Ciò che possiamo licenziare

domenica 23 settembre 2012

Sallusti ha paura della galera (come tutti). Ma non ci andrà. E la libertà di stampa sarà salva.


In Italia ci sono da un bel po' di tempo, per non dire da sempre, due strane associazioni, una  definita la casta che coinvolge tutti o quasi i politici  (e di tutti gli schieramenti) e un'altra, per il momento non ha nome, che è quella dei giornalisti. La si potrebbe definire degli impunibili.  Qualche tratto in comune queste due associazioni (o si possono chiamare corporazioni?) senz'altro ce l'hanno. Entrambi i gruppi si sentono degli unti del signore e quindi possono dire e fare ciò che vogliono senza tema di punizione. E anche nella pratica mica scherzano, non foss'altro che per quanto riguarda la reversibilità della pensione ai conviventi. Ne possono usufruire i consiglieri regionali, i deputati di camera e senato e, guarda il caso, i giornalisti. Tutti gli altri italiani no. Come si sa la legge è uguale per tutti ma per qualcuno è più uguale. Evvabbè. 
Una delle caratteristiche del Bel Paese è di vivere di luoghi comuni: se le auto entrano in centro i negozi vendono di più, le tasse si evadono perché sono troppo alte (che se fossero più basse invece...), alla larga dalla politica (lo diceva anche la mamma di Mario Monti, ma lui non ha seguito il consiglio), gli statali lavorano poco, i sindacati rovinano le aziende, i giornalisti difendono la libertà di stampa. Già la libertà di stampa. E quindi c'è il caso di Alessandro Sallusti.
Alessandro Sallusti da Como, sguardo torvo, 55 anni, oggettivamente mal portati, oggi direttore de Il Giornale e ieri, direttore di Libero. I fatti di cui si parla da un paio di giorni e che riguardano in  pratica la galera e in teoria la libertà di stampa, risalgono allo ieri: a quando era direttore di Libero.
La storia è nota: una tredicenne abortisce e tale Dreyfus, nome de plum, su Libero, per l'appunto, se ne esce scrivendo: “... se ci fosse la pena di morte e se mai fosse applicabile in una circostanza, questo sarebbe il caso. Per i genitori, il ginecologo, il giudice. Questo evento è specchio dei poteri che ci dominano.” Prosa vagamente forcaiola nei contenuti e nei toni.. Quel tanto che basta per eccitare bassi istinti senza, ovviamente, tener conto del contesto. Non è carino.
I genitori della ragazzina probabilmente avevano altro a cui pensare e magari di questo giornale non conoscevano neppure l'esistenza, mentre il giudice tutelare, invece, lesse l'articolo, si irritò quel tanto che basta per arrivare ad una denuncia per diffamazione aggravata il direttore di Libero.   Alessandro Sallusti, appunto. 
In primo grado Sallusti viene condannato a una pena pecuniaria di 5.000€ e ad un risarcimento di 30.000€. Nonostante abbia vinto la causa il giudice tutelare non si ritenne soddisfatto e quindi ricorse in appello.  In secondo grado rivince e questa volta, è storia dell'oggi, la pena è assai più pesante: 14 mesi. Ma c'è un dettaglio: Sallusti Alessandro non può usufruire della condizionale, se l'è già giocata tutta in un bel po' di precedenti processi, sempre per diffamazione, dove è risultato perdente.
Pare sia un suo vizietto quello di scrivere (o pubblicare) pezzi che fanno irritare qualcuno che, alla fine, risulta avere ragione. Non è una bella cosa. Avere questo vizio. Alla fine il conto viene presentato.
Quindi il giornalista dovrebbe varcare il portone di San Vittore o di Regina Coeli. 
Ha sbagliato, che paghi. Se la cosa capitasse ad un signore normale, chessò al vicino di casa o al tabaccaio, questa sarebbe la logica conclusione. Ma, per i luoghi comuni di cui sopra non è né così semplice né così facile. 
Vittorio Feltri, per intenderci quello dalla prosa elegante, evoluta e  raffinata che elabora sofisticate analisi politiche, che più o meno sono quelle che si sentono in tram, scrive che le mani gli tremano sulla tastiera al pensiero che la polizia venga ad arrestare il direttore de Il Giornale e si appella alla libertà di stampa. Sallusti stesso in un video piagnucoloso si richiama alla libertà di stampa e invoca l'intervento, niente-popò-di-meno-che del Presidente della Repubblica per risolvere il suo caso. Caso che peraltro è passato in Cassazione organismo che non entra nel merito della questione ma ne analizza il rito. Da subito i vari conduttori di tv e radio sono già schierati a difesa del povero Sallusti e il giorno dopo  tutti gli altri, fino ad arrivare a Veltroni. Di lui si sentiva l'evanescente mancanza.
“Condanna mostruosa” tuona la Federazione nazionale della stampa.. E ci si mette anche la Presidenza della Repubblica:  “Il Presidente naturalmente segue il caso e si riserva di acquisire tutti gli elementi utili di valutazione”.  Lo scrive Pasquale Cascella, portavoce del Presidente della Repubblica, su Twitter (1). Twitter: cosa vuol dire essere al passo coi tempi. Ma la domanda è: perché il Presidente della Repubblica segue “naturalmente” il caso? E' quel “naturalmente” che stona. 
E' forse questione che Sallusti, in quanto direttore di giornale è uno di quelli per i quali la legge è “più uguale”?
Finché  questa è la legge va applicata, così com'è. Quando cambierà i magistrati ne prenderanno atto.
Ma Sallusti potrebbe effettivamente andare in galera? Noooo. 
Stiamo scherzando, quando mai?
Intanto può avvalersi della legge 211 del 22 dicembre 2011, detta sfollacarceri. Questa legge  prevede gli ultimi 18 mesi di carcere ai domiciliari se il condannato dispone di un'abitazione e Sallusti una casa ce l'ha, e forse addirittura due. Se poi il suddetto  dispone di un lavoro, e anche questo Sallusti ce l'ha,  può continuare a farlo e rientrare a casa a sera. Come se nulla fosse. 
In alternativa potrebbe chiedere l'affidamento ai servizi sociali, da Mario Tanassi (2) in avanti la sfilza dei più uguali che hanno beneficiato di questo servizio è lunghetta. E anche un po' triste.
Comunque, obtorto collo, uno più uno meno non cambierà di certo il corso della storia.
Il tutto in omaggio alla libertà di stampa. Ma quale libertà: quella di mettere alle corde il buon gusto? Quella di essere grevi? Quella di offendere? Quella di insultare? Quella di fare giornalismo cialtrone? Via un po' di decoro anche se si è giornalisti. Che sarà pure una malattia ma in fondo curabile.
Per libertà di stampa si intende semplicemente di poter esprimere opinioni politiche e condurre battaglie d'opinione e sociali senza essere censurati. Tutto qui. Magari anche con buon gusto, decoro e pure un po' di fine humor, satira e ironia, che a recitare giaculatorie d'insulti e volgarità son capaci tutti.
Che poi sotto la foglia di fico della “libertà di stampa” passa di tutto, incluso l'elargizione di 114.926.793,61€  (3) distribuiti a giornali con pochi lettori e quindi, per deduzione logica, poco interessanti. Ma con alti stipendi per direttori e magari pure redattori. Quando Andrea Costa a Cesena fondò il primo Avanti! nel 1881 non ebbe finanziamenti da parte dello Stato e neppure li ebbe L'Avanti!  a tiratura nazionale quando sotto la direzione di Leonida Bissolati iniziò le pubblicazioni nel 1896. Raccolse 3000 abbonati, pare anche quello di Benedetto Croce, e con i denari degli abbonamenti e quelli delle vendite quotidiane si mantenne. A fatica, ma si mantenne.
Se si tornasse a quel sistema troppi grassi, pasciuti e non sempre eleganti (eufemismo) direttori di giornali scoprirebbero il senso vero della parola “precario” o “disoccupato”. Che non gli farebbe male.
Si tranquillizzi Sallusti, quei tempi non torneranno. E la galera è lontana.

