungano i tempi di decisione e si accorciano quelli dell'incontro con San Vittore, Sallusti sbotta.
“ E' successo quello che immaginavo. Questi politici cialtroni sono ipocriti e codardi. Ora la Procura renda esecutiva la pena e mi venga a prendere" (3). 
A questo replica il senatore Pd Gerardo D’Ambrosio, ex magistrato:“Sallusti adesso non va in galera neanche se bussa al portone di San Vittore. Se, come lui dice, l’ordine di carcerazione non è stato ancora notificato, allora vuol dire che il termine di trenta giorni per la richiesta dell’affidamento ai servizi sociali deve ancora cominciare a decorrere, perchè parte non dalla pronuncia della Corte, ma dalla notifica. C’è quindi tutto il tempo di approvare la legge prima che lui vada in galera” (4).
La ribattuta dell'ex direttore de il Giornale nel riconfermare che non chiederà l'affidamento ai servizi sociali suona così:“Io chiedo a questo punto alla Procura di trasmettermi l'ordine di carcerazione che non ho ancora ricevuto. Vorrei capire chi si prende la responsabilità di tenere questo ordine nel cassetto. Voglio che cessi questo trattamento anormale evidentemente non mi hanno mandato l'ordine perché non hanno il coraggio di renderlo esecutivo essendosi resi conto dell'errore che hanno fatto. Si vergognano. Non ho nessuna intenzione di restare appeso a questi politici ipocriti e codardi che non sono in grado di decidere nulla”.
Già, come dar torto ad Alessandro.
La questione a questo punto ancor prima che sul merito è sul metodo. Su quel “naturalmente” della presidenza della Repubblica e su tutte le dichiarazioni che sono seguite alla sentenza della Cassazione. Magari un po' di demagogia in meno, no?
Facile aprir la bocca e dargli fiato. Un po' più complicato far seguire i fatti alle parole. E sempre ragionando del metodo, si badi bene. Che sul merito della questione molto ci sarebbe da dire e questo a quanto pare non è ancora arrivato su alcun tavolo.
Che quando ci arriverà sarà da ridere perché mettere d'accordo insulti e diffamazione con libertà e stampa bisogna essere proprio bravi. E di così bravi in giro non se ne vedono proprio.
E quindi? Un altro pateracchio. Come al solito. Finché si avrà la voglia di sopportalo.


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(1) http://ilvicarioimperiale.blogspot.it/2011/03/una-colletta-per-alessandro.html
(2) http://www.ilvicarioimperiale.blogspot.it/2012/09/sallusti-ha-paura-della-galera-ma-non.html
(3) http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2012/10/16/Sallusti-Politica-cialtrona-ora-vengano-prendermi-_7639982.html
(4) http://www.clandestinoweb.com/home-archiviazione/italia/83794-reato-di-diffamazione-slitta-lapprovazione-della-norma-salva-sallusti/

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