Ciò che possiamo licenziare

domenica 23 ottobre 2011

Grazie, Signor Vittorio (nel senso di Feltri).

Nella puntata del 22 ottobre di “in onda” ci siamo goduti un Vittorio Feltri in grande spolvero.
Non ci ha fatto mancare nulla del suo mirabile repertorio fatto di sgradevolezze e di volgarità. Bravo.
Da un po' il Signor Vittorio mancava dalla televisione e ha pensato di recuperare il tempo perduto.
Seduto su una pacchiana poltrona in stile dall'orrida tappezzeria gialla che la dice lunga sul suo gusto e con un ascott leopardato, che neanche un'olgettina, ha dichiarato di sentirsi un intruso.
In effetti spesso, leggendo i suoi pezzi, ci siamo domandati cosa il Signor Vittorio c'entri con il giornalismo. Un intruso appunto.
Questa volta è lui che si autodenuncia perché, contrariamente a gran parte degli italiani lui non è arrabbiato anzi “ vedo le cose con un certo distacco e non capisco le motivazione della protesta” . D'altra parte uno che dichiara qualcosa come 16.000€ netti mese (e andiamo per difetto) non ha molti motivi per essere arrabbiato. Non ne ha il tempo. Un disoccupato o un precario invece sì. Sono dei perdigiorno. Dei fanigottoni, come direbbe con espressione dialettale il Sciur Berlusconi. E in più sono lagnosi..
Il signor Vittorio snocciola come una giaculatoria i dati della agostiana italica ripresa. Che bello una ripresa che avviene nel mese della vacanza. Figurarsi negli altri. E aggiunge: “sento dire in televisione che c'è gente che non arriva a fine mese, lo sento dire da tre o quattro anni ma – insiste lui – non vedo gente morire di fame e neppure - udite udite – morire di inedia.” Inedia. Parola nuova nel vocabolario del Signor Vittorio, che quindi la usa subito.
E poi ricorda i tempi della sua gioventù quando “se non avevi la raccomandazione del parroco non trovavi neanche un posto come un garzone in macelleria.” Bei tempi Signor Vittorio.
Chissà poi perché tra tanti posti di lavoro gli è venuta in mente proprio la macelleria. Affinità elettive. Evidentemente.
Quindi sentenzia che “il lavoro si trova quando se ne sa fare almeno uno.” Bel salto logico carpiato con avvitamento a destra. Se non trovi un lavoro come fai a saperne fare uno?.
Quindi come un buon nonno, “ero già vecchio nel '68”, si lancia sui giovani che “il problema dei giovani non esiste, basta lasciarli invecchiare e il problema è risolto.” Neanche fosse la scarlattina.
Poi ci dice dei suoi figli “anche loro che sono tutti sopra i quarant'anni sono stati viziati e hanno avuto una vita morbida” e dato l'argomento familiare non perde l'occasione per informarci che la sua figlia più giovane “è forse già in menopausa.” Notizia che ci rassicura. Capita anche alle Feltri. Meno male. Viva la menopausa democratica.
Grazie Signor Vittorio. Ci mancava. Ma non torni troppo spesso. Non vorremmo fare indigestione. E gli effetti della indigestione lei li conosce.

martedì 18 ottobre 2011

Tanti dicono che se ne andranno ma purtroppo restano



L’ultimo è il caso di Marco Pannella che ha detto di voler chiedere asilo politico alla Mongolia.
Anche lui dice di volersene andare come già in passato ha fatto Walter Veltroni che prometteva di andare in Africa.
Il fatto è che sono promesse da marinaio: alle parole non seguono i fatti.
Ovviamente noi siamo dispiaciuti che non si tenga fede alla parola data ma d’altra parte non è bello voler il male altrui.
L’Africa ha già un sacco di problemi perché dargliene altri. E la Mongolia è un paese tranquillo perché mandargli un guastatore in servizio permanente effettivo? Uno che protesta a prescindere e che passa da destra a sinistra e da sinistra a destra con la leggerezza di una trottola? A proposito adesso con chi sta?
Noi in fondo siamo abituati sia ai fresconi che hai tromboni. Siamo Mitridatizzati. Gli altri no. Per loro sarebbe uno shock.