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(1) Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/1013io
(2) Mario Tanassi  è stato un politico italiano, aderente al psdi (partito socialdemocratico italiano), più volte Ministro della Repubblica. Nel 1979 fu condannato dalla Corte Costituzionale per corruzione.
(3) http://www.governo.it/DIE/normativa/decreto_risorse_editoria_20120716.pdf

8 commenti:

  1. Da parte di Franca Paniconi: Ma che bello l'articolo..mi ha rubato il pensiero

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  2. Da parte diMassimo Canella: Al di là di quanto pensi possa meritare il personaggio, è sempre imbarazzante quando ci sono responsabilità penali per fatti obiettivi non direttamente voluti: Sallusti è certamente responsabile di un giornalismo condotto con modalità e con obiettivi incivili, probabilmente a quell'estremo personalmente non sarebbe arrivato. Che scrivere demagogici auspici di morte rientri fra le facoltà connesse al diritto di libera stampa una volta lo si ammetteva, adesso molto meno

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  3. Da parte di Luigi Del Rosso: Speriamo.... visto l'esito... :-) Maddàiiii... ma ti pare?

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  4. da parte di Paolo Penacchio: credo che le leggi vadano giudicate anche immaginandosi cosa accadrebbe in caso di una loro assenza. E cosa accadrebbe se il direttore non fosse responsabile di quanto scritto nel giornale che dirige? Certamente dovrebbero essere i giornalisti ad accolarsi tutta la responsabilità per quanto scritto ( e lasciamo perdere le eventuali pressioni della direzione per scriver e in un senso od in un altro poichè esiste anche l'istituto delle dimissioni e chi sceglie di fare il giornalista sà che la sua libertà dipende anche dalla sua capacità di tenere la schiena diritta); ma chi deve rispondere per gli articoli non firmati o firmati con uno pseudonimo, non vi è il rischio che vi possa essere chi accetta di apparirne l'autore soltanto alla bisogna e su precise sollecitazioni? Ed anche nello specifico, se non ne risponde il direttore chi ne risponderà, magari l'ultimo arrivato in redazione? E quando vi sono richieste per danni, possiamo immaginare che possano essere i singoli giornalisti a risponderne, mentre la proprietà (talvolta l'unica ad avere quattrini per poterlo fare) ne verrebbe esentata?

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  5. Da parte di Vittorio Cimiotta: SONO CONTRARIO AD OGNI CENSURA PREVENTIVA, PERO' CHI SBAGLIA DEVE ASSUMERSI LA SUA RESPONSABILITA' E DEVE PAGARE. NON SI PUO' DIFFAMARE, DISTRUGGERE L'IMMAGINE DI UNA PERSONA IMPUNEMENTE

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  6. Da parte diPaolo Sassetti: Il problema è che Valter Veltroni ha sollecitato il Governo ad un decreto ad personam per impedire a Sallusti di finire in carcere .... se non fosse stato un noto giornalista chi si sarebbe speso per lui?

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  7. Da parte di Agostino Carlo Ratto: Anche i giornalisti devono imparare che svolgono una attività uguale alle altre e non vi sono primati professionali.

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  8. cosa possiamo fare oltre che continuare a indignarci? che il trucco sia sfinirci su tutti i fronti, così che questa società si adatti e tiri avanti come può, aspettando che arrivi a fare un po di giustizia
    "A LIVELLA"

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