Incredibile dictu: il caso di Franco Giordano

Ve lo immaginate voi un deputato, in realtà ex deputato con tre legislature alle spalle, che viaggia in seconda classe?
Anch’io ho fatto fatica a credere ai miei occhi eppure Franco Giordano, ex segretario di Rifondazione Comunista attualmente in Sinistra Ecologia e Libertà, oggi, 18 ottobre 2011 sta viaggiando in un vagone di seconda classe da Napoli a Milano.
Si dirà che sta in seconda classe non avendo più il privilegio del parlamentare, preferisco credere che lo faccia perché come gran parte dei normali abbia il senso del denaro e sappia che sprecarlo non è bello. Ve li immaginate in seconda classe personaggi come l’apostata Giuliano Ferrara o l’esperta in plastica Daniela Santanchè o il digrignante Cota?  No. Bhè neanche io.
Magari questo è un segnale, forse debole. Speriamo non sia un’illusione.

lunedì 17 ottobre 2011

Rieccolo

Puntuale come la polemica sul caro libri d’autunno, l’influenza d’inverno, il raffreddore da fieno di primavera e le zanzare d’estate ecco uscire la solita esilerante intervista al semi-conte Massimo D’Alema*.  
A fare da spalla Dario Di Vico, già apprezzato per ben altri servizi giornalistici.
Questa volta  Massimo l’intelligente – anche noi viviamo di luoghi comuni - ha deciso di fare ll’imitazione di Crozza che imita Montezemolo.(http://youtu.be/zEtf5xE3tko )
Già, oramai le batture dei comici hanno sapore di cose serie rispetto ai triti non-sense dei politici.  Neanche fossero Lewis Carroll che, potendo, senz’altro prenderebbe appunti.
L’attacco dell’intervista è degno del miglior Crozza.
L’ex barcarolo e attuale viticultore D’Alema parte con uno scattante“tocca alle opposizioni sbloccare la situazione avanzando una proposta che già dall’annuncio possa accelerare il mutamento” che poi doppia con una strambata (termine marinaro che il Massimo dovrebbe capire non foss’altro che per averlo letto nel manuale delle giovani marmotte) del tipo “occorre un consenso largo, un’alleanza tra progressiste e moderati, un progetto capace di guidare il Paese almeno per una legislatura di grandi riforme e di ricostruzione.”
Ma è bellissimo, viene voglia di gridare per poi aggiungere: che avrà voluto dire? Neanche al Cappellaio Matto sarebbe riuscito in simile ragionamento.  Per chiamarlo ragionamento.
E qui ci saremmo aspettati che l’implacabile Di Vico  incalzasse con un : “Come? Quando?”
Ma non l’ha fatto. Evidentemente è animato dall’ autentico e caritatevole spirito cristiano che impedisce di infierire sugli inermi e sui mezzi conti della Città del Vaticano.
E inoltre De Vico sa bene che D’Alema, al contrario di Montezemolo, una Emma nel motore non ce l’ha proprio. Si adatta a far da solo. E si vede.
Scatenato nel suo eloquio il Massimo – ben disegnato da Mastroianni che ce lo presenta con sguardo arcigno, bocca piegata al basso e un inutile (come lui del resto) fogliettino tra le mani – prosegue e dice: “non sono contrario, come è noto, (chissà a chi dovrebbe essere noto)  ad accelerare la riforma previdenziale del sistema contributivo.”
Infatti nessuno con una pensione da nababbo,ops, si voleva dire da parlamentare, che per anni ha fatto pranzo e cena con una manciata di euro sarebbe contrario al taglio delle pensioni degli altri.
Poi il mezzo conte D’Alema, già inebriato dal suo futuro e non ancora bevuto vino, vagheggia di raggiungere un tondo 60% di consensi. Finalmente De Vico si fa provocante e chiede  “ Per arrivare al suo 60% occorre portare all’alleanza con la sinistra il Nord (dove campeggia la Lega), la Confindustria (dove abita l’agognata Emma), la piccola impresa, le professioni (gente che non si vuol fare mettere le mani in tasca, per intenderci gli evasori fiscali) mondi che finora sono stati generosi di consensi verso Berlusconi.”
La risposta esce dai fumi del vino con precisione fulminante: “dobbiamo sottoporre loro un’offerta politica convincente per ridare slancio al Paese e mettere mano ai meccanismi corporativi che lo bloccano”
Per sapere quando e come pescare la carta degli imprevisti e ripassare dal via. Come a monopoli.  
E poi perché quelli dei meccanismi corporativi dovrebbero votare a sinistra? Già perché uno di centrodestra dovrebbe votare a sinistra?
“Perché uno ce prova” sarebbe la risposta spontanea, detta di cuore.
E lui, il mai laureato in filosofia,  ce stà a provà come aveva già intuito nel 1997 (dabaden badaben 1997) Sabina Guzzanti . http://youtu.be/FCnhobIAJO4 **
Poi, dopo mill’altre facezie, per finire in gloria gli vien chiesto di Prodi e qui siamo all’apoteosi: “Prodi è una grande personalità, tra l’altro molto apprezzata anche al di fuori del nostro Paese. Quindi una risorsa importante.”
E probabilmente per questo nel 1998, quando s’è fatto prendere dalle fregole e dai rodimenti, ha fatto di tutto per farlo cadere. E c’è pure riuscito questo campione in fallimenti.
Ma non tutto è perso. Una cosa c’è di veramente intrigante in tutta questa intervista: l’auspicio per una nuova stagione politica. Magari senza di lui.
Alleluia.

lunedì 3 ottobre 2011

Lorella Zanardo e Terry De Nicolò: verità titubanti o castronerie decise?

 Trust di cervelli nella puntata del 25 settembre di In Onda.
C’era Nicola Porro, per intenderci quello che aveva scambiato Emma Marcegaglia per un’allodola e voleva lanciargli contro i suoi segugi.
C’era Luca Telese, per intenderci quello che non vede l’ora che la puntata finisca per poter piroettare sulla sedia girevole.
C’era Daniela Santanchè, per intenderci quella che non è né leonessa né tigre ma che , badaben-badaben, si autodefinisce “passionaria”. Probabilmente non sa che questa definizione (che viene data e non ci si auto-da) fu coniata per Dolores Ibarruri, comunista basca, durante la guerra di Spagna (1936-1939). E che poi, in un momento di sincerità sfrenata, si è detta* anche esperta di plastica. Nel senso del materiale. E c’è da crederle.
C’era Lorella Zanardo, per intenderci quella che non vuole essere né di destra né di sinistra, che per tutta la trasmissione si è detta abbastanza o parzialmente d’accordo con tutti (al confronto PG Battista è uomo di posizioni decisissime) e, già che c’era si è dichiarata ex manager di multinazionale dove era considerata “troppo autonoma”** e che fa diventare responsabile di tutto la triade scuola-famiglia-televisione. Definiti, così senza parere, “i tre grandi agenti di socializzazione”***. La famiglia come agente di socializzazione è una bella novità. Si pensava fosse altro.
Mettere sullo stesso piano la scuola, la famiglia e la televisione (nell’ordine), é un po’ come mettere insieme Gasparri e un dibattito educato o D’Alema e un progetto politico sensato o il cardinal Bagnasco e l’ici. 
E così tout court e senza tante spiegazioni ecco che questi tre agenti di socializzazione diventano responsabili di aver creato Terry Di Nicolò. Che poi sarebbe Teresa De Nicolò.
Teresa-Terry De Nicolò, per intenderci è quella che vuole vendere la madre e guadagnare 20.000€ al mese, che si vuole presentare all’imperatore (si tratta di B.) con un vestito da 2/5000€, chissà poi perché così costoso visto che non è previsto rimanga a lungo al suo posto, e che dice, citando Sgarbi (Vittorio come Feltri, sarà un caso?) che la bellezza è un bene che si deve vendere. E le racchie stiano in casa.
La Zanardo sulla scorta di queste affermazioni si lancia, senza paracadute, in un ragionamento che si sviluppa , secondo questi parametri, nell’ordine: a) non condivide nulla: perché le mamme, che notoriamente invecchiano, non si vendono e i vicini non si devono calpestare, salvo poi affermare che b) se fosse una “grande (nota bene grande) manager una come la Terry l’assumerebbe”.
Per farne che?.
E qui i gli interrogativi diventano pesanti. Ma non grevi. Gioco troppo facile. Né d'altra parte il giustificazionismo, questo sì greve, alla Giuliano Ferrara ci ha mai appassionato.
E allora via con obiezioni di pura logica. Ma con quel trust di cervelli…
Come si fa ad assumere qualcuno di cui non si condivide l’impostazione? E poi perché portarsi a casa un mal di pancia? E la ex manager non sa che in team si lavora meglio? E che i team sono alla base del successo delle aziende? E che una come la Teresa-Terry il team tende a disfarlo. Meglio assumere qualcuno di positivo e collaborativo che agevoli il lavoro. O no. Lo si legge in tutti i manuali di management segnatamente al capitolo risorse umane. Ma forse Lorella Zanardo era troppo autonoma per leggere.
Per poi dire che Teresa-Terry De Nicolò è frutto di una cultura di cui lei (e tutta la sua generazione, ma gli altri che c’entrano?) si sente responsabile e quindi aggiungere che esistono migliaia di ragazze che dicono “io non sono così”. Ma come ne esistono ancora di ragazze così? E queste ultime da che cultura escono? Di queste non vuol sentirsi responsabile? E via chiacchierando.
Sempre in modo politicamente corretto. Sigh.
Domanda: e se finalmente ci si decidesse a dire verità titubanti piuttosto che castronerie decise….?

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* Corsera 2 ottobre 2011
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*** In Onda 25 settembre 2011